Libano, i soldati dell’Onu fanno la loro parte. Ora tocca alle diplomazie

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Libano, i soldati dell’Onu fanno la loro parte. Ora tocca alle diplomazie

08 Aprile 2009

Gli anfibi dei militari Unifil si stanno rivelando fondamentali nella lunga marcia verso la stabilizzazione del Libano, anche se da soli non basteranno a raggiungere il traguardo: per chiudere definitivamente la delicatissima partita tra Hezbollah e Israele deve esserci una consistente azione politica della comunità internazionale.

Il generale Claudio Graziano, comandante generale della forza di interposizione Unifil dell’ONU, fa il punto della situazione: “Il nostro compito nel sud del paese è quello di mantenere lo stato di cessazione delle ostilità – ci dice – e siamo soddisfatti del risultato. La comunità internazionale riconosce il ruolo chiave che Unifil sta interpretando nell’opera di prevenzione dell’insorgere di nuove tensioni”.

Il generale si riferisce a quella porzione di territorio libanese compresa tra il fiume Litani a nord e il confine della Blue Line a sud, presidiato dai caschi blu delle Nazioni Unite (oltre duemila italiani), che nel 2006 è stato teatro di durissimi scontri tra le forze armate israeliane e i miliziani Hezbollah.

Nei mesi scorsi il lancio di due razzi da parte dei guerriglieri libanesi, seguito dalla immediata risposta “chirurgica” delle artiglierie campali israeliane, ha rischiato di mettere in discussione la tregua. Grazie alla presenza della sottile ma rassicurante “linea azzurra” – la forza di interposizione dispiegata dall’Onu – le cose non sono degenerate e quegli episodi non sembrano aver turbato i delicati equilibri che la presenza delle Nazioni Unite sta tentando di ristabilire.

“Ci sono stati degli incidenti – commenta il generale Graziano – ma questo significa soltanto che il nostro lavoro qui non è ancora finito. La vigilanza resta alta e siamo consapevoli che dovremo andare avanti”. La situazione è tornata a una relativa tranquillità ma è ancora complessa  e servono tempo e impegno prima che il capitolo Libano possa essere chiuso.

“Sapevamo bene fin dall’inizio che il nostro compito sarebbe stato impegnativo. Ora però serve uno sforzo maggiore della comunità internazionale. Noi possiamo operare per il mantenimento della cessazione delle ostilità, e siamo molto soddisfatti dei risultati che abbiamo conseguito – conclude il comandante Unifil – ma la soluzione definitiva si trova esclusivamente nelle mani della politica”.

Insomma, i soldati da soli non possono fare tutto. Stanno già facendo egregiamente il loro compito: presidiare il territorio, vigilare sul rispetto della tregua, pattugliare i luoghi sensibili e addestrare le LAF (Lebanon Armed Force) affinché acquisisca al più presto l’autonomia operativa sufficiente a muoversi da sola. La soluzione definitiva dell’impasse libanese, il ristabilirsi di un equilibrio – e se necessario la creazione di nuovi equilibri – non spetta alle uniformi dei soldati ma ai colletti bianchi dei ministri, alle feluche e alle diplomazie internazionali.