Libano, il processo Hariri riparte da zero per soddisfare Damasco
30 Aprile 2009
Jamil Sayyed, Capo della Sicurezza Generale, Ali Hajj, Capo della Polizia, Raymond Azar, Capo dei Servizi Segreti Militari e Mustafa Hamdan, Capo della Guardia Presidenziale sono stati dunque rimessi in libertà, mentre a quattro anni di distanza il processo per la morte di Hariri riparte praticamente da zero, nonostante le indagini degli investigatori inviati dall’ONU avessero fatto emergere un chiaro coinvolgimento dei servizi segreti di Damasco con l’appoggio dei (numerosi) elementi filo siriani ai massimi vertici dei servizi di sicurezza e della polizia libanesi.
La notizia è stata accolta con feste e fuochi di artificio in diverse parti del paese, soprattutto quelle controllate dalla milizia sciita di Hezbollah, che infatti tramite il parlamentare Hassan Fadlallah, recatosi a casa del Gen. Sayyed, ha dichiarato “Questo è un giorno di festa per il Libano ed un triste giorno per la credibilità del sistema giudiziario del nostro paese” ed ha definito la detenzione dei quattro generali “arbitraria” e dettata da ragioni “politiche”.
Anche Saad Hariri, figlio dell’ex premier, e leader del “Fronte 14 Marzo” principale antagonista di Hezbollah alle prossime elezioni di giugno, ha commentato la notizia dicendo che ogni decisione del tribunale è “benvenuta” e dimostra l’indipendenza politica del tribunale stesso. “Chiedo a tutti i libanesi di essere solidali con
La scelta del tribunale dell’Aia, infatti, non solo rafforza politicamente Hezbollah in vista delle prossime elezioni politiche, che potrebbero segnare una svolta nel paese dei cedri regalando la vittoria proprio alla formazione terroristica sciita filo iraniana e filo siriana, ma consente anche di allentare la presa sulla Siria che ha sempre dichiarato la propria estraneità nell’assassinio dell’ex premier libanese.
E’ ormai un po’ di tempo che il regime di Damasco gode di importanti aperture da parte dell’Occidente: prima
Non solo Damasco non si è minimamente allontanata da Teheran, ma ha proseguito i finti colloqui (con la mediazione della Turchia) con Israele senza dimostrare mai una vera volontà di arrivare ad un accordo. Se a questo si aggiunge l’allarme dell’AIEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, che negli ultimi due rapporti , ed in particolare in quello di febbraio