Libano, possibile colpo di stato di Hezbollah
09 Maggio 2008
Alla fine sono apparsi anche Kalashnikov e RPG e i primi morti. Tutto secondo la migliore tradizione libanese. Gli scontri, iniziati in seguito alla proclamazione dei sindacati dello sciopero generale contro il Governo Siniora, sono presto degenerati nell’ennesimo capitolo della contrapposizione tra fronte filo-siriano e fronte filo-occidentale che va avanti da ormai da tre anni. A preoccupare questa volta c’è un fattore nuovo, che non era ancora apparso sulla scena libanese nonostante le tensioni e la bagarre politico-confessionale. Il Governo Siniora ha colpito un interesse forte di Hezbollah. Non lo aveva mai fatto. Fino a ieri Hezbollah ha agito liberamente in Libano come fosse uno stato separato. Siniora, questa volta, ha deciso di aprire un’inchiesta sulla rete telefonica parallela del Partito di Dio, messa in piedi con l’assistenza iraniana, l’ha dichiarata illegale e ne ha ordinato la sospensione con un decreto. La rete telefonica ha un’importanza militare fondamentale perché dà ad Hezbollah la possibilità di coordinare le operazioni in caso di guerra e di collegare le proprie aree d’insediamento storiche: Beirut Sud, la valle della Bekaa e il Sud del Libano.
La decisione ha scatenato l’ira di Nasrallah. In una videoconferenza stampa il leader di Hezbollah ha attaccato duramente Siniora, affermando che “il Governo ci ha dichiarato guerra” e che “quella rete di telecomunicazioni è l’arma più importante in mano alla resistenza. A chiunque tenti di toccarla taglieremo le mani”. Parole di fuoco che hanno acceso ulteriormente gli animi e hanno scatenato ancor di più i miliziani di Hezbollah, che già dal giorno precedente paralizzavano Beirut con blocchi stradali e barricate. L’altra decisione del Governo Siniora, che ha suscitato la veemente reazione del Partito di Dio, è stata quella di rimuovere il responsabile della sicurezza dell’aeroporto di Beirut, il generale Wafiq Shuqeir, sospettato di simpatizzare apertamente con gli uomini di Nasrallah. In particolare, il generale è accusato di aver lasciato che Hezbollah di fatto trasformasse l’aeroporto internazionale di Beirut, principale infrastruttura del paese insieme al porto, in una sorta di scalo privato mediante l’installazione di una serie di video camere sulle piste e negli accessi ai terminali. Secondo il leader druso governativo Walid Jumblatt, la rete di sorveglianza sarebbe servita ad Hezbollah per tenere sotto controllo le alte personalità libanesi di passaggio all’aeroporto e per monitorare l’arrivo degli aerei da Teheran carichi di armi.
Finora il Governo Siniora aveva lasciato correre, chiudendo non un occhio, bensì due. Ma negli ultimi giorni è accaduto qualcosa che ha cambiato le regole del gioco. Sul tavolo del primo ministro libanese sono giunte le immagine satellitari, insieme ad altre fonti di intelligence fornite da agenzie occidentali, che mostrano i lavori in corso per connettere il network telefonico di Hezbollah con gli apparati di ascolto e comunicazione dislocati dall’esercito siriano lungo il confine libanese. Un fatto che incrementerebbe, e di molto, le probabilità di un riaccendersi del conflitto con Israele, e il Libano oggi ha bisogno di tutto tranne che di una nuova guerra con il vicino israeliano. Messo con le spalle al muro, il Governo libanese ha così deciso di colpire per la prima volta Hezbollah.
La situazione nel complesso è drammatica. Gli scontri sono ripresi stamattina e il bilancio dei morti è già salito a 11. “Dalla guerra civile degli anni Settanta – commentava ieri il giornale panarabo Al Hayat – non si erano mai registrati scontri cosi violenti. A questo punto gli Hezbollah sono diventati il problema”. Persino l’ONU, solitamente ambigua, ha preso una posizione più netta verso i miliziani sciiti. Terje Roed-Larsen, inviato speciale del segretario generale Ban Ki-Moon, al Consiglio di Sicurezza ha dichiarato che Hezbollah dispone di un’infrastruttura paramilitare a margine dello Stato, che costituisce una minaccia alla pace e alla sicurezza regionale. L’inviato ONU ha inoltre chiesto ai gruppi d’opposizione libanesi di rimuovere i posti di blocco nelle strade del Libano ed è poi andato oltre affermando che le regole di ingaggio di UNIFIL “possono cambiare anche se non prevediamo modifiche a breve termine”. Le parole di Roed-Larsen potrebbero aprire una prospettiva nuova per la missione, inerte di fronte alla realtà della forza militare di Hezbollah. Ad oggi il problema di una revisione delle regole di ingaggio di UNIFIL è stato posto soltanto da Silvio Berlusconi, che in campagna elettorale aveva annunciato un’iniziativa in tal senso se fosse tornato al Governo. Il neoministro degli Esteri Franco Frattini, sentito ieri sull’argomento, ha affermato che il Governo dovrà “ascoltare la voce dei nostri militari e valutare se a loro avviso occorre
ridiscutere, almeno in parte, le regole di ingaggio”. Quanto ha detto Larsen non può pertanto che rafforzare le intenzioni del nuovo Governo italiano inserendole in uno scenario del tutto nuovo, con lo stesso Consiglio di Sicurezza che potrebbe prendere in mano la questione.
Il problema è che i paesi occidentali sembrano navigare a vista sulla condotta migliore da tenere in Libano. Finora, al di là della solidarietà politica e verbale, è stato fatto veramente poco per rafforzare il Governo di Beirut che si è trovato da solo a fronteggiare Hezbollah. Gli scontri di questi due giorni hanno dimostrato la sostanziale impotenza dell’esecutivo guidato da Siniora nei confronti dell’attività del Partito di Dio, anche perché l’esercito ha mantenuto una condotta super partes. D’altro canto, le milizie dei tre partiti principali che sostengono il Governo – il sunnita Movimento del Futuro, il druso Partito Socialista e il falangista Forze Libanesi – sono poco cosa rispetto all’apparato militare di Hezbollah. Basti pensare che ieri miliziani del Partito di Dio, indossando uniformi dell’esercito e della polizia, si sono infiltrati nei quartieri sunniti di Beirut per affrontare direttamente i quadri di Al Mustakbal, la milizia del Movimento del Futuro. Da stamattina alcuni di questi quartieri, Zarif, Zokak al-Blat, Malla, Corniche al-Mazraa e Ras an-Nabaa, sono sotto il controllo dei miliziani di Hezbollah e di Amal, l’altro partito sciita. Per riportare all’ordine Hezbollah, ci vorrebbe l’intervento in blocco delle Forze Armate (e forse non basterebbero neanche quelle), ma queste non possono andare oltre l’ostentazione di imparzialità. Gli equilibri confessionali all’interno delle Forze Armate sono delicatissimi, e se decidessero di schierarsi contro una parte, rischierebbero di andare in pezzi finendo con l’aggiungere caos al caos.
La sensazione è che gli scontri continueranno finché il Governo non deciderà di tornare indietro rispetto alle decisioni prese, o di annacquarle. Nella serata di ieri Saad Hariri, in conferenza stampa, ha lanciato un appello a Nasrallah affinché “tolga l’assedio a Beirut” e ritiri i suoi miliziani, invitandolo a “lavorare assieme” per risolvere la crisi e proponendo tre condizioni per uscirne: rimandare la decisione sui provvedimenti contestati al comando dell’esercito, ovvero al generale Suleiman, riaprire immediatamente l’aeroporto e rimuovere i blocchi dalle strade ed eleggere immediatamente Suleiman alla carica di presidente della Repubblica. L’appello è stato però rispedito al mittente e stamane alcuni miliziani armati del Partito di Dio sono penetrati nella sede della televisione filo-governativa Future News imponendone l’oscuramento. Vedremo se si tratta delle ultime schermaglie che preannunciano il compromesso o se questa volta lo scontro continuerà fino alle estreme conseguenze. A giudicare dalle ultime notizie pare più probabile la seconda ipotesi e lo spettro di un colpo di stato inizia ad agitarsi sinistramente all’orizzonte libanese. Certo è che, se anche dovesse essere trovato un compromesso che congeli nuovamente la situazione, il problema di fondo resterebbe tale e quale.
In Libano esiste uno Stato parallelo a quello legittimo, che ha un proprio esercito regolare, una rete di servizi altamente efficiente ed esercita pieno controllo su cospicue fette di territorio. Non per niente a sud del Litani, dove il controllo sul territorio di Hezbollah è totale, di scontri non ce n’è neppure l’ombra. Su questo Stato parallelo fanno leva due potenze, Siria e Iran, che hanno tutto l’interesse a tenere il Libano nella propria sfera di influenza. Finché questo problema non sarà risolto non vi potrà essere stabilità per il Libano, o se ci sarà, sarà solo apparente come nei fatti lo è stata finora. L’Occidente deve quindi decidersi: o sostiene veramente Siniora, rafforzando anche i compiti della missione UNIFIL, o lascia che il Governo libanese rimanga ostaggio di Teheran e Damasco. Nel primo caso è bene che i nostri caschi blu si preparino a fronteggiare Hezbollah, con scenari tipo Mogadiscio, nel secondo dovrà essere nuovamente Tsahal a pensarci. Come sempre, ma stavolta il timore di una deflagrazione regionale è maggiore.