Liberalizzazioni locali, o socialismo municipale?

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Liberalizzazioni locali, o socialismo municipale?

26 Aprile 2007

Il disegno di legge sulle liberalizzazione dei servizi pubblici presentato dal governo Prodi ha tutte le potenzialità per essere un buon provvedimento. Permetterebbe infatti di aprire alle leggi del libero mercato quella parte della pubblica amministrazione finora quasi sempre gestita in maniera autarchica dagli enti locali. Una riforma, insomma, volta a concretizzare la concorrenza nelle aziende che gestiscono i servizi pubblici e a facilitare “la sperimentazione di  nuove forme di gestione dei servizi più vicine ai cittadini”.

Ma di quale tipo di “gestione” si tratta? Ed ecco che si va incontro ai primi problemi. Come mette in evidenza un paper commissionato dalla Fondazione Magna Carta, “Il Mercato fuori dal Comune. La riforma dei servizi pubblici locali. Un’occasione per l’impresa e per le istituzioni locali ”, un aspetto fondamentale del disegno di legge è che delega al governo la possibilità di decidere dei modi e dei tempi di attuazione di alcune decisioni prese dalle amministrazioni locali, dando quindi all’esecutivo un ampio potere discrezionale in materia. Questo vincolo di fatto porta all’alterazione del regolare andamento del mercato. Infatti, l’ampia discrezionalità di cui il governo gode, e della quale difficilmente non si servirà, porterà ad una gestione forzata del mercato, canalizzando le scelte degli attori entro parametri preconfezionati o studiati ad hoc, secondo un classico modello dirigista.

Più che di liberalizzazione locale, dunque, si tratta di vero e proprio socialismo municipale? Questo, in definitiva, quanto si chiedono gli autori del paper. Un nuovo meccanismo attira consensi molto raffinato, ma di fatto non molto diverso dall’uso strumentale che alcune amministrazioni rosse hanno per anni utilizzato servendosi delle aziende autonome per scaricare il debito pubblico municipale, e creare nuovi posti di lavoro.

Gli estensori del paper della Fondazione Magna Carta si dicono preoccupati del tentativo del governo di guidare la liberalizzazione dei servizi pubblici mascherandolo da iniziativa di stampo liberale che protegge i diritti e gli interessi dei cittadini. Infatti una delle trovate del ddl Lanzillotta è quella di ritenere i diritti degli utenti meglio tutelati dalla conservazione del servizio pubblico in capo all’ente locale, piuttosto che affidandoli a realtà private concorrenziali. Una concezione più socialista che liberista. Che però ben si sposa col desiderio del governo di mantenere il controllo del territorio municipale: infatti le liberalizzazioni hanno senso solo se la dimensione del mercato è tale da rendere remunerativa la presenza e l’investimento dei soggetti privati. Controllando il servizio pubblico locale abbastanza da creare un clima sfavorevole, si  scoraggia la candidatura di operatori privati a diventare gestori del servizio, optando così per il mantenimento del monopolio pubblico.