
Libia a corto di soldi, Europa e Usa sbloccano i fondi

01 Settembre 2011
Alla Conferenza di Parigi degli "Amici della Libia", organizzata da Francia e Gran Bretagna, si parla del dopo Gheddafi, della ricostruzione, ma anche della guerra ancora in corso e la NATO non si tira indietro. Il vertice ha tracciato gli scenari futuri della ricostruzione del Paese nordafricano e come prima mossa pratica si è deciso di stanziare una forte somma di aiuti al Cnt (Consiglio nazionale di transizione), necessario, secondo i bengasini, a riprendere le redini del Paese.
Alla Conferenza, che si è svolta in una tenda piantata davanti ai giardini dell’Eliseo, là dove il Gheddafi un tempo amico dell’Occidente pretendeva di dormire, hanno partecipato Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Canada, Italia, Emirati Arabi, Giordania, Qatar e naturalmente il nuovo governo libico. Presente anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, che nel suo intervento ha detto di voler lavorare strettamente con il Consiglio di sicurezza per avviare, nel più breve tempo possibile, una missione Onu in Libia.
Ma il governo di transizione ha bisogno di soldi subito. Deve pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici, ripristinare i servizi essenziali, avviare una raccolta delle armi che ormai circolano in tutte le case e mettere in piedi un esercito regolare. Lo scopo è quello di evitare che la Libia, superata la fase della guerra a Gheddafi, scivoli nel caos delle contrapposizioni fra ribelli, portandola il prima possibile ad elezioni democratiche.
In realtà i soldi di cui il Cnt ha bisogno ci sono, perché la Libia dispone di grandi risorse sottratte al Paese dal regime e depositate in conti esteri. Tuttavia, il 26 febbraio scorso, la comunità internazionale aveva congelato questi fondi e il Consiglio, secondo il quale il patrimonio del regime ammonterebbe a più di cento miliardi di dollari, ne chiede un parziale sblocco. Secondo le stime dell’Onu, invece, l’ammontare delle risorse accumulate da Gheddafi sarebbero di 53 miliardi.
Ad ogni modo, nonostante il Cnt chieda un nulla osta immediato, non tutti i Paesi che hanno partecipato al vertice la pensano allo stesso modo. Se è stato approvato lo scongelamento di 500 milioni di dollari, gli Stati Uniti premono per aggiungere un altro miliardo. In attesa che la discussione fra i rappresentanti internazionali giunga ad un accordo, l’Italia ha giocato d’anticipo, con il premier Berlusconi che giovedì scorso, al termine dell’incontro con il primo ministro del Cnt Mahmoud Jibril a Milano, ha promesso alla Libia una prima tranche da 500 milioni. Durante il vertice Berlusconi è tornato a parlare di aiuti ma anche confermato che l’Italia continuerà ad offrire le sue basi alla NATO.
Dal canto suo l’Unione europea, poco prima che iniziasse la Conferenza di Parigi, ha deciso di scongelare le risorse economiche di 28 "entità" libiche finora sottoposte a sanzioni. Si tratta prevalentemente di imprese petrolifere e banche. “Il nostro obiettivo – ha dichiarato la rappresentante per la politica estera Ue, Catherin Ashton – è quello di fornire risorse al governo provvisorio e al popolo della Libia nonché di aiutare l’economia a riprendere il suo funzionamento”.
Ma nel frattempo Muammar Gheddafi non ha intenzione di arrendersi. In un audio messaggio diffuso dal canale Al Arabya ha incitato le tribù libiche a “mettere a ferro e fuoco la Libia”, evocando lo spettro della guerriglia. “Continuate a combattere anche se non sentite la mia voce – ha continuato – non ci arrenderemo mai, non siamo donne”. Oggi il Cnt ha indicato Bani Walid, a sudest di Tripoli, come il luogo in cui si rifugerebbe il Raìs. Tuttavia sono in molti, invece, a sostenere che si trovi a Sirte, sua città natale. Infatti, nelle ultime ore, i jet della Nato hanno intensificato i bombardamenti in entrambe le località.