Libia, massacro a Bengasi. Torna il rischio della Cirenaica scissionista
09 Giugno 2013
di redazione
Bengasi, Libia. Negli scontri tra miliziani fedeli al nuovo governo e manifestanti hanno perso la vita 31 persone. Il capo capo di Stato maggiore libico, Yussef al-Mangoush, si è dimesso. Il Paese, uscito ferito e diviso dalla guerra contro Gheddafi, continua a traballare, a rischio fallimento. Ieri la folla ha preso di mira gli uomini di Scudo della Libia, la milizia di ex ribelli anti-gheddafiani di stanza nella ribella città orientale e riconosciuta dal Governo centrale o ciò che ne resta. 31 morti, appunto, e decine di feriti. Nei giorni scorsi, il consiglio della Cirenaica, il partito politico più forte nella regione a est della Libia, si è dichiarato indipendente dal governo centrale di Tripoli, secondo un giornale del Mali. Va ricordato che in Cirenaica è più forte il dissenso verso la Nuova Libia che viene dai nostalgici della vecchia monarchia di re Idris, deposto da Gheddafi alla fine degli anni Sessanta. Le pulsioni autonomiste, il revancismo, la "balcanizzazione" di poteri ed etnie seguite alla morte del Colonnello, le milizie messe a sedare i contrasti tribali, sono tutti elementi che rischiano di far cadere la democrazia libica prima ancora che sia riuscita a sollevarsi del tutto. Secondo la BBC, gli scontri di ieri a Bengasi erano iniziati con una protesta pacifica che poi è degenerata. Nell’ombra, il ruolo e il gioco al massacro in cui si esercita l’internazionale jihadista che spera in una deflagrazione del governo nel caos. L’attaco a "Scudo della Libia" segue quello contro l’ambasciata degli Stati Uniti, un attacco sempre a opera di non meglio identificati "manifestanti" in cui morirono 4 persone, compreso l’ambasciatore americano in Libia, Chris Stevens.