Libia: rispunta la Francia di Macron e l’Italia dorme

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Libia: rispunta la Francia di Macron e l’Italia dorme

23 Luglio 2017

Nel 2011 i caccia francesi Rafale contribuivano a innescare la Guerra in Libia con una serie di raid destinati ad aprire il vaso di pandora nella “Jamaria” di Gheddafi, il rais ammazzato come un cane dai miliziani che fecero sprofondare il Paese nel caos. All’epoca, i francesi furono sostenuti dall’impegno diretto della Gran Bretagna e dalla fallimentare strategia obamiana dello “stay behind”, guidare dietro le quinte i cambi di regime in Nord Africa scommettendo sulle cosiddette primavere arabe.

Sono trascorsi sei anni da allora. Le primavere arabe obamiane sono fallite miseramente, in Libia, in Egitto, in Medio Oriente. La Gran Bretagna oggi pensa a Brexit e ai negoziati con la UE più che a quel che accade a Tripoli e dintorni. Il grande sponsor della guerra del 2011, il socialista Hollande, ha lasciato l’Eliseo nel disastro del suo partito. E nel vuoto lasciato dalla comunità internazionale in Libia oggi è proprio la Francia di Macron che torna a giocare un ruolo da protagonista, stavolta non con i missili ma con le armi della diplomazia.

Secondo indiscrezioni giornalistiche, il presidente Macron avrebbe organizzato per martedì prossimo a Parigi un nuovo vertice fra i due protagonisti della crisi libica, il premier Fayez Al Sarraj, legittimato dalle Nazioni Unite e gradito all’Italia, e il generale Khalifa Haftar, spalleggiato dall’Egitto e dalla cosiddetta “Nato araba”, i Paesi del Golfo persico che hanno come stato-guida l’Arabia Saudita; proprio i giornali sauditi hanno dato per primi la notizia del vertice voluto da Macron, mentre Il Cairo rafforza le proprie postazioni militari aprendo una nuova grande base dell’esercito a un centinaio di chilometri di distanza dal confine libico.

L’incontro a Parigi non è stato ufficializzato dal governo francese ma si tratterebbe del secondo faccia a faccia tra Sarraj e Haftar dopo quello avvenuto ad Abu Dhabi il 2 maggio scorso, che però si risolse in un nulla di fatto, senza strette di mano e con dichiarazioni separate. Se stavolta invece i due avversari in Libia si stringeranno la mano sarà un colpaccio per il presidente francese Macron. Già nei giorni scorsi, a ridosso dell’incontro con il presidente americano Donald Trump, Macron aveva annunciato nuove iniziative in Libia, e il ministro della Difesa di Parigi ha definito il generale Haftar “parte della soluzione”. Del resto, dopo aver ripulito, da solo, la Libia dai jihadisti, sia quelli dello stato islamico che le milizie pro-AlQaeda, Haftar ha combattuto anche le milizie favorevoli a Sarraj.

Nelle scorse settimane, i luogotenenti del generale hanno annunciato di essere pronti a entrare a Tripoli, nella ‘ridotta’ di Sarraj, “senza armi”, precisazione non secondaria. Secondo gli analisti è difficile che dal vertice a Parigi della prossima settimana possa uscire un accordo in grado di aprire la strada alle elezioni previste per marzo 2018, tanto più che in passato, anche quando ci ha provato, Sarraj ha dovuto fare marcia indietro per evitare la ribellione delle milizie che lo sostengono e controllano Tripoli e dintorni. Insomma, l’incontro a Parigi ha tutte le caratteristiche di una bella photo-opportunity ad uso e consumo dell’intraprendente Macron, oltre ad essere un buon abbrivio per il nuovo inviato dell’Onu in Libia, Salamè.

E l’Italia? Roma ha sostenuto fin dai tempi del governo Renzi il debole Sarraj, riconosciuto come interlocutore unico dall’attuale presidente del consiglio Gentiloni. Il nostro attuale primo ministro continua a ripetere che per l’Italia è fondamentale avere una strategia per l’Africa, e mentre il ministro degli Esteri Alfano fa sapere di aver parlato al telefono con il suo omologo saudita, la verità è che l’inerzia dei governi di sinistra ha lasciato campo libero al più determinato e risoluto Macron. Nonostante gli inviti rivolti più volte da Trump a Gentiloni di giocare un ruolo di primo piano in Libia, l’Italia orfana di Obama e delle fallite primavere arabe proprio non riesce a giocare una partita da protagonista in Libia, la porta dell’Africa. Il governo italiano lascia il centro della scena a Macron, cioè alla Francia che nel 2011 lanciò i suoi missili sul regime di Gheddafi, aprendo, di fatto, quella emergenza migratoria che solo negli ultimi tre anni ha portato in Italia oltre 600mila illegali, mentre altre 250mila persone aspettano di partire dalle coste libiche. Insomma, va ricordato e condannato l’avventurismo anglo-francese del 2011, certo,ma questo non assolve l’Italia dalla sua mancanza di iniziativa e di coraggio politico, che ancora una volta ci porta non solo ad abdicare al nostro ruolo di stato-guida di Eurosud e nel Mediterraneo, ma soprattutto a non garantire la nostra sicurezza nazionale.