Libia, se Gheddafi si dà alla macchia
25 Giugno 2011
Muammar Gheddafi starebbe considerando l’idea di lasciare Tripoli per sfuggire ai martellanti raid aerei alleati e rifugiarsi nell’area desertica del sud della Libia, da dove continuare la lotta contro gli insorti e la Nato. Lo scrive il Wall Street Journal citando una fonte dei servizi di sicurezza di Washington. Secondo l’intelligence americana, spiega il quotidiano, il colonnello libico “non si sentirebbe più sicuro” nella capitale anche se altre fonti indicano che il trasferimento di Gheddafi non sarebbe imminente.
Probabile che lo stesso raìs abbia interesse a far circolare voci discordanti circa le sue decisioni allo scopo di confondere un nemico che ormai da mesi dà per spacciato il leader libico attribuendogli la capacità di resistere solo poche settimane.
Le fonti sentite dal Wall Street Journal escludono in ogni caso che il Colonnello possa lasciare la Libia sia per evitare di essere catturato sia perché dispone di residenze e rifugi sicuri in tutto il Paese. Qualcosa di simile ai nascondigli utilizzati dal dittatore iracheno Saddam Hussein le cui vicende assomigliano sempre di più a quelle di Gheddafi. In fondo, anche Saddam venne dato per spacciato al termine della guerra del 1991 per il Kuwait, quando tutti ne sottolineavano l’isolamento internazionale.
Il suo regime cadde però solo nel marzo 2003, quando i marines entrarono a Baghdad, e Saddam venne catturato solo sei mesi dopo, in un rifugio improvvisato nelle campagne a nord della capitale.
Probabilmente Gheddafi non resisterà così a lungo ma anche se dovesse perdere Tripoli avrebbe la possibilità di guidare la resistenza dai rifugi nel deserto situati non solo a Sebha dove il Colonnello dispone di residenze e bunker sotterranei.
Forse proprio per impedire un simile sviluppo che determinerebbe il prolungarsi della guerra civile, il portavoce degli insorti Mahmud Shamam ha dichiarato a Le Figaro che i ribelli hanno avuto dei contatti indiretti con il regime e potrebbero giungere ad un accordo in base al quale Gheddafi resterebbe in Libia ma sarebbe costretto con la sua famiglia a lasciare il potere.
Un’ipotesi che potrebbe scongiurare ulteriori bagni di sangue guidando la Libia verso un cambio di regime quasi morbido. Peccato però che l’affidabilità degli insorti sia come sempre scarsa, forse anche a causa delle diverse anime ideologiche e tribali che compongono il Consiglio Nazionale di Transizione all’interno del quale prevalgono più spesso le spaccature delle convergenze. A Bengasi infatti, il vice presidente, Abdel Hafiz Ghoga, ha smentito seccamente le parole di Shamam affermando che “non ci sono contatti, diretti o indiretti, con il regime di Gheddafi”.