“L’imam prussiano”. Come la Turchia domina l’Islam in Germania

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“L’imam prussiano”. Come la Turchia domina l’Islam in Germania

11 Luglio 2010

Per decenni, nessuno in Germania aveva mai fatto troppo caso alla presenza di imam musulmani provenienti dall’estero. La Presidenza degli affari religiosi della Turchia ha inviato, inosservata, ogni quattro anni, degli imam nella Germania occidentale. Questi predicatori, oltre ad amministrare i bisogni spirituali delle famiglie dei lavoratori turchi immigrati, cercavano di evitare che questi si allontanassero troppo dalle norme culturali turche.

Oggi, però, gli imam turchi presenti in Germania si trovano sotto le luci dei riflettori. Berlino e Ankara sono bloccate in una feroce battaglia che non riguarda soltanto le questioni religiose. I due paesi stanno rivaleggiando per garantirsi la fedeltà della diaspora turca in Germania, che conta ben tre milioni di persone: una popolazione che rappresenta i due terzi dei musulmani del paese. Entrambe le parti riconoscono agli imam il ruolo di colonne portanti della comunità turca in Germania. Gli imam, infatti, sono le uniche autorità riconosciute dai Deutschtürken, i turchi tedeschi che per primi sono arrivati in Germania come Gastarbeiter – forza lavoro importata e a basso costo – negli anni sessanta.

Vi sono tre possibili scenari che gli imam potrebbero realizzare con i turchi della diaspora in Germania, ognuno dei quali comporterebbe delle conseguenze enormi per il futuro dell’islam in Germania e in Europa. I predicatori potrebbero incoraggiare i turchi della diaspora ad integrarsi nella laica Germania oppure potrebbero spingerli tra le braccia degli estremisti radicali o, ancora, potrebbero fare il possibile affinché gran parte dell’ampia popolazione musulmana presente sul territorio tedesco resti una comunità principalmente straniera.

In un libro pubblicato recentemente in Germania, un dotto religioso, Rauf Ceylan, lui stesso figlio di lavoratori curdi immigrati dall’Anatolia, offre l’analisi più chiara e penetrante, tra quelle condotte fino ad oggi, sugli imam tedeschi nati all’estero, mostrando esattamente quanto questi siano cruciali per il destino dell’Europa. “Fondamentalmente, scrive,  essi decidono se i giovani musulmani appoggeranno un islam liberale, conservatore o estremista.” Il suo libro, comunque, Die Prediger des Islam: Imame — Wer Sie Sind und Was Sie Wirklich Wollen ("I predicatori dell’islam: gli Imam, chi sono e che cosa vogliono veramente"), non è ottimista.

Questo non vuol dire che gli imam stiano allevando dei potenziali terroristi, anzi, piuttosto il contrario. Quando si parla di fondamentalismo, infatti, gli interessi turchi e quelli tedeschi coincidono. L’ultima cosa che Ankara vuole è che i Turchi tedeschi reimportino nella Repubblica di Ataturk delle forme di islam radicale. In generale, in Germania vi è una percentuale di imam estremisti inferiore all’1%, secondo Ceylan, e questi leader sono giovani, operano al di fuori delle moschee ufficiali e spesso lontano dalla portata delle autorità turche e tedesche. La Germania, solo per poco, è sfuggita ad attacchi terroristici come quelli di Madrid e di Londra, e Ceylan avverte che questa “nuova essenza” del fondamentalismo ha un forte potenziale distruttivo.

La maggior parte degli imam in Germania, però, sono “conservatori e tradizionalisti” o, come Ceylan li etichetta, “degli imam prussiani”. Questi predicatori rappresentano, sostanzialmente, un distaccamento di dipendenti statali turchi che vengono collocati nelle rispettive moschee attraverso la più grande organizzazione islamica della Germania, l’Unione turco-islamica per gli affari religiosi (DITIB), conosciuta in Germania come “la lunga mano di Ankara”.

Da quando la Turchia si è resa conto che milioni dei suoi cittadini vivevano stabilmente in Germania e non avevano intenzione di fare ritorno, ha inviato questi imam per assolvere a degli scopi politici oltre che religiosi. La DITIB fu creata dalle autorità turche nei primi anni ottanta per tenere sotto controllo il flusso costante e l’emancipazione culturale della diaspora turca nella Germania occidentale. Inoltre, quest’unione controllava anche come evolvevano le pratiche religiose lontano dalle tradizioni turche. Gli imam sono prussiani, anche se il termine ottomani potrebbe essere più appropriato, in quanto coltivano delle usanze profondamente conservatrici, un’indole autoritaria, un fedele attaccamento alla loro patria – tutte cose che essi trasmettono ai loro fedeli nei sermoni, nei luoghi di culto e durante i corsi di religione.

I salari degli imam turchi sono pagati dal governo di Ankara che critica costantemente l’integrazione come un tradimento alla turchità. “I turchi all’estero dovrebbero restare turchi a prescindere dalla loro cittadinanza”, ha proclamato il primo ministro Recep Tayyip Erdogan. Durante le sue visite in Germania, Erdogan ha addirittura definito l’assimilazione un “crimine contro l’umanità” e ha sollecitato la creazione di licei turchi in Germania. Ankara, che recentemente ha creato un Ufficio per i turchi all’estero nel consiglio dei ministri, ha esortato i turchi della diaspora ad agire negli interessi turchi, svolgendo una sorta di servizio all’estero per il bene della collettività.

Sebbene la DITIB lo neghi, i suoi imam sono i principali strumenti usati dalla Turchia per evitare che i turchi tedeschi, adesso alla quarta generazione, diventino, semplicemente, tedeschi. Un semplice sguardo ad una qualsiasi delle 900 strutture della DITIB basta per capire a chi obbedisce questa associazione dopo Allah: in vendita vi sono bandiere turche rosse e bianche, cartoline turche, dolci, giochi e magliette made in Turchia. Ufficialmente, infatti, la DITIB lavora insieme all’ambasciata turca a Berlino e con i suoi consolati regionali. Questa ingerenza della Turchia negli affari tedeschi attraverso l’invio degli imam non è più sostenibile,  ma, forse, è l’unica possibilità che ha la Germania per evitare la radicalizzazione dei suoi musulmani. (Fine della prima puntata. Continua…)

Tratto da Foreign Policy

Traduzione di Annalisa Marroni