L’immigrazione nel mirino di Sarkozy

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L’immigrazione nel mirino di Sarkozy

20 Marzo 2007

L’8 marzo, alla televisione, Nicolas Sarkozy ha prospettato la creazione di un “ministero dell’immigrazione e dell’identità nazionale”, che riecheggia il “ministero della popolazione” proposto dal Front national nel 1991. Tutti gli analisti politici hanno messo in evidenza in tale proposta la prevalenza dell’aspetto strumentale alla sua campagna presidenziale: uno degli obiettivi principali del candidato dell’UMP è “parlare a quanti sono partiti verso l’estrema destra perché soffrono”, in altre parole, conquistare una parte dell’elettorato di Le Pen in vista soprattutto del secondo turno delle elezioni presidenziali. Infatti, Sarkozy, che da tempo su questi temi ha costruito la propria immagine di politico dal pugno di ferro, ha proposto contestualmente una nuova legge sull’immigrazione che, subordinando il ricongiungimento familiare ad alcuni requisiti (possesso di un domicilio, occupazione, padronanza della lingua francese), implica un controllo sul tipo di immigrati accettati.

Allo stesso tempo, il Ministro dell’Interno ha inteso riconquistare il centro del dibattito politico, che nelle ultime settimane era occupato soprattutto dal centrista François Bayrou, e spingere i propri avversari a prendere posizione sullo spinoso problema dell’immigrazione. Per il momento sembra che sia riuscito su entrambi i piani: secondo un sondaggio del Le Figaro il 55% dei Francesi sono favorevoli a un ministero dell’immigrazione e dell’identità nazionale; in forme diverse, i suoi principali avversari si sono espressi sul tema.

Proprio le parole di questi ultimi e il dibattito che si sta svolgendo dimostrano, tuttavia, come nella proposta di “Sarko” vi siano almeno altri due aspetti che trascendono la contingenza della campagna elettorale. Innanzi tutto, la necessità per i politici e per l’opinione pubblica di ripensare l’identità nazionale, di ritrovare un progetto nazionale e darsi un senso comune – “si passa nel dolore da un modello di nazione ad un altro, che non si è ancora trovato”, ha analizzato lo storico Pierre Nora in un’intervista a Le Monde. Sarkozy ha presentato l’identità nazionale come un insieme di valori non negoziabili, quali la democrazia, la Repubblica, l’uguaglianza uomo-donna e, associandola al tema dell’immigrazione, ha voluto significare come essa sia messa in questione dall’identità degli immigrati accolti in Francia. Ségolène Royal ha attaccato il rivale in particolare su quest’ultima associazione affermando che l’immigrazione non costituisce una minaccia per l’identità nazionale e che questa è al di là delle identità particolari religiose, etniche, sociali etc. Tuttavia, come spesso durante la campagna elettorale, la candidata socialista è stata vaga sul contenuto positivo da dare al contenitore “identità nazionale”, se non assicurare che con lei l’identità nazionale non si dissolverà nella mondializzazione o nella chiusura in se stessi. Anche Bayrou ha criticato le proposte di Sarko, ricollegandosi alla tradizione repubblicana francese: l’identità francese è inclusiva e definita dal trittico “liberté, égalité, fraternité”. Le Pen ha colto l’occasione per tornare su uno dei suoi cavalli di battaglia storici: per lui la nazionalità “o si eredita o si merita”.

La creazione di un Ministero dell’identità nazionale ha, però, giustamente suscitato molte perplessità e critiche nell’opinione pubblica e persino tra i suoi stessi sostenitori, tra i quali Simone Veil, che pure pochi giorni fa ha dichiarato di appoggiare Sarkozy nella corsa per l’Eliseo. Anche il mondo intellettuale si è mobilitato: giornalisti e universitari hanno messo in guardia contro l’idea soggiacente di un’antitesi tra identità nazionale e immigrazione e hanno respinto la creazione di un Ministero deputato a decidere sui contenuti di tale identità. D’altro canto, i propositi di Sarkozy sembrano voler porre un problema che riguarda l’intero sistema politico francese: egli pone una questione che si pone ormai da un ventennio, ossia “di non fare come se l’estrema destra più forte d’Europa non esistesse”. In altri termini, sembra che egli si ponga il problema non solo in termini di sottrazione dell’elettorato a Le Pen, ma anche di ricomporre la frattura politica che separa l’FN dagli altri partiti dello schieramento francese.