L’inevitabile Hillary
04 Ottobre 2007
di redazione
Ora l’ha detto anche George W. Bush: Hillary Clinton otterrà la nomination democratica. Mancano più di tre mesi all’inizio delle primarie e un anno abbondante alle presidenziali, eppure nel campo democratico la partita sembra già chiusa.
La ex First Lady, praticamente sempre in testa nei sondaggi dalla sua discesa in campo, ha consolidato nelle ultime settimane il suo status di front runner con un margine di oltre 20 punti sul suo diretto avversario, Barack Obama. Il senatore dell’Illinois ha raccolto fondi elettorali al di là di ogni aspettativa, i suoi comizi sono seguiti da folle di supporter come non si vedeva da tempo. Eppure, la stella afro-americana non riesce a guadagnare terreno nei confronti della lanciatissima senatrice di New York. Il mese di settembre è stato particolarmente felice di Hillary: il 17 ha reso noto il suo piano per la riforma del sistema sanitario (accolto generalmente in modo positivo); domenica 23 è apparsa in ben 5 talk show dando prova di saper affrontare con sicurezza i temi più diversi; il 26, infine, ha preso parte ad un dibattito nel New Hampshire con i suoi avversari democratici, risultando la più efficace. Di qui i titoli pressoché identici dell’Economist, “Can Hillary be stopped?” e di Dan Balz del Washington Post, “Can Clinton be stopped?” all’indomani dell’ultima performance della senatrice democratica. Da ultimo, martedì scorso, la campagna di Hillary ha annunciato di aver raccolto – nel terzo trimestre del 2007 – 22 milioni di dollari superando Obama (fermo a 19 milioni), che pure nei due trimestri precedenti aveva incassato di più della ex First Lady.
L’idea che la candidatura di Hillary Clinton sia “inevitabile” si fa dunque sempre più strada e c’è chi sostiene che la senatrice stia già studiando da presidente (come si direbbe da noi), ovvero si comporti da president-in-the-making (come si direbbe negli States). Non a caso, i suoi più diretti avversari, Obama ed Edwards, stanno concentrando gli attacchi su di lei, piuttosto che contrastarsi a vicenda. Sono molti, secondo gli analisti, i punti a favore della Clinton per staccare il ticket democratico. Percepita dall’opinione pubblica come una figura polarizzante, la senatrice di New York ha sterzato decisamente al centro dove punta ai voti degli indipendenti e perfino di qualche repubblicano. In Senato, dando prova di grande astuzia, ha collaborato con alcuni colleghi repubblicani, a suo tempo acerrimi nemici della presidenza Clinton. Ancora, il suo staff elettorale è decisamente il più efficiente e disciplinato di questa tornata elettorale e, come abbiamo già raccontato su Pennsylvania Avenue, ricorda per strategie adottate quello vincente di George W. Bush, sotto la guida di Karl Rowe. Il marito, in giro negli Stati Uniti per presentare il suo ultimo libro, sta gestendo bene la sua presenza accanto alla moglie. Il fattore Bill funziona: il 75 per cento dei Democratici gradirebbe un ruolo di primo piano per l’ex presidente in una eventuale amministrazione Clinton II. D’altro canto, nessuno dei candidati del partito dell’Asinello ha tirato fuori i vecchi scandali della vita personale dei Clinton. E c’è da scommettere che né Barack Obama né John Edwards pronunceranno mai il nome Monica Lewinsky durante questa campagna elettorale. Nell’entourage di Hillary si respira un clima di sicurezza tanto che si fanno già i nomi dei possibili candidati alla vicepresidenza. Secondo il ben informato The Politico.com in cima alla lista ci sarebbe il telegenico senatore e già governatore dell’Indiana, Evan Bayh.
Non tutti i Democratici, tuttavia, accettano “l’inevitabilità” della candidatura di Hillary. Sulla rivista di sinistra Slate, John Dickerson, ha enumerato 6 punti che Obama e gli altri candidati dovrebbero tenere ben a mente per riaprire la partita per la Casa Bianca. In un articolo del 25 settembre scorso, dal significativo titolo How to stop Hillary, Dickerson chiede ai rivali democratici di attaccarla sul programma politico e di mettere l’accento sui forti legami dei Clinton con alcune potenti lobby di Washington. Altro tema sensibile su cui punzecchiare Hillary è, secondo l’editorialista di Slate, quello dell’onestà. In luglio, un sondaggio commissionato da New York Times e CBS ha mostrato che quanti non voteranno la ex First Lady motivano questa scelta con la scarsa fiducia riposta nella senatrice, ritenuta poco trasparente. Dickerson invita, inoltre, Obama ed Edwards a investire ogni risorsa possibile in Iowa, prima tappa delle primarie (Obama lo sta già facendo). In effetti, se Hillary veleggia inavvicinabile nei sondaggi a livello nazionale, in Iowa la sfida è ancora aperta. Ecco spiegato perché la senatrice sta riservando grande attenzione agli elettori dello Stato del Midwest dove si voterà il 14 gennaio prossimo. E’ qui che Hillary ha pronunciato i suoi discorsi elettorali più importanti su Iraq e sistema sanitario. Ed è sempre in Iowa che si è fatta accompagnare già due volte dal marito Bill nei suoi tour elettorali. L’obiettivo è chiaro: vincere in Iowa e chiudere subito la partita.