L’infiltrazione della Fratellanza Musulmana nelle istituzioni americane
21 Maggio 2011
di redazione
Leader della Camera e del Senato,
Abbiamo pubblicato di recente un’analisi competitiva della dottrina politico-militare-legale che anima chi porta avanti la jihad: Sharia: la minaccia per l’America. Una delle conclusioni più importanti del rapporto del nostro “Team B II” è stato il fatto che i seguaci della sharia, nel perseguire la propria dottrina, utilizzano tecniche subdole – oltre che mezzi violenti – per raggiungere il proprio obiettivo, che è quello d’imporre la sharia su scala mondiale e restaurare un Califfato teocratico.
La sharia è la faglia cruciale della lotta intestina dell’Islam. Da un lato della spaccatura si trovano i musulmani riformisti e i veri moderati, figure come Abdurrahman Wahid, l’ultimo presidente indonesiano e capo di Nahdlatul Ulama, la più vasta organizzazione libertaria musulmana, i cui membri sposano l’abbraccio della ragione proprio dell’Illuminismo e, in particolare, la sua separazione fra l’ambito secolare e l’ambito spirituale. Da questo lato della divisione, la sharia è un punto di riferimento per la condotta personale di un musulmano, non un corpus da imporre sulla vita di una società pluralistica.
Per contrasto, l’altro lato della spaccatura è dominato dai suprematisti musulmani, spesso chiamati islamisti. Come i sostenitori del comunismo e del nazismo di un tempo, questi suprematisti – alcuni terroristi, altri che utilizzano mezzi più subdoli – cercano d’imporre un regime totalitario: un sistema totalitario globale travestito da stato islamico e chiamato califfato. Da quella parte della spaccatura, che è il centro d’interesse del presente studio, la sharia è un sistema immutabile e forzoso che i musulmani hanno l’obbligo d’instaurare e il mondo è tenuto ad adottare; il non riuscirci è considerato un’offesa capitale nei confronti di Allah. Per questi ideologi, la sharia non è soltanto una faccenda privata. I loro seguaci vedono l’Occidente come un ostacolo da superare, non come una cultura e una civiltà da abbracciare o, quanto meno, da tollerare. Per due sistemi legali e forme di governo alternative è impossibile – sostengono – convivere pacificamente con lo stato finale che essi cercano.
Una fonte di particolare preoccupazione riguardo a questa jihad nascosta è costituita dal ruolo che gioca la Fratellanza Musulmana (o Ikhwan, in arabo). In America, tanto per esser chiari, la Fratellanza è il franchise nel paese di quella stessa organizzazione che è attualmente impegnata in una trasformazione del Nord Africa e del Medio Oriente in concordanza con i principi della sharia, che ha profonde implicazioni per gli interessi e per gli alleati degli Stati Uniti.
L’autentica natura e le intenzioni della Fratellanza Musulmana in questa nazione sono state confermate nel 2008, durante il processo alla Holy Land Foundation, il più grande processo al finanziamento terroristico della storia degli Stati Uniti. Nel corso di quel procedimento è stato prodotto, senza contestazioni da parte della difesa, un ampio insieme di prove. Esso ha confermato l’esistenza di una significativa cospirazione della Fratellanza Musulmana con Hamas negli Stati Uniti che coinvolge pressoché tutte le organizzazioni islamiche più importanti e influenti in Nord America.
Una prova particolarmente illuminante fu un piano strategico del 1991 intitolato “Memorandum esplicativo degli obiettivi strategici generali del gruppo”. Scritto da un membro di rilievo dell’Ikhwan in America e scoperto dall’FBI in un archivio clandestino della Fratellanza Musulmana ad Annandale in Virginia, questo memorandum descriveva la missione del gruppo come “un tipo ambizioso di jihad per eliminare e distruggere la civiltà occidentale dall’interno, ‘sabotando’ la sua patetica casa sia per mano loro (cioè nostra) che per mano dei fedeli, così che essa venga eliminata e la religione di Dio sia fatta trionfare su tutte le altre religioni”.
Allegata al Memorandum esplicativo c’era una lista di 29 gruppi sotto l’intestazione “Elenco delle nostre organizzazioni e delle organizzazioni dei nostri amici”. La lista comprendeva quella che allora era la più importante organizzazione islamico-americana del paese. Con qualche eccezione (in particolare gruppi nati successivamente come il CAIR, Council on American Islamic Relations), queste continuano a essere così a tutt’oggi.
Come forse sapete, queste organizzazioni erano tra i circa 300 individui e gruppi elencati come co-cospiratori non incriminati nel processo Holy Land. Nel corso della preparazione del nostro rapporto, abbiamo appreso che l’accusa aveva intenzione di procedere contro almeno alcuni dei co-cospiratori non incriminati una volta che si fosse assicurata la condanna iniziale di cinque funzionari della fondazione, cosa che ha fatto nel novembre del 2008.
Grazie ad alcuni recenti colloqui di uno dei membri del nostro team, l’esperto di antiterrorismo Patick Poole, con anonimi funzionari del Dipartimento di Giustizia siamo stati finalmente in grado di confermare perché non vi siano stati ulteriori procedimenti legali. Secondo le fonti di Poole, “lo scorso anno quegli atti d’accusa sono stati affondati deliberatamente dietro indicazione di esponenti politici di massimo livello all’interno del Dipartimento di Giustizia, e forse persino della Casa Bianca”.
Uno dei funzionari del Dipartimento di Giustizia la mette in questo modo:
Jim Jacks (il procuratore che a Dallas ha perseguito i funzionari della Holy Land Foundation) e la sua squadra erano pronti a muoversi. Contro tutti questi gruppi esiste una montagna di prove mai prodotte durante il processo Holy Land, e si tratta di prove schiaccianti. Abbiamo le intercettazioni. È proprio per questo che, nella prima fase del procedimento, molti di questi leader e gruppi sono stati citati come co-cospiratori non incriminati.
Ma da un punto di vista politico essi non avevano assolutamente alcun modo per andare avanti. Perché la decisione è venuta dall’alto. Questi individui, che stavano per essere accusati, sono ancora gli alleati interconfessionali dell’amministrazione. Non solo questi gruppi musulmani e i loro amici nei media si metterebbero a urlare a squarciagola all’“islamofobia” e a urlare che questa è una guerra contro l’Islam, ma anche l’amministrazione farebbe una ben magra figura. È piuttosto difficile accusare qualcuno di sostegno materiale al terrorismo quando hai delle fotografie nelle quali costoro ricevono riconoscimenti dai leader del Dipartimento di Giustizia e dell’FBI per i loro presunti sforzi nel contrasto al terrorismo. Come lo spiegherebbe Holder, quando questi importanti leader islamici li stiamo portando via con le manette per il loro ruolo in un complotto terroristico finanziario sul quale abbiamo indagato per anni? Ecco quant’è grave il problema. Per quale motivo continuiamo ad avere a che fare con questi gruppi se sappiamo quel che sappiamo?
Ci preoccupa molto l’eventualità che la politica abbia potuto ostacolare la giustizia e consentire alle organizzazioni e agli individui affiliati alla Fratellanza Musulmana di proseguire impunemente in quelle forme occulte di sedizione contro il nostro stato, il nostro governo e la Costituzione che l’ Ikhwan chiama “civilization jihad”. L’incapacità di agire contro tali co-cospiratori non solo li mette in condizione di persistere in queste attività. È percepita come “sottomissione” che – secondo la dottrina della minaccia della loro sharia – obbliga la manovalanza e gli associati della Fratellanza a raddoppiare gli sforzi per “far sentire sottomessi (i loro nemici)” anche attraverso l’impiego di spaventosa violenza.
Ci ha fatto piacere, durante le ultime sedute della Commissione Homeland Security, vedere il presidente Peter King prendere seriamente il tema della “radicalizzazione” all’interno della comunità musulmana americana. Si tratta di un primo passo positivo nella comprensione della gravità della minaccia della sharia in America e, di conseguenza, nel determinare chi all’interno di quella comunità rappresenta un problema e chi no. Accogliamo con favore anche l’iniziativa della scorsa settimana del repubblicano King che ha chiesto al procuratore generale di rispondere a diverse domande pertinenti su perché non si sia riusciti a incriminare e processare altri co-cospiratori nell’ambito della vicenda del riciclaggio di denaro sporco da parte della Holy Land.
Le fonti di Poole all’interno del Dipartimento di Giustizia hanno precisato la posta in gioco:
Si tratta di una questione di sicurezza nazionale. Sappiamo che questi leader e gruppi musulmani stanno continuando a raccogliere denaro per Hamas e per altre organizzazioni terroristiche. Dieci anni fa abbiamo chiuso la Holy Land Foundation. Era la cosa giusta da fare. Poi il denaro cominciò a finire a KindHearts. E abbiamo chiuso anche loro. Adesso il denaro passa attraverso gruppi come Islamic Relief e Viva Palestina.
Fin quando non agiremo con decisione per tagliare i canali finanziari di questi gruppi terroristici mettendo in prigione un numero maggiore di questa gente, essi continueranno a raccogliere denaro che finirà nelle mani di assassini. E fin quando il Congresso non comincerà a mettere sulla graticola le persone che all’interno del Dipartimento di Giustizia e dell’FBI offrono copertura a questi gruppi, le cose non cambieranno. La mia paura più grande è che finiranno per morire degli americani, e che proprio quei leder musulmani con i quali stiamo lavorando ne saranno direttamente o indirettamente responsabili.
Il Team B II è pronto ad affiancarvi nelle indagini e resta in attesa di sedute su questo argomento.
© Center for Security Policy
Traduzione Andrea di Nino