L’innovazione ai tempi di Luca Lotti, Renzi e il suo babbo

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L’innovazione ai tempi di Luca Lotti, Renzi e il suo babbo

25 Febbraio 2017

Un solitario Matteo Renzi prosegue il suo viaggio in California, scoprendo l’acqua calda e cioè che la rivoluzione tecnologica che ha reso lo stato americano sul Pacifico una potenza globale, altrove ha prodotto solo disoccupazione e distruzione del lavoro. Dalle parole di Matteo al Foglio si capisce anche meglio che il Jobs Act non era il migliore dei mondi possibili e che il rischio, oggi, è la “jobless society”, alla quale l’ex premier, sempre in ansia di americanismi, contrappone un non meglio identificato “lavoro di cittadinanza”, ennesimo slogan dal sapore statalista che non gli servirà a riconquistare voti tra la sinistra Dem in fuga dal partito o nell’area che vota 5 stelle. 

Ma nelle parole di Renzi c’è ancora posto per il tecno-entusiasmo degli albori e per la parola mai tanto usurata come “innovazione”. Ebbene, per capire il tasso di innovazione introdotto dal renzismo nella società italiana, da quella generazione di quarantenni salita al potere illudendo tutti che qualcosa in Italia sarebbe cambiato, per capire cos’è stata quella innovazione calandola nella sfida in atto dentro il partito democratico, conviene, più che il ministro Orlando, stare a sentire l’altro avversario di Renzi alla guida del Pd, il governatore Michele Emiliano. 

Perché certo, ha ragione Orlando quando dice che Matteo invece della California avrebbe dovuto farsi un giro nel Midwest, negli Stati Usa che hanno votato per anni democratico salvo poi capire che c’era una dark side nella globalizzazione progressista, clintoniana e obamiana, e quindi si sono ribellati, gli americani, votando Trump. Non è solo Renzi che non l’ha capito, venendo travolto dal NO al referendum com’è accaduto in Gran Bretagna con Brexit e negli Usa con Trump. 

No, per capire che farsa è stata e continua ad essere questa retorica sulla innovazione e il cambiamento dobbiamo guardare piuttosto a Michele Emiliano e agli sms mostrati dal governatore della Puglia ai cronisti del Fatto Quotidiano. Dai messaggini scambiati tra Emiliano con l’attuale ministro Luca Lotti, si apprende che quest’ultimo, già ascoltato nella inchiesta Consip sui presunti appalti pilotati alla centrale degli acquisti della PA, scriveva al governatore suggerendogli di incontrare tale Carlo Russo, amico del padre di Matteo, Tiziano Renzi, e considerato – Russo – anello di congiunzione con l’imprenditore Alfredo Romeo, che nell’inchiesta Consip è accusato di corruzione. 

Davvero una bella innovazione quella portata in Italia dal renzismo, davvero una giovane generazione di riformatori pronti a “cambiare verso” all’Italia a colpi di tweet: una zona grigia fatta di poteri e consorterie e amicizie e conoscenze e interessi che, in attesa di sapere se ci saranno eventuali rilevanze penali, si muovevano e si muovono all’ombra di quelle regioni rosse che i Renzi, i Lotti e il giglio magico pensavano di poter applicare, come sistema, all’Italia intera.