L’intesa di ABC sulle riforme costituzionali cancella il rebus del voto anticipato
27 Marzo 2012
Chi nei ranghi piddini soffiava sul fuoco del voto anticipato è rimasto senza fiato. La notizia è che Alfano, Casini e Bersani hanno trovato l’intesa su riforme costituzionali e legge elettorale. La notizia nella notizia è che questo passo, di fatto, cancella la suggestione o il disegno ‘sinistro’ di staccare la spina a Monti sulla riforma del lavoro per poi andare alle urne in ottobre, magari ipotecando nella stessa partita pure la corsa al Quirinale. E’ un passaggio politicamente significativo quello di ieri, anche se adesso va tradotto in atti parlamentari che dettaglino la cornice del ‘sì, completiamo il percorso entro la fine della legislatura.
Il patto tra ABC (Alfano, Bersani e Casini) prevede un unico percorso su due binari paralleli. In altre parole riforme costituzionali e legge elettorale andranno avanti insieme. Un nuovo start up è fissato tra quindici giorni. Le riforme costituzionali saranno incardinate al Senato con un emendamento ai testi già in discussione. L’accordo tra i leader dei partiti di maggioranza prevede la riduzione del numero dei parlamentari, il rafforzamento dell’esecutivo e dei poteri del premier in parlamento, il superamento del bicameralismo perfetto, la revisione dell’età per l’elettorato attivo e passivo.
Per quanto riguarda il nodo – spinoso – della legge elettorale si arriverà ad una proposta di legge. La novità è che sarà restituito ai cittadini il potere di scelta dei parlamentari e che si tratterà di un sistema non più fondato sull’obbligo di coalizione. Ciò vuol dire che tornano centrali i partiti rispetto agli schieramenti. Resta l’indicazione del candidato premier, la soglia di sbarramento che come hanno dichiarato i terzo polisti in una conferenza stampa dovrebbe oscillare tra il 4 e 5 per cento. Previsto inoltre il diritto di tribuna.
Al vertice di maggioranza a Montecitorio hanno preso parte anche i ‘tecnici’ che stanno lavorando da settimane alla bozza sulle riforme. Proprio gli sherpa dei partiti continueranno a lavorare in vista del prossimo incontro entro il quale dovrà essere pronto un testo base. Tra due settimane. I tempi comunque sono contingentati, fa sapere Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori Pdl, molto impegnato sul versante delle riforme istituzionali: suo e del senatore Pd Zanda, il testo di revisione dei regolamenti parlamentari già in discussione a Palazzo Madama.
Sulla legge elettorale, La Russa spiega la cornice dell’accordo di oggi: “E’ un vero mix: assomiglia al modello tedesco, perchè ci sono i partiti e non le coalizioni, ma resta un sistema in qualche modo bipolare, perchè c’è l’indicazione del premier e il premio per la forza politica che vince le elezioni”.
Alfano giudica l’intesa “un segnale molto positivo” che “può essere foriero di buoni risultati”. Il Pdl rispetto a Udc e Pd ci va un po’ più cauto, almeno questa è l’impressione a caldo, preferendo testare in concreto i termini del percorso comune che dovrà essere completato entro la legislatura. E sul quale ‘vigila’ il capo dello Stato che ha espresso parole di apprezzamento per il passo in avanti della maggioranza sulle riforme, specialmente dopo le tensioni dei giorni scorsi sul dossier lavoro. Ma garante del percorso sarà anche il presidente del Senato Schifani, visto che l’iter normativo partirà proprio da Palazzo Madama. In serata in una riunione con i senatori, il segretario del Pdl spiega che la priorità sulla legge elettorale è “preservare il principio di trasparenza democratica per il quale i cittadini “sanno chi sarà il premier in caso di vittoria”. E’ uno degli aspetti sul quale il partito di via dell’Umiltà ha puntato di più nella mediazione e nel confronto con Udc e Pd. Altro punto sul quale il Pdl ha posto paletti chiari è il rafforzamento dei poteri del premier perché “non è possibile che abbia meno poteri di un sindaco o di un presidente di Regione”.
Ma se alla fine della giornata si respira un sostanziale ottimismo nei palazzi della politica, è ancora nel Pd che scoppia un nuovo caso. In una nota congiunta sei parlamentari ‘prodiani’ prendono carta e penna e a Bersani mettono nero su bianco il loro disappunto, contestando che le assicurazioni date dal segretario nella direzione del Pd “in merito alla legge elettorale in grado di garantire bipolarismo e indicazione preventiva delle alleanze sembrano svanite sotto i colpi di Casini”. Firmato: Albertina Soliani, Sandra Zampa, Mario Barbi, Antonio La Forgia, Fausto Recchia, Giulio Santagata. I quali si chiedono poi “quanta resistenza abbia opposto Bersani a chi gli chiede di dare seguito alle proposte di D’Alema e Violante. Non possiamo avallare l’idea di ridurre ulteriormente la possibilità degli elettori di scegliere parlamentari e governi”. La risposta di Bersani, indiretta, arriva da Otto e Mezzo dove il leader democrat ribadisce: “Non rinneghiamo il bipolarismo. Il punto e’ non se lo facciamo, ma come lo facciamo il bipolarismo. Fin qui non ha retto, quindi qualcosa va modificato”. Chissà se basterà per evitare un altro redde rationem interno. Quello che è certo è che oggi, Bersani ha certificato che al voto si tornerà solo nel 2013. Con buona pace dell’ala dura che a Largo del Nazareno aveva già fatto i conti con calendario alla mano.