L’intromissione del Colle nel caso Brancher è l’ultimo atto del “patriottismo nazionale”

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L’intromissione del Colle nel caso Brancher è l’ultimo atto del “patriottismo nazionale”

27 Giugno 2010

L’intromissione del Presidente Napolitano nella vicenda Brancher è solo apparentemente uno "strappo" o una discontinuità rispetto al suo ruolo di arbitro super partes e di garante della Costituzione. Questo non perché egli non abbia dimostrato sin qui, nel corso del suo mandato, doti di equilibrio e di imparzialità istituzionale spesso superiori rispetto a quelle di Oscar Luigi Scalfaro o di Carlo Azeglio Ciampi, suoi predecessori nel ruolo.

Piuttosto, la nota ufficiale sul ministero, verrebbe da dire senza impedimento più che senza portafoglio, è solo l’ultimo atto di quel "patriottismo istituzionale" di cui il nostro Presidente della Repubblica è convinto interprete e che altro non è se non l’ennesima mutazione della costituzione materiale che nel nostro Paese ha sempre dato voce e difeso lo "spirito democratico" rispetto alla lettera della legge.

In nome di tale patriottismo, se le circostanze lo richiedono, vale a dire se il soccorso rosso squilla l’adunata, non esiste carta costituzionale che tenga nè, tantomeno, prassi, consuetudine o precedente nei rapporti fra funzioni dello Stato che possa valere. La patria democratica chiama e il Presidente risponde.

Il nuovo arco costituzionale si sa, ormai da tempo, mette insieme in una rinnovata sintesi di potere oltre a tutte le istituzioni di garanzia di questo Paese, le forze del blocco democratico raccolte da sempre attorno agli ex PCI, la stampa e l’imprenditoria illuminate facenti capo al gruppo Repubblica Espresso e le "avanguardie", dentro e fuori il Parlamento, di "Magistratura Democratica". Da qualche tempo, però, anche il Presidente Fini, purtroppo, si è lasciato cooptare da questo blocco di potere e ne è diventato un attivo protagonista, in nome della comune resistenza patriottica all’invasore straniero di sempre, Silvio Berlusconi.

L’insistita politica dello "strappo" che tale blocco esprime è pronta e disposta a giustificare tutto nel nome della versione odierna dell’"equivalente morale della guerra" che è, appunto, l’opposizione a Silvio Berlusconi. Che il Presidente del Consiglio nomini un nuovo Ministro nell’esercizio delle proprie prerogative di funzione non interessa a nessuno. Così come non interessa a nessuno che Brancher eserciti un suo diritto in nome di una legge dello Stato. Lo Stato per gli odierni patrioti istituzionali, così come per i progressisti di sempre, non è nella lettera della legge, nella sua costituzione formale santificata, peraltro, ad ogni possibile occasione, ma nell’intepretazione "democratica" che essi solo, sacerdoti del culto, ne possono dare.

L’anti dogmatismo che il Novecento, di cui Napolitano è figlio, è bene ricordarlo, ci ha lasciato in eredità trasporta fin dentro la cronaca politica italiana dei nostri giorni un micidiale modello di controllo sulla politica per cui la sola legittimità di ogni decisione parlamentare o istituzionale dipende dalla rispondenza o meno alla volontà ed alle intenzioni dei garanti della "causa democratica" del momento. Fatte, ovviamente, le debite distinzioni di ordine e grado, resta il fatto che i patrioti istituzionali di oggi si muovono in base agli stessi schemi che ieri erano dei socialisti rivoluzionari, dei comunisti e dei fascisti. Non sembra circostanza di poco conto il rilevare come oggi si ritrovino riuniti sotto lo stesso tetto di "valori" i figli delle tradizioni ideologiche massimaliste di ieri.

Un’ultima riflessione. A questa stessa logica democratica di espulsione del nemico invasore risponde la campagna sulle stragi del ’93 lanciata dalla militante e, si direbbe, "patriottica" Procura di Palermo che mira non all’accertamento della verità dei fatti, la forma, bensì al risultato politico, la sostanza. E cioè dimostrare attraverso sentenza che "germoglia da tempo un interscambio tra politica e mafia" e che Silvio Berlusconi è il mandante di quelle stragi.

Non si può rimanere in silenzio di fronte ad un tale massacro della civiltà giuridica di questo Paese. In questo momento non è il caso di fare concessioni all’antiberlusconismo anche dove sembrerebbe giustificato farne.