“L’intrusione della sorveglianza nelle nostre vite ormai è preoccupante”
28 Giugno 2010
Non crede che in una fase caotica come questa, fatta di conflitti più o meno latenti, terrorismo e quant’altro, ci sia il rischio che si possa creare una profonda frattura tra la tutela della sicurezza e quella dei diritti umani?
Ovviamente la minaccia terroristica non può essere contrastata mantenendo tutte le abituali libertà, perciò le persone dovranno fare una scelta.Ma se i terroristi fossero trattati in maniera più severa, ce ne sarebbero di meno e la minaccia sarebbe minore. Il problema è che i terroristi sono trattati fin troppo bene, e hanno imparato a usare i media e i tribunali per reclamare “i loro diritti”, grazie ai quali portano avanti i loro sporchi affari. Per proteggere i nostri diritti, dovremmo fare in modo che i terroristi non godano dei loro; il che può solo significare più efficienti forme di azioni antiterroristiche.
Anche queste però sono delle prospettive abbastanza preoccupanti che ci lasciano in preda a paure costanti. tanto che per Knut Hamsun inquietudine ed alienazione sono le caratteristiche dell’uomo moderno e la salvezza è nella «fuga senza fine». Siamo dunque definitivamente condannati all’angoscia?
Kunt Hamsun stava parlando per se stesso. Io non sento alienazione o inquietudine e non ho nessun desiderio di una fuga senza fine. Sostengo la sfida di vivere qui ed ora, e di raggiungere la tranquillità e l’ordine tra la gente e le cose che amo.
E Lei crede che i nostri tempi lo consentano con facilità?
Credo proprio di sì.
Però intellettuali come Giddens hanno parlato di “modernità riflessiva” o “radicale” cioè di una modernità complessa, non più correlata alle tradizioni, all’ambiente d’origine, al proprio territorio, ecc. Non potrebbe essere questa la condizione definitiva dell’umanità?
Tutto ciò che dice Giddens mi sembra falso.
In una società dove la raccolta e l’uso delle informazioni personali è sempre più violata, la privacy potrebbe rappresentare l’ultimo brandello di libertà. Però si ha l’impressione che più si scoprano nuovi diritti di libertà, e più dimentichiamo i vecchi; se da una lato ci semplificano la vita, dall’altro mettono in pericolo la nostra sfera privata. Basti pensare alla tutela della riservatezza e quindi al controllo dei grandi enti finanziari o economici di tutti i nostri dati. Non crede che proprio il liberalismo sia chiamato a fare i conti con questo nuovo scenario?
È vero. L’intrusione della sorveglianza nelle nostre vite è uno sviluppo preoccupante. Finora le informazioni costantemente raccolte su ognuno di noi dagli organi dello Stato non sono state usate a nostro svantaggio. Ma c’è solo bisogno di un cambiamento radicale nel panorama politico, per esempio la salita al potere di un partito fascista o di estrema sinistra, e tale strumento sarà usato contro noi tutti. Come evitare che ciò accada dovrebbe essere un serio argomento delle filosofia politica e della filosofia del diritto. Ma non lo è.
Eppure siamo sempre più attenti alla difesa della nostra riservatezza ma internet, telefonini, tv e quant’altro mettono in scena tutto il privato e lasciano segni della nostra presenza ovunque. Qual è oggi il rapporto tra l’idea di privacy e quella di società?
Sì, lasciamo i segni della nostra presenza ovunque. Ma la maggior parte delle persone non ha niente da nascondere o di cui vergognarsi, perciò non è un problema.
Insisto. Fino a che punto si può spingere uno Stato nella restrizione della libertà individuale per garantire la sicurezza collettiva?
Siamo autorizzati a limitare la libertà quando dobbiamo garantire la nostra sopravvivenza. Se non sopravviviamo non possiamo essere liberi, e se possiamo sopravvivere solo con una parte della nostra libertà allora è come deve essere. Le persone se ne rendono conto nei tempi di guerra e se lo dimenticano in tempi di pace, solo perché dimenticano che la pace è l’eccezione nella storia umana mentre la guerra è la norma.
Tratto da Roger Scruton, Il suicidio dell’Occidente, a cura di Luigi Iannone, Le Lettere 2010. Tutti i diritti riservati