L’Iowa si prepara a scegliere il nuovo presidente sui versi di Michael Carey

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L’Iowa si prepara a scegliere il nuovo presidente sui versi di Michael Carey

L’Iowa si prepara a scegliere il nuovo presidente sui versi di Michael Carey

29 Dicembre 2007

Lo Iowa è sempre stato in bilico tra Red
e Blues. Oggi è in mano ai
democratici, nel 2004 premiò il presidente Bush, nelle elezioni precedenti si era
schierato prima con Clinton e poi con Gore. Chi la spunterà alle primarie del 3
gennaio 2008? Sappiamo che tra i democratici il favorito è Barack Obama, mentre
per i repubblicani si è fatto avanti il sorprendente Mike Huckabee. Ma se
l’elettorato dovesse scegliere chi mandare alla Casa Bianca, voterebbe per il
primo presidente nero degli Stati Uniti o per l’alfiere della destra religiosa?

Lo Iowa è uno degli stati della Rust
Belt
, la “cintura arrugginita” dell’America, quel Midwest che negli ultimi
decenni ha visto chiudere una alla volta le grandi industrie messe in crisi
dalla concorrenza straniera, soprattutto giapponese. Un mondo dove gli operai
bianchi non hanno mai mandato giù i licenziamenti, accusando i liberal di blandire le minoranze, le
comunità di immigrati sempre più rumorose e numerose.

Per capire dove va lo Iowa, proviamo a fare un piccolo test elettorale. Negli
anni Novanta, Michael Carey ha lasciato New York, dove faceva il wrestler, ed è
andato a vivere con la giovane moglie Kelly in una fattoria di Farragut, nel
sudovest dello Iowa. Qui è diventato un applaudito poeta, che coltiva i campi e
scrive versi (per inciso, lo Iowa è anche la mecca del wrestling). Carey incarna
le due anime della sua terra: una è quella rude e profonda della campagna,
siamo in uno dei polmoni verdi degli Stati Uniti; l’altra è quella colta e
sofisticata che fa capo al Writers’
Workshop
, la celebre scuola di scrittura dell’Università di Des Moines,
dove ha insegnato Robert Lowell.

Negli ultimi anni, le raccolte di Carey – Nishnabotna, Carpenter of
Song
, The Holy Ground –, sono
state lette da un pubblico sempre più disposto ad ascoltare la voce di questo autore
cresciuto al riparo dai circoletti letterari della East Coast. Carey è vicinissimo
al cuore pulsante dell’America proletaria, parla ai piccoli proprietari
terrieri che credono in Dio e nel valore trascendente della Terra. Per questo,
giustamente, si è guadagnato una cattedra universitaria, oltre a un programma, Voices from the Prairie, sponsorizzato
da Kuni Public Radio.

I suoi versi sono in debito con la poesia di Robert
Frost, il malinconico cantore della vita rurale americana. Forma e metrica
tradizionali, e un raffinato distacco dalle mode e dai movimenti letterari troppo
cittadini, cerebrali e sperimentali. Carey è descrittivo e bucolico, anche se
nelle pieghe della sua lirica si nasconde un ritmo ribelle che lo accomuna alle
ballate di Bob Dylan. “Nel bosco c’erano due strade,” ha scritto una volta
Frost, “e io scelsi quella meno battuta, ed è per questo che sono diverso”. La
stessa ‘diversità’ che troviamo in Carey, uno che se ne frega
dell’establishment e preferisce la zappa all’avanguardia. Il suo obiettivo è scavare
sulla pagina come si fa nei campi di mais, perché questa è la principale
attività dei poeti, scavare e dissodare. Digging,
come il titolo della prima poesia di Seamus Heaney, il celebre poeta irlandese
figlio di agricoltori e padroni di bestiame.  

Lo Iowa è uno stato profondamente religioso (i
cristiani sono più del 70% della popolazione), attaccato alla faticosa vita dei
campi. Hard Labor, lo chiama Carey.
Svegliarsi all’alba, mettersi gli stivali e combattere contro “l’82 per cento/
di umidità”. La capacità di questo poeta-contadino sta tutta nel rendere straordinario
l’ordinario, il sole che picchia in testa, un temporale che distrugge il
raccolto, gli inverni freddi e le estati piovose. E’ una poesia dal clima
continentale, fatta di preghiere infervorate e una canzone rock altrettanto
scatenata. Messa in questi termini, sembra proprio che Carey penda dalla parte
di Huckabee, il predicatore evangelico che vuole meno tasse e più Rolling
Stones. La destra contadina e religiosa si spacca la schiena, ma non rinuncia a
un po’ di buona musica.

Come abbiamo detto lo Iowa è anche una terra fertile
per la cultura. Lo dimostrano i festival di poesia che ogni anno si svolgono in
diverse città dello stato. Gli industriali locali saranno pure arrugginiti, ma
quelli che sono sopravvissuti alla concorrenza globale oggi sembrano all’avanguardia
nel marketing politico e culturale. La Broin
Companies, che è il secondo produttore americano di
etanolo, ha recentemente cambiato nome. Per rilanciare il suo brand d’ora in
poi si chiamerà “Poet”.

Una decisione che naturalmente ha entusiasmato Carey.
Innanzitutto perché i poetry slam organizzati
dall’università hanno finalmente hanno trovato un serio finanziatore. In
secondo luogo perché l’etanolo è destinato a sostituire il petrolio come
carburante dei trattori che spingono la crescita dell’agricoltura. Secondo Carey,
“Poet” è una potente metafora della società americana contemporanea, una
economia avanzata dove contadini sempre più alfabetizzati si batteranno per l’energia
alternativa, che costa e inquina di meno. Una reindustrializzazione possibile, non solo auspicabile.

Insomma, Carey è un perfetto elettore dello Iowa, ancora
indeciso tra il messianismo verde di Al Gore e quello religioso di Mike
Huckabee. Uno scrittore legato alla tradizione, che pensa al futuro
dell’ambiente. Un vero enigma per i nipotini di Karl Rove.