
L’Iran ci riprova nel Mar Rosso ma stavolta Israele risponde

31 Agosto 2011
di Andrea Doria
Come dimenticare che una delle prime conseguenze della destituzione di Hosni Mubarak in Egitto lo scorso Febbraio fu la concessione del diritto di passaggio a una nave da guerra della marina iraniana per lo stretto di Suez – prima volta in trent’anni – poi approdata in un porto siriano.
Stavolta gli iraniani si dirigono – con la 15sima flotta – verso le acque internazionali del Mar Rosso; una presenza che, secondo l’ammiraglio iraniano Habibollah Sayyari, avrebbe come obiettivo quello di “contrastare gli attacchi della pirateria” e portare “un messaggio di pace e amicizia a tutti i paese”.
Molto da eccepire. Che l’Iran porti pace, è argomento che rasenta il ridicolo; e che possa fare qualcosa di efficace contro i pirati, ci venga consentito di dubitare: che un marina sotto dimensionata e sotto equipaggiata come quella di Teheran contrasti di più la pirateria più di quanto non faccia la missione europea “Atlanta” sul corno d’Africa, il mar Arabico e il golfo d’Aden – dove i pirati ci sono davvero– ci pare una gran fesseria. Ma tant’è.
Insomma non se la beve nessuno, neanche a dirlo. E tanto meno se la bevono il governo di Gerusalemme e la marina israeliana, la quale ha rafforzato, con l’invio di altre due unità navali, il numero delle proprie unità presenti nelle acque del Mar Rosso. Israele ha una presenza navale permanente nel Mar Rosso, di base nel porto nazionale di Eilat. Non è dato sapere quante unità navali la marina israeliana tenga generalmente sul confine marittimo con l’Egitto o da dove siano partite le due nuove unità inviate.
Quel che è certo è che a seguito degli attacchi terroristici subiti da Israele lo scorso 18 Agosto che hanno fatto 13 morti e 40 feriti (più 10 tra i terroristi), nei militanti salafiti con legami con al qaeda provenienti da Gaza e penetrati in Israele dal Sinai (oggi da molti considerato una continuazione di Gaza) hanno seminato il panico nel sud del paese, Gerusalemme non può più permettersi disattenzioni sul poroso confine – o forse dovremmo dire ‘fronte’ – egiziano.
Un recente editoriale, a firma Yakir Elkariv e Nechama Duek e pubblicato su ynetnews, dal titolo “Should Egypt peace deal be modified?”, “Il tratto di pace con l’Egitto dovrebbe essere modificato?”, dà la misura di quanto, sulla scia degli attacchi terroristici del 18 Agosto, in Israele si inizi a dibattere su come gestire il “nuovo” vicino: l’Egitto. La giunta militare del Cairo ha nel frattempo rafforzato la propria presenza militare nel Sinai, ufficialmente per mettere fine alla penetrazione qaedista nella penisola.
Quanto all’Iran, è arcinoto che il regime dei mullah stia cercando in tutti i modi di approfittare geo-strategicamente dell’indebolimento politico di molti dei suoi competitori regionali, Egitto in testa. All’epoca del passaggio delle unità navali iraniane per Suez, fonti debkafile, riferirono che Teheran avesse raggiunto un accordo di massima con Damasco per la creazione di una base navale su territorio siriano.