Domani Teheran si prepara a inaugurare l’impianto di Bushehr, la prima centrale nucleare iraniana che sorgerà nel sud del Paese. Dovrebbe trattarsi di una prova generale del sistema informatico destinato al controllo del sito. Saranno presenti i vertici dell’agenzia atomica russa e gli emissari delle aziende di Mosca che hanno contribuito in modo determinante alla costruzione del reattore. La fine dei lavori arriva a due anni dalla data prefissata dal governo di Teheran, il 2006.
La Russia ha investito centinaia di milioni di dollari nel progetto. Ha imposto all’Iran di restituirgli l’uranio necessario a fare da combustibile per la centrale, per impedire che possa essere riconvertito a un uso militare. Eppure Mosca fa parte del “sestetto” che chiede agli ayatollah di interrompere il programma nucleare. Astuzie dell’amico Putin.
L’Iran continua a rassicurare la comunità internazionale: la Repubblica Islamica vuole dotarsi di tecnologia nucleare esclusivamente per usi civili, pur essendo seduta su un mare di petrolio. La verità è che se Teheran godesse di un consistente arsenale atomico non solo potrebbe attaccare Israele ma gli basterebbe passare qualche “bomba sporca” ai suoi scudieri di Hamas per colpire senza sporcarsi le mani. L’Iran nucleare, inoltre, scatenerebbe una rincorsa atomica in tutta la regione, spingendo anche la Turchia e l’Arabia Saudita a dotarsi di armi del genere.
Il segretario di stato americano Robert Gates ha chiesto agli alleati della Nato di non permettere all’Iran di sviluppare tecnologia nucleare. Un rapporto dell’AIEA, l’agenzia delle Nazioni Unite, mostra che in un altro stabilimento iraniano, quello di Natanz, è pronta una tonnellata di uranio da arricchire per costruire la bomba. Gates ha ricordato “la mancanza di volontà di Teheran di uniformarsi alle risoluzioni dell’Onu” che hanno ripetutamente invitato gli ayatollah a fermare il loro programma. Tutto inutile.
Secondo gli Usa, l’idea dello scudo antimissilistico in Europa Orientale continua ad essere la soluzione migliore per prevenire eventuali attacchi atomici da parte di Teheran. La minaccia di alzare lo scudo serve quindi a mettere la Russia con le spalle al muro, costringendola a sedere al tavolo delle trattative fra le potenze occidentali e Teheran. Se la Russia facesse maggiori pressioni per dissuadere l’Iran allora anche il progetto dello scudo americano si fermerebbe.
La mano è ancora tesa: “Abbiamo bisogno di un approccio regionale più ampio, che non escluda l’Iran”, ha detto il segretario generale della Nato de Hoop Scheffer, “prima o poi, a un certo punto, l’Iran dovrà essere coinvolto”. Ma una cosa è spingere l’Iran a essere più collaborativo per ragioni geostrategiche, ben altra mostrarsi condiscendenti verso il suo modernismo reazionario.
L’Unione Europea è divisa come al solito: c’è un fronte atlantista che considera la mancanza di intelligence sulle reali intenzioni del regime iraniano il problema più grave da affrontare. Che farebbe l’Iran una volta armato? E gli Usa? Il governo americano appoggerebbe un attacco militare preventivo da parte di Israele contro il sito di Bushehr? Probabilmente sì. I tempi sono cambiati dal raid israeliano del 1981 contro l’impianto iraniano di Osirak.
Il reattore di Osirak era stato progettato grazie alla consulenza dei tecnici francesi e oggi Parigi appare il Paese capofila dell’altro fronte europeo, quello che in Medio Oriente vuole trattare, dimenticare il passato e fare affari. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, la Francia è pronta a muoversi autonomamente nelle trattative sul nucleare con Teheran. Fino adesso a condurre i negoziati era stato l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea, Javier Solana.
La visita di un emissario francese a Teheran probabilmente non avrà alcun risultato effettivo ma indica che la Francia vuole ritagliarsi una parte importante nel ‘dialogo’ tra Iran e grandi potenze. Dopo il Golfo Persico, il Libano e l’Iraq, Parigi cerca di alzare l’asticella della sua politica estera in Medio Oriente, in termini di peso e influenza politica, anche se non potrà mai sostituire gli Usa nella regione.