L’Iran festeggia l’anniversario del suo decollo nucleare con le nuove centrifughe di terza generazione
12 Aprile 2010
Gli anniversari e le commemorazioni di fatti storicamente rilevanti servono a tutti per riflettere su significati profondi, validi per il presente ed utili per il futuro. Con qualsiasi sentimento e da qualsiasi prospettiva intellettuale li si osservi. Diversamente, sono solo inutile retorica. Ed è un anniversario ed una data ben precisa che il Presidente iraniano Ahmadinejad ha scelto, il 9 aprile 2010, per annunciare al mondo di avere un arsenale di centrifughe nucleari di terza generazione per l’arricchimento dell’uranio, straordinariamente più potenti e veloci delle precedenti.
Quattro anni fa infatti, fu proprio nello stesso giorno che l’Iran inaugurò il suo programma tecnologico nucleare che oggi consente al Regime degli Ayatollah di avere la bomba atomica per distruggere Israele, "spezzare i denti" agli Stati Uniti e tagliare le mani a quei Paesi che nel resto del mondo non si inginocchieranno dinanzi alla sua minaccia nucleare. Sono parole che creano sgomento e che impongono a ciascuno di noi un serio pensamento ed uno scatto reattivo: per il futuro della pace e della democrazia, per la nostra vita, per quella dei nostri figli e per la stessa sopravvivenza del pianeta.
Nessuno può più sottrarsi alla riflessione su quello che significa l’evocazione dei foschi scenari di guerra e distruzione pronunciata dal leader islamico-estremista di Teheran. Non foss’altro che per una oggettiva questione di date e di storiche coincidenze, che caricano di altri significati simbolici l’attuale anno in corso del 2010. Cioè, esattamente 65 anni dopo la liberazione di Auschwitz: momento apicale di un altro orribile e lungo capitolo della storia mondiale, che è e resterà sempre importante ricordare.
Il grido d’allarme sui pericoli del decollo nucleare di Teheran è stato lanciato da diversi opinionisti di relazioni internazionali, opinion-makers ed analisti accademici di geopolitica globale. Ne citiamo solo uno tra tutti, perché iraniano ed esperto come pochi su questioni del suo Paese ancorché poco noto in Italia fuori della cerchia ristretta degli addetti ai lavori: Wahied Wahad-Hagh, difensore inesausto della causa dei diritti umani, senior fellow presso la European Foundation for Democracy di Bruxelles ed opinionista su Die Welt ed altre importanti testate tedesche. I suoi scritti andrebbero meglio conosciuti anche da noi in Italia, più di quanto già non lo siano.
Ma non basta. Occorre l’impegno di tutti, specie a livello istituzionale. Tra le deleghe della Farnesina ai nostri Sottosegretari di Stato, ce n’è una che riguarda proprio i diritti umani e la detiene un fine intellettuale e politico di lungo corso, più volte Ministro della Repubblica come Enzo Scotti. Siamo sicuri che in questo momento qualche importante iniziativa sia già in cantiere, specie oggi che, dopo la pubblicazione dell’ultimo Nuclear Posture Review, dall’America di Obama, il terrorismo nucleare viene indicato come il pericolo più estremo ed immediato. E ad Auschwitz-Birkenau, qualche mese fa, non a caso c’era proprio Scotti in rappresentanza del nostro Paese.
L’Italia, con Berlusconi Premier e Frattini agli Esteri, ha già fatto più di un passo importante, di rilievo epocale rispetto alle tante ambiguità del passato, sostenendo che nessuno al mondo può accettare che l’Iran diventi una Potenza nucleare. Come Paese fondatore dell’Europa Unita e come Stato di significativa rilevanza geostrategica per l’intero settore euro-mediterraneo, a noi è oggi affidata una irripetibile possibilità che sarebbe ingiusto considerare meno che praticabile ed in concreto perfettibile. Dobbiamo essere noi i primi a scendere in campo in Europa per la difesa dei diritti umani da quanti ne fanno quotidianamente scempio.
Col prendere l’iniziativa di indirizzare gli altri Paesi membri dell’Unione Europea a sostenere con rigore le politiche sanzionatorie verso l’Iran, l’Italia perseguirebbe un altro non meno importante obiettivo comunitario: rendere percepibile al resto del mondo che, ad opporsi ai programmi ed alle politiche di certa e progressiva destabilizzazione del medio Oriente varate dall’attuale regime post-khomeinista, è una Europa coesa, memore del passato e consapevole del futuro.