«L’Iran non cambia, vi spiego i rischi dell’accordo con Teheran»
13 Dicembre 2016
Marina Nemat è autrice di due memoriali sulla sua vita in Iran. Qui è nata e cresciuta, ma è anche stata imprigionata e torturata in carcere quando aveva solo sedici anni per essersi opposta al regime degli ayatollah. Marina è sfuggita a una condanna a morte ed è riuscita a raggiungere il Canada, dove vive. Scrittrice cattolica, nei giorni scorsi il suo libro “Prigioniera di Teheran” ha ricevuto un premio letterario a Pistoia.
L’abbiamo intervistata, e quello che Nemat dice sull’Iran, un Paese dove non si fermano gli abusi, né migliora la condizione della donna, dovrebbe far riflettere chi tifa per l’accordo sul nucleare con Teheran – dimenticandosi evidentemente che la questione diritti umani è tutt’altro che chiusa. “Dal 1979, il regime iraniano ha ammazzato, torturato, e rapito migliaia di dissidenti”, dice Nemat. “Se c’è un accordo con l’Iran, allora devono essere citati e vanno considerati tutti gli eccidi commessi dal regime”.
Marina, “Prigioniera di Teheran” risale al 2007. Da allora è cambiato qualcosa, in meglio o in peggio, nella condizione della donna in Iran?
In Iran non è cambiato granché, che si parli di uomini o delle donne. In base al governo che è al potere in un determinato momento, le diverse pressioni che vengono esercitate nel Paese per conformarsi alle strette regole del dettato islamico a volte possono alleggerirsi un po’, ma si tratta di piccoli progressi solo cosmetici; non si sono mai rivelati fondamentali. Ad esempio, all’epoca del presidente Ahmadinejad, il codice di abbigliamento islamico per le donne fu notevolmente rafforzato. Oggi, sotto il presidente Rouhani, le donne devono ancora indossare il velo in pubblico, ma se il velo non è abbastanza ampio e non copre proprio tutti i capelli, beh, la polizia della morale potrebbe chiudere un occhio. Tuttavia, sempre durante la presidenza Rouhani, pochi mesi fa, alcune modelle che avevano osato postare su Facebook delle foto senza l’hijab sono state arrestate. In Iran, la testimonianza di una donna vale ancora molto meno di quella di un maschio, e le donne non possono diventare né giudici né primo ministro. Le leggi sulla famiglia favoriscono enormemente gli uomini, e le bambine di 9 anni possono sposarsi con uomini molto più vecchi di loro.
“Prigioniera di Teheran” ha ricevuto lo Human Dignity prize dal Parlamento europeo. Eppure lei vive in Canada e altre scrittrici perseguitate nel mondo arabo, come Ayaan Hirsi Ali, hanno dovuto trovare rifugio negli Usa. Fuori dai denti, secondo lei le cancellerie europee comprendono fino in fondo il livello di terrore, punizione e subordinazione a cui sono costrette le donne nel mondo islamico?
Non mi piacciono i ritratti approssimativi. Non credo sia giusto parlare di “governi europei” o “occidentali” perché non tutti questi governi sono la stessa cosa. Io non sono antislamica. Non odio i musulmani. Sono cristiana, cattolica, molti dei miei amici sono musulmani. E li considero le persone più tolleranti e pacifiche che conosco. Tutti i cristiani sono la stessa cosa? No. Lo sono tutti gli islamici? No. Ci sono musulmani buoni e cattivi, come ce ne sono tra i cristiani. Il Cristianesimo ha attraversato il suo Medio Evo e in nome di Cristo furono commesse delle atrocità. Fondamentalismo ed estremismo sono pericolosi sotto qualsiasi forma, a Oriente come a Occidente.
Ma dicendo questo non c’è il rischio di cadere in una equivalenza morale?
Senta, nel Medio Oriente di oggi ci sono molti governi estremisti, inclusi quelli di Iran e Arabia Saudita. Questo non vuol dire che tutti gli iraniani o i sauditi siano estremisti o che l’Islam sia il male. Ci sono certe interpretazioni dell’Islam che abbracciano la violenza, mentre altre non lo fanno. Certo i Paesi islamici hanno una lunga strada davanti quando si parla di diritti delle donne. E il dialogo è importante. Come donna nata e cresciuta in Medio Oriente, sento che è mio dovere denunciare e testimoniare le esperienze che ho vissuto. Nello stesso tempo, vorrei riconoscere e sottolineare il fatto che durante alcuni periodi nella Storia, in alcuni Paesi islamici, si è verificata una spinta progressiva, anche se oggi la grande maggioranza di essi ha fatto dei passi indietro. I musulmani hanno bisogno di farsi valere e che la loro religione progredisca d’accordo con i tempi, ma spargere odio contro i musulmani non aiuterà nessuno, comprese le donne.
Insisto. Abbiamo raccontato ai nostri lettori la storia di alcune ragazze di origine caucasica che sono state rapite, stuprate e costrette a prostituirsi da bande di musulmani in Gran Bretagna. Le autorità hanno guardato da un’altra parte, com’è accaduto a Colonia, in Germania. Secondo lei perché succede una cosa del genere?
Non lo so, non sono né inglese né tedesca. Quello che so è che la schiavitù sessuale e il traffico di persone umane sono un problema gigantesco nel mondo. E che sono collegati al crimine organizzato. Ma non tutti i sodalizi criminali dei trafficati di uomini e delle schiave del sesso sono guidati da gang musulmane. Credo che alla gente non importi tanto chi è che commette crimini del genere ma che vengano giudicati dalla legge, processati in modo giusto e d’accordo con il sistema giudiziario dei rispettivi Paesi.
Quest’anno abbiamo visto il governo italiano censurare alcune statue di epoca classica a Roma per non offendere con dei nudi il presidente Rouhani durante una sua visita di Stato a Roma. Le sembra normale una cosa del genere?
Ho letto questa notizia ed effettivamente mi sembra insensata. Se a Rouhani non piacciono le statue, allora può guardare benissimo da un’altra parte. L’arte italiana è riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo. E’ una fonte di orgoglio per il vostro Paese. Perché questa arte meravigliosa dovrebbe essere coperta, nascosta, per ingraziarsi i politici iraniani? Non lo capisco proprio.
Che ne dice dell’accordo sul nucleare iraniano stretto nel 2015 tra Washington e Teheran?
Non mi piace. Prima di tutto, il regime iraniano ha mostrato che non ci si può fidare di Teheran. In secondo luogo, ho letto a lungo dell’accordo ma durante i negoziati non è mai stata posta la questione dei diritti umani in Iran. Dal 1979, il regime iraniano ha ammazzato, torturato, e rapito migliaia di dissidenti. Se c’è un accordo con l’Iran, allora devono essere citati e vanno considerati tutti gli eccidi commessi dal regime. Sono anche convinta che ogni Paese del mondo che si ritiene libero e democratico dovrebbe dotarsi di una legge simile al Magnitsky Act degli Stati Uniti, per limitare la capacità di muoversi, viaggiare e spostarsi degli ufficiali del regime iraniano che sono coinvolti negli omicidi e nelle torture – i loro assets all’estero vanno congelati. Questa è una forma di sanzione importante, perché colpisce chi ha perpetrato quegli atti, non dei semplici cittadini. Ma la verità è che l’Iran è un mercato ricco, enorme, e la maggior parte dei Paesi occidentali vuole sfruttare queste ricchezze. La cupidigia ha respinto la morale. Quando ci sono in ballo miliardi di dollari, molti governi sono pronti a ignorare anche gli abusi più seri dei diritti umani.
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