L’Iran vuole essere bombardato quindi non facciamolo
10 Aprile 2007
di redazione
Fare l’esatto contrario di quello che vuole la teocrazia iraniana è forse una buona regola. Gli ayatollah stanno facendo del loro meglio per essere bombardati e di conseguenza, almeno per il momento, non li dobbiamo assecondare. Negli ultimi tre anni, gli aggressivi teocrati di Teheran sono riusciti a inimicarsi il Consiglio di Sicurezza al punto da costringerlo a imporre delle sanzioni economiche. Non era facile, data l’inclinazione terzomondista delle Nazioni Unite e l’attitudine di Russia e Cina a considerare il petrolio e gli affari al di sopra di qualsiasi altra cosa.
Prima di catturare i 15 marinai britannici il mese scorso, l’Iran ha ingannato e umiliato la Gran Bretagna, la Germania e la Francia, mentre cercavano di raggiungere un accordo per porre fine pacificamente alla proliferazione nucleare iraniana. E pur di allontanare il problema, come di norma, i paesi europei continueranno a subire ogni oltraggio.
Impossibile, invece, è stato entrare in contrasto con il governo russo in materia di diritto, questione dei debiti a parte. L’Iran è ancora insolvente e Mosca sta procedendo al ritiro dei suoi esperti nucleari, rivelatisi finora determinanti per il proseguo delle ambizioni nucleari di Teheran.
Per quanto riguarda il Medio Oriente, non c’è bisogno di menzionare Israele. I leader iraniani hanno giurato di cancellarla dalla cartina geografica, malgrado sia una potenza nucleare con una lunga esperienza in campo militare. D’altro canto, i tentativi degli ayatollah di diffondere l’islam radicale persiano-sciita hanno terrorizzato i paesi sunniti vicini. La Giordania, l’Egitto e le monarchie del Golfo ora odiano l’Iran anche più d’Israele.
Il conto dell’Occidente con l’Iran, comunque, si è aperto ben prima della presidenza Bush. Il “Grande Satana”, infatti, risale ai tempi di Jimmy Carter. Nel 1979, un gruppo di studenti criminali prese d’assalto l’ambasciata americana a Teheran facendo degli ostaggi. Prima dell’11 settembre, Hezbollah, col supporto iraniano, ha ucciso più americani di ogni altra organizzazione terroristica, mentre oggi con il sequestro dei marinai britannici, l’Iran ha colpito de facto anche l’Unione Europea. La leadership del paese apparentemente non teme una rappresaglia da parte della Nato: un ex esponente di spicco delle forze armate iraniane ha ammesso che il regime khomeinista orchestra l’uccisione degli americani in Iraq da molto tempo prima del sequestro dell’imbarcazione britannica in acque iraniane, come dicono.
Quei “realisti”, come l’ex segretario di Stato, James Baker, che volevano aprire un dialogo con l’Iran ora tacciono. Le ripetute provocazioni iraniane hanno disgustato anche quanti in Occidente hanno sempre manifestato la volontà di concedere una seconda e una terza possibilità.
Allora come dovremmo comportarci con gli iraniani?
La leadership del paese è in profonda crisi e deve essere davvero disperata se provoca l’Occidente per recuperare consensi nel mondo islamico e calmare il crescente malcontento interno. Provvedere al cibo e al riscaldamento, finanziare terroristi e costruire testate nucleari ha un costo che al momento la disastrata economia statalista iraniana non è in grado di pagare.
A causa dell’inefficienza della loro industria petrolifera, i mullah iraniani si trovano di fronte a un paradosso: dispongono di riserve di greggio tra le più ricche del mondo, eppure la produzione è in calo e sono riusciti a guadagnare sempre meno petrodollari nonostante il boom dei prezzi sui mercati internazionali.
Gli ayatollah hanno capito che il mondo intero, compresi molti iraniani, è fortemente contrario alla loro politica, ma sanno anche che lo stato di cose potrebbe cambiare se un paese occidentale dovesse attaccarli. La loro strategia è fatta di provocazioni per indurre a una reazione militare, ad esempio con bombardamenti, nell’ingenua certezza che sarebbero limitati nella durata e nei danneggiamenti. Gli ayatollah, inoltre, prevedono che un attacco potrebbe giovare alla loro immagine e farebbe guadagnare consensi in larga parte del mondo.
È indubbio che gli Stati Uniti, senza procedere a un’invasione e senza subire perdite eccessive, potrebbero ricorrere alla forza aerea per spedire l’economia e le infrastrutture militari iraniane indietro nel tempo, in quel diciassettesimo secolo tanto vagheggiato dai mullah. Ma, in realtà, non c’è bisogno di arrivare a tanto.
Se l’Europa, invece, troncasse tutti i suoi rapporti commerciali con l’Iran, e se l’Occidente uscisse completamente dal paese – boicottando cioè tutte le compagnie che fanno affari con Teheran – la teocrazia andrebbe in bancarotta nel giro di qualche mese.
E anche se in futuro dovesse rendersi necessaria un’ulteriore escalation, l’Occidente potrà ricorrere a un blocco navale al largo delle coste iraniane in modo da decidere quali saranno le merci che potranno accedere all’interno di questo regime fuorilegge. Ma non deve bombardare l’Iran.