“L’Iraq è un Paese amico che crede nella democrazia”
23 Dicembre 2022
“L’Iraq è una Nazione che ha compiuto importanti passi avanti sul piano della sicurezza e della stabilità politica. Dal nostro punto di vista può guardare con ottimismo alla ricostruzione. L’Italia è da sempre in prima linea nel sostenere l’Iraq a trecentosessanta gradi. Lo facciamo anche nel quadro della Coalizione Anti Daesh. Perché non vi può essere stabilità e prosperità in Medio Oriente senza un Iraq forte. L’Italia è stata sempre al fianco dell’Iraq nella sua rinascita”. Così il presidente Meloni riassume il senso del colloquio con il Primo Ministro della Repubblica dell’Iraq al-Sudani a Baghdad.
Meloni a Baghdad
Le relazioni bilaterali tra Italia e Iraq “sono intense e hanno radici profonde. Collaboriamo dal punto di vista energetico, industriale e culturale. Dobbiamo ora fare di più e rafforzare il nostro partenariato. Il 2023 deve rappresentare l’anno della svolta delle nostre relazioni bilaterali”. E ancora le parole di apprezzamento per la decisione del governo iracheno di istituire come festa nazionale la giornata del 25 dicembre. In modo da consentire a tutti coloro che lo desiderano di poter festeggiare il Natale. “Un importante segnale di grande rispetto della libertà religiosa e di rispetto per i Cristiani presenti nel paese”.
“La nostra missione è difendere l’Occidente”
“La nostra missione è difendere l’Occidente,” aveva detto Giorgia Meloni prendendo l’aereo che la porta in Iraq. Per fare gli auguri di Natale ai nostri militari e al personale diplomatico. Le sentinelle di quella libertà occidentale nelle diverse aree del mondo dove siamo presenti con le nostre missioni all’estero. La linea politica dell’Italia non cambia. Siamo nella Ue, nella Nato, dentro l’Onu, “il perimetro nel quale vogliamo giocare da protagonisti”. Per difendere “il sistema e i valori che abbiamo creato dalle macerie della Seconda guerra mondiale”.
“Sentirò Zelensky per fare gli auguri nelle condizioni nelle quali si trovano gli ucraini e per fissare questo viaggio che vorrei fare nei primi mesi del prossimo anno”, ha detto Meloni da Vespa.
La Nato, l’Iraq e l’Occidente
Il presidente del consiglio va in Iraq, gli altri ministri dal Libano al Kosovo. In Iraq da quest’anno l’Italia guida la missione Nato per sostenere gli sforzi del governo iracheno nel garantire sicurezza e istituzioni democratiche. “Advisory and capacity-building non-combat mission”, la definizione tecnica della missione iniziata nel 2018 su richiesta delle autorità di Baghdad. Serve a prevenire il terrorismo e il ritorno dello Stato islamico. Cinquemila uomini, mille italiani in Iraq.
Circa dodicimila uomini in 24 nazioni, 38 operazioni, questo i numeri dell’impegno militare italiano nel mondo. Mattarella ha espresso “il senso di apprezzamento profondo per le capacità” dimostrate “nelle missioni, in particolare per la loro capacità di comprensione del territorio. Per la capacità di rapporto con le popolazioni, per la professionalità e la grande efficacia dell’azione.
Mattarella: “Missioni italiane contribuiscono a pace e stabilità”
“L’opera svolta in queste missioni contribuisce alla stabilità e pace, ma trasmette anche un’immagine dell’Italia rassicurante, protagonista e di grande affidabilità nel mondo”, ha detto il Capo dello Stato. “La presenza così ampia nelle missioni all’estero sottolinea come l’operato delle forze armate rappresenti un grande concorso alla stabilità e pace del mondo”. Mattarella si è anche rivolto alle famiglie dei nostri militari. Ha espresso “dolore e riconoscenza per il sacrificio” dei caduti, “perché il ricordo non si accantoni”.
Quasi vent’anni dopo la sanguinosa guerra che portò alla fine del regime di Saddam Hussein e alla liberazione dell’Iraq, oggi lo stato del Medio Oriente è al giro di boa. La ricostruzione dovrebbe diversificare maggiormente l’economia incentrata ancora sullo sfruttamento petrolifero, una lezione anche per il dopoguerra ucraino. C’è un parlamento che con estrema difficoltà prova a formare un nuovo governo. È emersa una opposizione.
L’Iraq, oggi
Il rischio di una guerra civile su base settaria tra sunniti e sciiti in Iraq resta alto, le violenze covano sotto la cenere. Come pure l’influenza stesa dagli iraniani sul paese vicino. Ma la possibilità di vedere rafforzato uno stato basato su libere elezioni, un parlamento, istituzioni democratiche, non è stata accantonata.
“A Kabul ho recentemente intervistato Masuda Jalal, un coraggioso medico afghano che ora ha potuto candidarsi alla presidenza,” scriveva diciotto anni fa sul Guardian il compianto Christopher Hitchens. “Le ho chiesto del suo sostegno all’intervento in Iraq. ‘Per noi’ mi ha risposto, ‘la battaglia contro il terrorismo e contro la dittatura sono la stessa cosa’”. Pensavamo che la storia fosse finita. Di non avere più un ruolo nel mondo multipolare.
Poi è arrivato Putin a invadere l’Ucraina, il terrorismo islamico una minaccia sempre presente nel mondo, la brutale repressione dei mullah iraniani contro donne e giovani del proprio popolo. L’Occidente ha ancora un compito di pace e sicurezza, non solo in Medio Oriente.