L’irriducibile individualismo metodologico di Raymond Boudon

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L’irriducibile individualismo metodologico di Raymond Boudon

11 Aprile 2013

E’ morto ieri a 79 anni Raymond Boudon, il sociologo liberale teorico dell’individualismo metodologico. Per Boudon l’animo liberale era sinonimo del disincanto di chi abbandona ogni visione mitologica del mondo. L’individuo, la persona umana, andava messo al centro della vita politica, con le sue responsabilità e la sua irriducibile libertà di pensiero e di azione.

Boudon ci lascia pagine intense su Tocqueville, sui meccanismi della democrazia e del consenso come ce li ha raccontati il grande pensatore francese e sul perché quelle pagine valgono anche per i giorni nostri. Come l’instaurazione dei regimi democratici sia coincisa con l’indebolimento delle credenze religiose, come l’emergere del Moloch statale, delle grandi amministrazioni pubbliche sia entrato in contraddizione con la libertà dei cittadini.

Nel suo elogio del senso comune, Boudon raccontava la confusione odiera tra morale e politica, fede e ragione, pubblico e privato, ponendo la necessità di ritrovare una razionalità comune in grado di resistere alle tentazioni dei particolarismi sociali e culturali.

Per Boudon l’intellighenzia non ama il liberalismo, forse temendone la funzione critica. Da qui l’analisi dei meccanismi di produzione e circolazione delle idee nel mondo contemporaneo e di come possono essere manipolate avvelenando il dibattito pubblico.

"La tradizione liberale, agli occhi di coloro che vi si oppongono, ha l’inconveniente di non formulare una visione globale del mondo, di non essere una ideologia o una ‘religione secolare’", scriveva il sociologo, "sul piano filosofico, il liberalismo rappresenta la tradizione di pensiero meno escatologica che vi possa essere".