L’Islam vieta alle donne di avere un amico

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L’Islam vieta alle donne di avere un amico

30 Luglio 2007

Uomini e donne non possono essere amici. Né praticare lo sport assieme. Perché lo dice il Corano. E perché è proprio a causa di questa promiscuità con cui l’occidente sta cercando di contaminare l’Islam che nel mondo si è diffuso l’Aids. La punizione divina. Lo spiega una fatwa saudita pubblicata sull’ultimo numero della rivista “giuridica” Majalla al-Buhuth al-Fiqhiyya. Più precisamente quella contenuta nel numero 74 dell’anno dell’Egira 1428. Piccolo particolare: tutte le moschee d’Italia, compresa quella di Roma che si fa vanto della propria liberalità, sono abbonate a questa rivista che viene ritenuta tra le più autorevoli di tutto il mondo islamico.

Benvenuti  quindi nel Medio Evo prossimo venturo. Dove questi principi di civile convivenza tra i sessi vengono inculcati a tutti gli immigrati di fede islamica in Italia. E questo a proposito di integrazione di valori condivisi. Forse qualcuno dovrebbe dirlo al ministro delle Politiche  sociali  Paolo Ferrero che ha pensato di utilizzare il canale delle moschee per finanziare corsi di integrazione per gli immigrati di fede islamica stanziando a spese del contribuente la bella cifra di 100 milioni di euro per i programmi pilota. Ma tant’è.

D’altronde è noto che l’amicizia tra un uomo e una donna non può esistere perché prima o poi si va sempre a finire lì, a letto. Con buona pace delle femministe di sinistra che oggi difendono il velo e l’islamically correct. O del ministro Amato che ritiene che le nudità delle modelle italiane siano peggio dell’hijab.

Leggiamo dunque cosa dice questa “fatwa” numero 623 (pubblicata a pagina 463 di suddetta rivista giuridica, in guisa di responso giuridico, non di maledizione o di condanna) emessa dietro richiesta di una fedele proveniente da Islamabad.

Il titolo è già tutto un programma: “domanda della sorella Tamani del Pakistan se sia lecito per l’Islam che una ragazza musulmana abbia un amico come quelli che in occidente chiamano boy friend e se sia consentito per lei giocare con i ragazzi nei campi sportivi”.

Le prime dodici righe della risposta sharaitica sono dedicate al fatto che “data l’aggressione dell’occidente alla cultura, alle usanze e financo alla fede islamica, non c’è da meravigliarsi che venga posta una simile domanda”. Come a dire “o tempora o mores”. E d’altronde l’anonimo estensore della risposta, che corrisponde alla linea editoriale della rivista, precisa “l’imbarazzo della sorella Tamani nel formulare una simile richiesta che dimostra la sua bramosia e il suo non essersi rivolta, nel non avere rifutato simili esempi, alle organizzazioni che nel mondo islamico sono responsabili degli aspetti educativi della gioventù”.

Poi si va al dunque: “la riposta per la sorella che ne fa richiesta e per tutte le ragazze musulmane che abbiano interesse a questa domanda è la seguente: qualunque legame tra qualunque ragazza e qualunque ragazzo che non siano parenti con i quali è proibito il matrimonio è da considerarsi proibito, perché nell’Islam ogni legame di relazione tra un uomo e una donna a lui estranea è proibito”. Punto.

Con una precisazione: “lo dicono il Corano e la sunna”. Ossia la tradizione coranica. E che dicono queste due fonti giuridiche teoricamente e praticamente vincolanti per ogni buon musulmano? Secondo la sunna, quando un uomo e una donna si incontrano per strada devono abbassare lo sguardo, perché, come diceva l’imam Kurtubi, cioè quello di Cordova vissuto più o meno 900 anni orsono, “lo sguardo è la porta principale per i desideri impuri del cuore”.

Quanto al Corano vengono citati due  versetti della sura della luce: “ Dì ai credenti maschi di abbassare i propri sguardi e di tenere a bada i propri genitali”, sottinteso quando incontrano per strada una donna. L’altro versetto dice la stessa cosa al femminile ed è riferito a donne che abbiano la ventura di imbattersi in maschi durante il loro cammino.

Infine la prova provata che hanno ragione Allah e “il suo profeta, su di lui sia la pace”, è l’attuale diffusione dell’Aids in tutto il mondo: “l’evidenza di ciò è testimoniata nell’umanità di oggi dai crimini contro la morale e dal diffondersi delle malattie mortali come l’Aids e altre simili”.

Che evidentemente sono castighi di quel Dio a cui tutti devono essere sottomessi, sempre secondo il punto di vista dell’ortodossia islamica. Valido purtroppo, con le buone o con le cattive, anche per quelli che non ci credono.