L’Italia celebra la Shoah ma si riscopre sempre più antisemita

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L’Italia celebra la Shoah ma si riscopre sempre più antisemita

27 Gennaio 2010

Sono numerosi gli appuntamenti e le iniziative organizzate in tutto il mondo per celebrare il “Giorno della Memoria” mirate a non dimenticare gli orrori del nazismo, le deportazioni nei campi di concentramento e lo sterminio di massa compiuto nei lager con sistematica ferocia. Oggi lo sterminio del popolo ebreo è stato ricordato anche dall’Onu con una specifica cerimonia. L’Europa lo fa nei luoghi simbolo della tragedia e nelle baracche degli altri campi di concentramento.

In Italia, il premio Nobel del 1986 ed ex internato ad Auschwitz Eli Wiesel ha partecipato – insieme al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al presidente della Camera Gianfranco Fini e al premier Berlusconi – all’inaugurazione della mostra su Auschwitz Birkenau al Vittoriano. Il presidente del Senato, Renato Schifani, è intervenuto alla commemorazione alla Risiera di San Sabba, il campo di concentramento italiano sfoggiando sul proprio cappotto una stella gialla “per non dimenticare che siamo tutti ebrei”. Ieri, invece, alla stazione centrale di Milano è stata posata la prima pietra del futuro Memoriale della Shoah che sorgerà accanto al binario 21 da dove, nascosti agli occhi dei milanesi, partivano verso i campi di sterminio i treni dei deportati italiani.

L’esperienza della Shoah, della deportazione e dello sterminio degli ebrei “è una tragica esperienza ancora carica di insegnamenti e di valori”, ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Quirinale. Il premier ha invece sottolineato che ricordare lo sterminio e la persecuzione degli ebrei è un dovere “perché tutto ciò non possa più accadere”.

Intanto, un’indagine conoscitiva sull’Antisemitismo condotta dal centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec) rivela che 12 per cento degli italiani è antisemita e il 44 per cento ha atteggiamenti ostili nei confronti degli ebrei. A parlarne questa mattina è stato il ministro degli Esteri Franco Frattini durante la prima audizione alla Camera dei Deputati.

Nel giorno in cui si ricorda la fine della Shoah in tutta Europa, il capo della Farnesina lancia infatti l’allarme antisemitismo nel nostro Paese e promette una dura presa di posizione per combattere “un antisemitismo strisciante caratterizzato da una assuefazione civile”. “Abbiamo sempre pensato che questo fenomeno non coinvolgesse l’Italia”, spiega Frattini ricordando che, al contrario, l’indagine condotta appena 3 mesi fa dimostra che i sentimenti antisemiti si fondano “su radici molto più sottili e pericolose”.

Un antisemitismo fatto quindi di facili ironie e accondiscendenza nei confronti di espressioni di odio per gli ebrei, ma anche di vere e proprie forme di istigazione come le manifestazioni di piazza dove si bruciano bandiere israeliane o si espongono simboli e uniformi naziste. Così, Roma si è svegliata questa mattina con delle scritte antisioniste firmate da due croci celtiche e una svastica, proprio di fronte a un ex luogo di tortura di ebrei. E non si può sottovalutare neanche il pericolo che rappresentano le tesi negazioniste e il revisionismo dell’Olocausto. Tutte forme di ostilità nei confronti degli ebrei che, chiosa il ministro, costituiscono “una minaccia diretta alla nostra società”.

Per questa ragione il governo ha deciso di dichiarare guerra all’antisemitismo in Italia e vuole promuovere un’azione coordinata anche in Europa perché, afferma Frattini, “la lotta contro questo fenomeno è un valore assoluto e assolutamente non negoziabile”. L’Italia vuole la pace fra palestinesi, la pace in Medio Oriente e fra Israele e gli arabi, continua il responsabile degli Affari Esteri, “ma non può essere messa in discussione una sorta d’intolleranza indiretta verso l’antisemitismo”. Insomma, la sicurezza d’Israele e il diritto alla sua esistenza, per Frattini non sono “materie negoziabili”, così come non è discutibile che la Shoah sia stata la maggiore tragedia della storia dell’umanità. Il capo della Farnesina ha quindi invitato a non confondere le “legittime” critiche al governo israeliano con dichiarazioni di intolleranza e antisemitismo.

L’obiettivo dell’Esecutivo è sradicare questo male su più fronti e con più misure: dal finanziamento di viaggi studio presso i memoriali dell’Olocausto (“affinché i ragazzi possano vedere con i loro occhi e non solo studiare cosa è stata la Shoah”) al rafforzamento delle relazioni fra Israele ed Europa. Così, la prossima settimana il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e sette ministri viaggeranno a Gerusalemme per il primo vertice intergovernativo fra i due Paesi. Durante questa visita il premier terrà anche un discorso di fronte alla Knesset, un privilegio riservato solo ad alcuni capi di Stato e di Governo che è anche la prova del forte legame tra Italia e Israele.

Ma nulla di tutto ciò potrà fermare quei Paesi che invocano la fine di Israele, primo fra tutti l’Iran che oggi – proprio nel Giorno della Memoria – non rinuncia a lanciare l’ennesima minaccia: “Verrà il giorno in cui le nazioni della regione vedranno la distruzione del regime sionista” ha affermato la Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, assicurando che “i tempi della cancellazione di Israele dalla mappa del mondo dipendono dal modo in cui le nazioni islamiche affronteranno il tema”. Lo stesso Wiesel, nel suo discorso a Montecitorio, si è domandato come fanno i Paesi occidentali a trattare con Ahmadinejad: “Dovrebbe essere arrestato e tradotto dinanzi alla Corte de L’Aja e accusato di crimini contro l’umanità”, ha detto il premio Nobel di fronte alla platea di parlamentari italiani.