L’Italia ha bisogno di liberalizzazioni più che di un nuovo governo

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L’Italia ha bisogno di liberalizzazioni più che di un nuovo governo

10 Novembre 2011

La giornata di ieri è stata una delle più drammatiche che i mercati finanziari abbiano vissuto nel secondo dopoguerra. Lo spread BTP-Bund è esorbitato a 575 punti base, circa 100 punti in più rispetto all’apertura e nonostante un massiccio intervento d’acquisto di titoli italiani da parte della BCE. Una situazione mai vista. Piazza Affari è arrivata a perdere fino al 5%, in caduta libera Mediaset e pioggia di sospensioni per eccesso di ribasso dei titoli bancari. Questa la breve cronaca della giornata.

E’ stato davvero il giorno che verrà ricordato come il Mercoledì nero, oppure dobbiamo aspettarci altri tonfi ed un ulteriore incremento degli spread? In questo momento, ma come quasi sempre nella disciplina economica, è difficile fare delle previsioni. Gli analisti affermano, a ragione, che è l’incertezza sul destino del governo a pesare sui listini e sui differenziali.

L’annuncio di dimissioni da parte di Silvio Berlusconi ha mandato in tilt i mercati finanziari. Si dovranno ricredere, quindi, quegli economisti che sostenevano la teoria della "tassa su Berlusconi", ovvero dell’esistenza, nell’economia italiana, di un fantomatico onere implicito che gli italiani pagano per il solo fatto di avere Berlusconi come capo del governo.

Se tale teoria fosse stata vera, i mercati avrebbero dovuto brindare, gli spread abbassarsi e Milano chiudere in forte rialzo. E’ avvenuto l’esatto contrario. Silvio Berlusconi si è dimesso e questo ha creato maggiore incertezza; per questo i mercati hanno reagito con una ondata di vendite. Alcune stime quantificano in 5 miliardi di euro il costo in termini d’interessi sulle nuove emissioni di titoli di debito che l’Italia dovrà sopportare per il solo fatto che Berlusconi ha annunciato le dimissioni. E questa non è una teoria, ma numeri.

In queste ore, non è ancora chiaro come lo stallo politico sarà superato: governo tecnico, altro governo sostenuto dal centro-destra, elezioni anticipate? Su questo, è quasi banale dirlo, saranno i politici a dover dare una risposta nel più breve tempo possibile. C’è la Legge di Stabilità da votare al più presto (ma senza isterismi), con un maxi-emendamento del Governo che dovrebbe andare a breve al vaglio della commissione Bilancio del Senato e con i gruppi parlamentari che hanno ritirato saggiamente molti emendamenti, in maniera da consentire la votazione nel più breve tempo possibile. Insomma, anche sul versante della finanziaria una situazione ancora da chiarire.

C’è poi un debito italiano che, per ragioni storiche, è sempre stato eccessivamente elevato. Le manovre estive di correzione dei conti sono servite, ma è una medicina i cui effetti si vedranno solo nel lungo periodo, mentre l’Italia oggi ha bisogno di misure che agiscano nel brevissimo. Il balzo in avanti degli spread rende ancora più oneroso il finanziamento dello Stato, che ora deve offrire rendimenti superiori al 7%, per collocare i propri titoli di debito tra gli investitori.

La medicina dei conti pubblici, sempre per usare la stessa metafora, è stata somministrata in ritardo. Abbiamo scritto più volte che il vulnus delle politiche tremontiane è sempre stato quello della mancata adozione di vere e proprie politiche di stimolo per la crescita. Il giudizio sull’operato del ministro, da questo punto di vista, non può essere positivo.

E’ utile ricordare l’opportunità di inserire nella legge di Stabilità le misure liberali della crescita pensate da Berlusconi con lo spirito del ’94 e mai attuate. Questo sì, sarebbe un forte segnale, dato ai mercati, che dimostrerebbe come anche sul fattore sviluppo si è cambiata marcia, nonostante è bene ricordare come l’efficacia nel tempo di tali misure non sia immediata.

La lettera d’intenti scritta da Berlusconi ed inviata all’Europa è un ottimo programma economico. E’ quindi necessario filtrarne i contenuti e tradurla in dispositivi normativi da inserire nella Legge di Stabilità. Non è mai troppo tardi per farlo. L’abolizione delle tariffe minime per i professionisti, proposta nelle ultime ore, potrebbe essere un ottimo segnale in direzione della liberalizzazione di settori fortemente difesi da gruppi di interesse.

Altrimenti, l’incertezza non farà nient’altro che permanere. Non c’è tempo da perdere, perché oltre una certa soglia di spread (alcuni analisti la fissano a 700), si potrebbe iniziare a parlare di default, anche per via dell’"effetto palla di neve": l’incremento dello spread fa aumentare la sfiducia sulla solvibilità dell’Italia che, a sua volta, fa di nuovo aumentare lo spread, ab limitum. Fin quando l’insolvibilità non è più una probabilità, ma una certezza. Se non si vuole correre questo rischio, oggi più che mai verosimile, maggioranza e opposizione devono agire insieme per approvare le riforme in tempi brevi.