L’Italia messa all’angolo da D’Alema

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L’Italia messa all’angolo da D’Alema

18 Giugno 2007

La notizia di un possibile patto tra Italia e Siria rivelata dal quotidiano israeliano Haaretz è di gravità inaudita. E addirittura non importa se quel patto esista davvero nei termini descritti, ma il solo fatto che venga ritenuto plausibile è il segno del discredito che la politica estera italiana in Medio Oriente (e non solo) si è guadagnata in questi mesi.

L’idea che il ministro degli Esteri, D’Alema possa aver promesso il suo appoggio alla Siria per rompere l’isolamento internazionale in cui essa stessa si è confinata in cambio di un occhio di riguardo di Hezbollah verso le nostre truppe schierate nel sud del Libano è agghiacciante e se falsa deve essere smentita nel modo più netto e categorico.

I soldati italiani in Libano sono schierati sotto l’egida dell’Onu per mantenere la tregua tra gli Hezbollah controllati dalla Siria e Israele: qualsiasi patto con uno dei contendenti equivale ad un tradimento politico imposto ai militari. La cosa è tanto più grave poiché dal febbraio scorso l’Italia è alla guida dell’intera missione Unifil che raccoglie truppe di molti altri paesi. Cosa prevede il patto in proposito? Che i soldati sotto bandiera non italiana possono essere fatti oggetto di attacchi terroristici? O che godono di minori protezioni? Come potranno i comandanti di quei contingenti da oggi in poi fidarsi della guida politica e poi militare italiana?

Non solo, come ha osservato la fonte anonima del governo israeliano citata da Haaretz, il dubbio che un patto del genere possa esistere scredita qualsiasi altra iniziativa internazionale dell’Italia. Con quale credibilità D’Alema potrà insistere ancora nella sua proposta di inviare una forza di pace a Gaza se c’è la possibilità che per proteggere i soldati italiani si facciano accordi segreti con Hamas?

E, si può aggiungere, lo stesso discredito si proietta in modo retroattivo anche su altre missioni e su altre vicende. C’è stato qualche accordo del genere con i Talebani per proteggere i soldati italiani in Afghanistan? Forse questo accordo faceva parte del pacchetto per la liberazione di Mastrogiacomo?

Come si vede il seme del dubbio attecchisce con rapidità e rischia di minare alla base ogni iniziativa italiana sul piano internazionale. Per avere un’idea dell’opinione che gli israeliani si sono fatti di questa vicenda basta leggere i commenti postati dai lettori sull’edizione on-line di Haaretz. Anni di alleanza privilegiata, di rapporti diplomatici e politici strettissimi, sembrano essersi volatilizzati nella percezione dei cittadini israeliani.

Non è difficile poi immaginare lo sconcerto che notizie di questo genere provocano nelle forze armate italiane. La capacità dei soldati italiani nell’opera di peacekeeping e peace enforcing si era guadagnata negli ultimi anni una fama largamente positiva e condivisa. Oggi quell’immagine rischia di uscirne sfregiata. Dietro le manovre di D’Alema in Siria si intravede un esercito da operetta, schierato per le fanfare e bisognoso di essere tenuto a balia dalla politica contro i rischi della guerra vera.

Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa il ministro della Difesa, Arturo Parisi.