L’Italia non tradisce Obama e impegna altri 1000 uomini per l’Afghanistan
04 Dicembre 2009
Nel tardo pomeriggio di ieri, il ministro La Russa interviene per dire che il Consiglio dei ministri ha deciso di inviare circa mille soldati in Afghanistan entro il 2010, “con un’accelerazione nel secondo periodo dell’anno”, e con un mandato temporale certo. Entro il 2013, secondo il ministro degli esteri Frattini, il contingente italiano dovrebbe ritirarsi dal Paese.
Il premier Berlusconi era stato molto chiaro sulle difficoltà che gli Usa e i loro alleati devono affrontare in Afghanistan (“un Paese difficile”), dove bisogna fare i conti con una società tribale e arretrata (“qualcuno parla di Medioevo”), e la costruzione della democrazia un progetto quasi utopistico. Ma l’Italia non rinuncia alla sua missione. Tre gli obiettivi: 1) mettere in sicurezza il Paese – nel 2008 il governo Berlusconi ha rimosso parte dei caveat che limitavano l’uso delle nostre forze sul terreno; 2) costruire le infrastrutture necessarie a migliorare la vita del popolo afghano, scuole, ospedali, ponti, strade. Un compito che però non può essere svolto solo dai militare; 3) limitare la proliferazione delle coltivazioni di oppio e ridare vita a una economia normale.
Sempre secondo La Russa, i mille uomini da mandare in Afghanistan verranno dal Kosovo, dove l’esercito e i Carabinieri italiani sono stati un elemento prezioso per la stabilizzazione del nuovo stato. Questo cambio di fronte non dovrebbe incidere troppo da un punto di vista dei costi economici dell’operazione in Afghanistan, e gli italiani potranno occuparsi meglio di una cosa che sanno fare bene: l’addestramento e la formazione della polizia e delle forze di sicurezza afghane. La Russa ha ricordato che l’Italia si sta sforzando di pacificare il Paese, “Da parte nostra c’è la condivisione di un piano (quello di Obama, ndr) che sta cambiando: non siamo più esecutori ma partecipi di una operazione comune".
E tutto questo in un momento in cui altri paesi europei si tirano indietro, se pensiamo alla posizione assunta da Germania e Francia dopo il discorso di Obama, che non hanno troppa intenzione di incrementare il loro numero di truppe nel Paese asiatico.
Forse per questo ieri alcuni giornali inglesi riportavano le dichiarazioni di La Russa, visto che i soldati di sua Maestà, insieme agli italiani, e a georgiani, polacchi, slovacchi, sono tra i contributori che si spendono di più – in termini di personale militare e impegno civile – per la Coalizione. L’Italia è il quarto contributore della missione Isaf della Nato, con 2.795 uomini sul terreno, a cui si aggiungeranno i rinforzi militari, toccando quota 3.800 uomini – e aggiungendo un altro “gruppo di combattimento” nella provincia di Herat. L’obiettivo è bonificare le zone sotto controllo italiano per impedire alle forze dell’insorgenza di rioccuparle.
Il ministro degli esteri Frattini ha ricordato come la “credibilità” della Nato si gioca proprio in Afghanistan. “Il nostro Paese deve terminare il lavoro che è iniziato con l’Alleanza”. Un lavoro che fino adesso è costato 22 vite dei nostri soldati e oltre 2miliardi e mezzo di euro, ma che l’Italia intende portare avanti. Oggi, al vertice dei ministri degli esteri dell’Alleanza, Frattini parlerà di tutto questo con il segretario di Stato americano Clinton. Secondo Mike Hammer, il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, "Il presidente Obama negli ultimi mesi si è consultato da vicino con il primo ministro Berlusconi, con il presidente Napolitano e altri leader della Nato e dell’Isaf e contiamo di continuare questa stretta cooperazione".
Adesso la decisione del Consiglio dei ministri passerà al vaglio, e al voto, del parlamento. Il Pd non appare pregiudizialmente contro a un rifinanziamento della missione, e Bersani in passato ha detto che in Afghanistan dobbiamo completare il nostro lavoro. Ieri la deputata del Pd Sesa Amici ha risposto a La Russa annunciando che "l’appuntamento della prossima settimana, quando sarà discusso alla Camera il decreto che proroga le missioni internazionali, ha un rilievo fondamentale per chiarire gli obiettivi e le strategie del rafforzamento della nostra presenza in Afghanistan".