L’Italia offre le sue basi per la “no fly zone” sulla Libia. Lega scettica
17 Marzo 2011
di Jasmine Trio
Ieri il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato con dieci voti favorevoli e cinque astensioni la risoluzione 1973, che autorizza la comunità internazionale a usare "tutte le misure necessarie" per proteggere la popolazione civile della Libia e istituire un no-fly zone con scopi umanitari sui cieli di Tripoli. Passa dunque la linea di Francia e Gran Bretagna, a cui poi si sono aggiunti gli Stati Uniti. Restano a guardare la Cina, la Russia, ma anche la Germania.
Oggi, il governo libico ha annunciato un immediato cessate il fuoco, ma Gheddafi e Seif al Islam annunciano: "Un inferno se verremo attaccati".
Il governo maltese nel frattempo ha fatto sapere che La Valletta non intende fare da base per l’attuazione della no fly zone contro la Libia. Lo ha affermato il premier Lawrence Gonzi: "La nostra priorità è quella di salvaguardare la sicurezza di Malta … e di rispettare la nostra costituzione, di paese neutrale", ha detto in una conferenza stampa. Gonzi è stato personalmente informato, al telefono, dal premier libico, Mahmudi Bagdadi, della dichiarazione di un cessate il fuoco immediato.
Sul cessate il fuoco interviene anche il governo di Ankara. Il primo ministro turco Recep Tayyp Erdogan ha infatti dichiarato che il suo paese sostiene la risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu sulla Libia e ha esortato i paesi membri ad adottare ogni misura necessaria per assicurare la salvezza dei civili. "Vogliamo che il governo cessi immediatamente l’uso della forza contro la popolazione civile", ha aggiunto Erdogan, dopo essere stato appena informato che Tripoli aveva ordinato un cessate il fuoco.
La posizione turca, di appoggio alla no-fly zone ma contraria ad un intervento straniero in Libia, era già stata spiegata questa mattina in un comunicato diffuso dall’ufficio di Erdogan. "Avevamo detto in precedenza che ci opponiamo ad interventi stranieri nei confronti dellla Libia, paese fratello e amico-si legge – In questa cornice vogliamo che gli attacchi contro i civili si fermino e venga raggiunto immediatamente un cessate il fuoco".
Quanto alla posizione del governo di Parigi, il presidente francese Sarkozy vuole subito un intervento, ed esprime dubbi sul cessate il fuoco. Anche il segretario di Stato americano, Clinton, chiede a Gheddafi di andarsene. Il primo colpo, se ci sarà, lo infliggeranno in modo unilaterale l’aviazione francese e quella inglese, che possono raggiungere in poche ore l’obiettivo. Il Pentagono sta mettendo a punto le diverse opzioni per infliggere "seri" colpi alle forze di Gheddafi, sia dal cielo che sul terreno, nel momento in cui un ordine del genere dovesse arrivare dalla Casa Bianca. Anche la Nato è pronta a fare il suo dovere, ma, secondo alcune fonti, solo dopo l’intervento dei "volenterosi" (Francia, GB, Usa).
Intanto il primo ministro britannico Cameron ha cominicato questa mattina alla Camera dei Comuni che il Paese è già pronto al dislocamento di jet inglesi sulla Libia. Con l’operazione autorizzata dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu saranno mobilitati caccia Tornado e Typhoon. Il Canada fa sapere di esser pronto a inviare sei cacciabombardieri CF-18. La risoluzione Onu ha comunque aperto una frattura fra i Paesi Ue: Berlino si è astenuta, la no-fly zone comporta "rischi e pericoli considerevoli" secondo il ministro degli Esteri Westerwelle. La Germania, in passato, ha espresso anche dubbi sulla missione in Afghanistan. Al momento, i tedeschi sembrano più impegnati dalle prossime tornate elettorali che sul destino della Libia.
Il ruolo dell’Italia, invece, inizia a delinearsi. Il ministro degli Esteri Franco Frattini – alla luce delle decisioni del Consiglio di sicurezza del’Onu al centro della riunione del Consiglio dei Ministri che si è da poco concluso a Palazzo Chigi, nel corso dell’informativa davanti alle commissioni Difesa riunite di Camera e Senato – ha assicurato che il nostro Paese ”parteciperà attivamente alla risoluzione dell’Onu”.
Il capo della Farnesina ha sottolineato che ”l’indicazione di attiva partecipazione comprende l’uso delle basi militari, e non solo”. La determinazione italiana, ha aggiunto Frattini, ha le proprie radici nella necessità di ”marcare la condivisione sostanziale” alla risoluzione; alla necessità di ”essere ben presenti in un terreno che ci riguarda da vicino”; nella necessità di marcare ”l’assoluta fedeltà dell’Italia alla prospettiva atlantica, dell’Onu e della Ue”.
Tardi nella serata il titola della Farnesina è tornato a parlare di Libia. Il ministro degli esteri italiano Franco Frattini ha affermato: "Secondo me il cessate il fuoco non reggerà” e in Libia "ci saranno attacchi". Il titolare della Farnesina ha comunque sottolineato che "la comunità internazionale è coesa sul principio che Gheddafi deve lasciare".
L’Italia intende non solo mettere a disposizione le proprie basi, ma partecipare «fino in fondo» alle operazioni aeree autorizzate dall’Onu "per salvare le vite dei civili libici". Lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, parlando con i giornalisti a Palazzo Madama: "non ci limiteremo a dare ad altri le chiavi di casa nostra", ha affermato, ribadendo che non ci sarà invece alcun intervento di terra. "La risoluzione dell’Onu – ha detto – vieta nella maniera più tassativa la possibilità di un utilizzo di militari a terra: quindi non solo per noi, ma per chiunque, non ci sarà concorso di fanteria, di carri armati, di Lince, di mezzi. Sul territorio libico non ci andrà nessuno".
Al contrario, ha aggiunto La Russa, "c’è una richiesta di attuare una ‘no fly zone’, vale a dire un tentativo via aerea di impedire che vi sia un bombardamento, che siano messe a repentaglio le vite dei civili libici. Su questo non possiamo dire ‘facciamo questo, facciamo quello’: abbiamo detto che siamo per la piena attuazione di quella risoluzione. Faremo tutto quello è necessario per salvare le vite dei civili libici e non ci limiteremo a dare le chiavi di casa nostra ad altri perchè ne facciano quello che ritengono più opportuno. Vogliamo contribuire a decidere che cosa si deve fare: noi siamo per una linea moderata e responsabile, ma una volta deciso vogliamo partecipare all’attuazione di questa decisione".
Anche in Parlamento italiano entra nella partita libica. Le commissioni unite Esteri e Difesa della Camera hanno approvato con l’astensione dell’Idv la risoluzione Onu sulla Libia. Al momento del voto mancavano i rappresentanti della Lega, di ‘Iniziativa Responsabile’ e i presidenti di entrambi le commissioni: Edmondo Cirielli della Difesa e Stefano Stefani degli Esteri. Proprio l’assenza della Lega, ha rievidenziato la contrarietà del Carroccio alla disponibilità a sostenere la ‘no fly zone’ sui cieli libici.
Il leader Umberto Bossi ha affermato di condividere la posizione della Germania (perplessa sulla decisione Ue) e poi disertando appunto le sedute delle commissioni Difesa e Esteri di Camera e Senato. Frattini minimizza: "Rispettiamo la Lega, ma la sua posizione non intacca la coesione della maggioranza". Al Cdm erano assenti Bossi (il Senatur aveva lasciato già ieri sera Roma) e Roberto Maroni (che però ha presieduto alle 17 il Comitato per l’ordine e la sicurezza sulla crisi libica). Per la Lega era presente solo Roberto Calderoli. Il ministro della Semplificazione normativa, raccontano, avrebbe chiesto chiarimenti, informandosi sugli effetti delle decisioni del governo in Parlamento.
Un passo in avanti lo aveva fatto già stamattina il Capo dello Stato Napolitano che ha sottolineato quanto sia impossibile rimanere indifferenti di fronte alla "sistematica violazione dei diritti umani" che si sta verificando in Libia. Ad ogni modo, sull’intervento italiano pesa la minaccia lanciata dal governo libico. "Speriamo che l’Italia si tenga fuori da questa iniziativa", ha detto il viceministro degli Esteri libico Kaaim, commentando la disponibilità del governo italiano a consentire l’utilizzo delle basi sul territorio italiano per la no fly zone.
A Bengasi sono scese in piazza migliaia di persone per festeggiare la notizia della risoluzione delle Nazioni Unite, innalzando la bandiera della Senussia, diventata il simbolo della rivoluzione scoppiata lo scorso 17 febbraio. Nel frattempo i ribelli si preparano all’ultimo assalto annunciato dal Colonnello Gheddafi, che nel giro di pochi giorni è riuscito a ribaltare la situazione stringendo d’assedio l’epicentro della sollevazione. Secondo il WSJ la giunta militare al governo in Egitto avrebbe già iniziato ad inviare armi in Libia, per sostenere i ribelli, una mossa che non può non essere stata concordata con Washington. I rifornimenti sarebbero in prevalenza mitragliatori e munizioni. E’ la prima volta che un altro stato arma i ribelli libici. Il Cairo fa comunque sapere che non parteciperà ad un intervento militare contro Gheddafi.