L’Italia prova a coinvolgere l’Iran nella sciarada chiamata Afghanistan

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L’Italia prova a coinvolgere l’Iran nella sciarada chiamata Afghanistan

20 Febbraio 2009

L’Italia potrebbe invitare l’Iran alla conferenza del G8 sulla stabilizzazione del confine tra Pakistan e Afghanistan che si terrà a Trieste nel mese di giugno. Un cambio di strategia che potrebbe essere annunciato già durante il prossimo vertice Nato di aprile. Ne ha parlato il ministro degli esteri Frattini a ridosso della visita lampo al comando militare italiano a Herat, dove le nostre truppe stanno vivendo una difficile situazione, almeno da un anno a questa parte.

Dopo aver allentato i caveat e lanciato i Tornado, il nostro Paese si prepara a soddisfare le richieste dell’alleato americano inviando nuove truppe in Afghanistan, le prime 200 forse già in occasioni delle prossime elezioni presidenziali. Nell’arco di pochi mesi il numero dei soldati italiani in Afghanistan potrebbe crescere fino a 2.800 uomini. Dai tempi di Prodi, l’Italia è sempre stata a fianco degli Usa nella lotta al terrorismo. Siamo il terzo contributore della Nato in Afghanistan e l’importanza della missione italiana è stata riconosciuta e apprezzata dalla speaker della Camera americana, Nancy Pelosi, in visita in questi giorni a Roma.

Sull’Afghanistan, il governo Berlusconi è in sintonia con l’amministrazione Obama, come si era capito dalla telefonata tra i due. “In ambito Nato – ha detto la Pelosi – l’Italia è il miglior alleato degli Stati Uniti”. Concetto ripetuto anche dal capo di stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini.

Il nostro Paese però chiede uno sforzo maggiore da parte degli alleati europei. La Pelosi ha speso parole di prammatica per esaltare la nuova era di rapporti transatlantici tra gli Usa e l’Europa, segnando una forte discontinuità con “l’indifferenza” di Bush, come l’ha definita (ha anche detto che gli europei possono tranquillizzarsi: gli Usa non sono diventati protezionisti); ma l’America non cambierà rotta in Afghanistan visto che si appresta a inviare 30.000 uomini sul fronte talebano.

L’Europa invece è fatta di stati che vanno ognuno per conto suo, almeno se parliamo di politica estera. Tedeschi e francesi, che amano presidiare i consessi internazionali – quelle stesse cerimonie da cui spesso l’Italia resta esclusa – sanno raccogliere abilmente i frutti del lavoro altrui, come sta facendo la Francia con l’Iraq. Peccato che si sono impegnate un centesimo di quanto ha fatto l’Italia in Afghanistan.

Al vertice di Trieste il nostro paese potrà riaffermare il suo sforzo bellico nel contrasto del terrorismo, ma l’intenzione di Frattini è anche quella di lanciare un “surge” diplomatico, un’offensiva mirata per mettere l’Iran di fronte alle sue responsabilità, com’è accaduto in Iraq. L’Iran è un paese pericoloso ma fondamentale per la stabilizzazione dell’area che va dall’Iraq all’Afghanistan, dove sono impegnati direttamente gli Usa e la Nato. Coinvolgerlo come ospite al tavolo delle trattative potrebbe essere un modo di responsabilizzare Teheran sulle questioni di frontiera e la lotta al narcotraffico. Come ha scritto Ann Marlowe sul Wall Street Journal, "Ogni deputato afgano potrà dirti che gli iraniani, i pakistani e i russi pagano i politici dell’Afghanistan".

L’Italia potrebbe svolgere un ruolo di raccordo tra l’asse europeo franco-tedesco, più disponibile a trattare con i Talebani (ci pensano da tempo anche gli inglesi) e gli Stati Uniti, che in ogni caso andranno avanti come prima. Obama ha teso la mano ad Ahmadinejad. Ciò non toglie che l’Iran continui a rappresentare una minaccia per Israele e più in generale per gli interessi occidentali in Medio Oriente.

Frattini affronta una partita rischiosa che alla Farnesina promettono di giocare “attentamente”. Sulla scia di Obama, il governo italiano vuole dall’Iran collaborazione non condiscendenza. “Saggezza e vivacità”, come ha detto la Pelosi per allisciarsi Berlusconi.