Lo scandalo “News of the World” travolge tutti ma non Murdoch

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Lo scandalo “News of the World” travolge tutti ma non Murdoch

10 Luglio 2011

Mentre si sta sgonfiando lo scandalo Strauss Kahn, che nel frattempo ha perso la presidenza del FMI e la vittoria quasi certa alle  presidenziali francesi, è scoppiato a Londra quello dell’australiano Rupert Murdoch, con un impero multimediatico dall’Oceania all’Europa agli Stati Uniti all’Asia, il cui cuore è nel Regno Unito con giornali come il News of the World e il Times. Il NotW ha violato la privacy di migliaia di cittadini comuni, corrompendo poliziotti e militari e Murdoch lo ha chiuso, anche se gli inglesi non rimarranno senza scandali e gossip. Il NotW era il domenicale del Sun e sarà rimpiazzato dall’edizione domenicale del Sun, uno dei quotidiani più venduti.

Insieme a  Murdoch è nei guai David Cameron, il cui ex-portavoce Andy Coulson è con  Rebekah Brooks uno due ex direttori del NotW implicati nelle intercettazioni illegali. Difficile Murdoch abbia guai seri, perché è il kingmaker della politica inglese e senza il suo sostegno né Cameron né Blair avrebbero vinto le elezioni. Il Times e l’Economist chiedono a Cameron di indagare se altri tabloid abbiano fatto uso di intercettazioni illegali, ma James Harding, il direttore del Times famoso per gli editoriali contro Berlusconi, diffusi in Italia da Repubblica e il Corriere, è uno dei più fedeli servitori di Murdoch ed è inimmaginabile faccia una mossa ai danni del suo editore.

L’acquisizione di BSkyB, la tv satellitare, da parte del governo inglese è solo rimandata. Cadranno delle teste, ma l’impero non sarà scalfito anche perché Murdoch dà agli inglesi ciò che amano e di cui non possono fare a meno: gossip. NotW fu fondato nel 1843 e fu subito un successo: anche allora corrompeva poliziotti per pubblicare verbali dettagliati delle perquisizioni dei bordelli londinesi, interrogatori di prostitute, delitti e fattacci di ogni tipo. Agli inglesi, si sa, piace spiare e dello spionaggio hanno fatto un’arte. In guerra, in politica, nella finanza scoprire un segreto è importante. Se non lo è, lo si monta come la panna e si fa diventare uno scandalo. I media sono più efficaci dei vecchi cannoni: è bastata una visita del Cav. al compleanno di una diciottenne di Casoria per iniziare una campagna diffamatoria e distruggerne l’immagine.

The Clown’s mask slips era il titolo dell’editoriale del 2 giugno 2009 con cui Harding chiese le dimissioni a Berlusconi per non avere risposto alle dieci domande di Repubblica su Noemi e sugli scatti  del fotografo Zappadu nella villa al mare. I tabloid di Murdock sono pieni di donne nude, ma Harding si atteggiò a grande difensore degli italiani oltraggiati da un premier immorale. Il Corriere si limitò a tradurre Harding compiaciuto. “L’aspetto peggiore del comportamento di Berlusconi non è il fatto che sia un buffone sciovinista. E nemmeno che si accompagni con donne di 50 anni più giovani, abusando della sua posizione per offrire loro lavori come modelle, assistenti personali e anche, suona assurdo, candidate al Parlamento europeo. La cosa più choccante è l’assoluto disprezzo con il quale tratta gli italiani”. Più o meno la musica dell’Economist.

È sintomatico che il 7 luglio, mentre impazza lo scandalo di NotW, l’Economist sia  comprensivo con Cameron e attacchi duramente Berlusconi accusandolo di non volere restituire i soldi a De Benedetti. Più di obiettivi politici, ci sono obiettivi finanziari: l’Economist è finanziato dall’Economist Group, il 50% del capitale include membri della famiglia Rothschild e gli eredi di Giovanni Agnelli, mentre Carlo De Benedetti è nella holding guidata da Benjamin Rothschild, nella quale è entrata anche la Bank of China. Se consideriamo il rapporto con Rothschild di Harding – la moglie di Harding è figlia di Mark Weinberg, socio di lunga data dei Rothschild – e quello di Murdoch, molto interessato alla Cina e con una moglie cinese top manager, si capisce come Berlusconi venga visto come un guastafeste da cui liberarsi attaccandolo a tutto spiano.

Non c’è neppure bisogno di mettere su un grande complotto: la cultura e il giornalismo italiano erano schierati a sinistra nel 1994 e  lo sono rimasti. Da qui il piacere di Repubblica e del Corriere nel pubblicare le intercettazioni telefoniche delle ospiti delle feste di Berlusconi, di Bisignani o del consigliere di Tremonti e vederle poi pubblicate in inglese sul Times. Intercettazioni passati dai magistrati ai giornalisti: una specie di gioco al massacro del proprio paese che all’estero viene poi descritto come corrotto, mafioso, in declino.

Anche in quei pochi collaboratori e giornalisti non di sinistra del Corriere,  prevale un atteggiamento di disprezzo nei confronti dell’Italia e di devozione beota nei confronti dell’Inghilterra. Né il Corriere, né Repubblica hanno dedicato editoriali di biasimo per le intercettazioni di migliaia di inglesi, familiari di soldati caduti in Afghanistan e in Iraq, vittime dell’attacco del 7 luglio o di delitti comuni. Se fosse accaduto in Italia e se Cameron fosse stato Berlusconi avremmo avuto la richiesta di dimissioni e manifestazioni di protesta in tutto il paese. Nessun editorialista del Corriere ha mai replicato ai commenti del Times e dell’Economist. L’atteggiamento di sudditanza nei confronti del Times di Harding o dell’Economist è il risultato di una cultura vecchia,  che ha  fatto del Regno Unito un feticcio.

Il disprezzo per gli italiani e l’ammirazione per gli inglesi c’era anche in uomini di destra come Montanelli, che non aveva digerito la guerra perduta. Se la sinistra è fissata con la Francia che ha tagliato la testa al re e ai preti, la destra “liberal-nazionale” del Corriere è fissata con l’Inghilterra con la regina papessa, tutte quelle belle cerimonie, tutti quei cappellini. L’Inghilterra reale è tutto tranne che un paese di gentleman privo di corruzione, dove tutto va bene, ma al Corriere piace immaginarla così e fingere che Murdoch sia solo un signore australiano che permette agli italiani di vedere Mad Men, mentre celebra il centocinquantesimo anniversario del Regno d’Italia. Peccato che alla festa della Repubblica non siano venuti anche William e Kate: il Corriere si sarebbe finalmente sentito italiano.