Lo schiaffo americano agli armeni è un altro dei successi di Erdogan

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Lo schiaffo americano agli armeni è un altro dei successi di Erdogan

26 Aprile 2010

In queste settimane il premier turco Erdogan sta dimostrando nei fatti che la Turchia è in una fase di forte espansione diplomatica. Sabato scorso Obama non ha usato la parola “genocidio” parlando in occasione della giornata della memoria per lo sterminio armeno; una scelta benvista da Ankara che l’ha interpretata come un segno di rispetto degli Usa verso l’alleato Nato che, ultimamente, sembra muoversi liberamente rispetto alle relazioni più strette del passato. Oggi la Turchia può scegliere fra una buona dose di opzioni strategiche, favorita da una serie di indici economici in crescita (Pil, export).

Gli armeni si sono ribellati, hanno manifestato in Piazza bruciando le foto dei generali turchi ed Erdogan ha potuto spiegare che questi “estremismi” vanno contro il processo di normalizzazione in corso con Ierevan. Ankara è in una fase storica ascendente, dal Caucaso ai Balcani; molti Paesi arabi, inoltre, guardano a quello turco come un baluardo contro l’espansionismo iraniano, e al tempo stesso una potenza in grado di favorire i palestinesi nella loro lotta contro lo Stato d’Israele. Recentemente, nella capitale, è apparso un grande cartellone in cui si vedeva il Presidente israeliano Peres inchinarsi dinanzi a Erdogan.

Un altro scenario in cui si manifesta l’espansionismo turco sono i Balcani, e proprio nei giorni scorsi il ministro degli esteri di Ankara si è incontrato con i rappresentanti dei governi serbo e spagnolo per discutere della questione relativa allo status nazionale del Kosovo, e per evitare che il prossimo vertice di Sarajevo, previsto il mese di giugno, sia un altro fallimento per l’assenza di Belgrado (che non partecipa ai vertici dove sono presenti autorità kosovare).

Il Kosovo si è separato dalla Serbia che non ha mai accettato la secessione. Nemmeno la Spagna, che sarà presente al vertice di Sarajevo come Paese alla guida della UE, riconosce l’indipendenza di Pristina. Ma gli albanesi-kosovari hanno ritrovato un alleato in Ankara. Se la Turchia, magari con l’assenso dei Washington, riuscisse a mettere il cappello diplomatico sulla questione kosovara, con Pristina cadrebbe uno degli ultimi argini alla penetrazione economica e migratoria turca verso l’Europa. Tutto questo renderà più complesso l’eventuale ingresso di Ankara nella Unione, anche se a questo punto è opportuno chiedersi quanto Erdogan lo voglia davvero.

La progressiva ritirata russa dai Balcani e la riavanzata della Turchia nei territori che furono dell’impero ottomano è uno scenario che non piace alla signora Angela Merkel, che è dovuta intervenire direttamente nel dibattito pubblico tedesco per spiegare che in Germania non si apriranno dei licei turchi, come aveva chiesto il Presidente Erdogan.