Lo sconto Irpef serve per far ripartire i consumi e per diffondere ottimismo

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Lo sconto Irpef serve per far ripartire i consumi e per diffondere ottimismo

Lo sconto Irpef serve per far ripartire i consumi e per diffondere ottimismo

13 Novembre 2009

E’ una buona misura la riduzione dell’acconto fiscale di fine novembre approvata dal Consiglio dei Ministri. Una misura «tampone» utile a stimolare i consumi e a consentire una più pacata riflessione (anche alla luce del progredire della crisi) sull’auspicata riforma fiscale per lavoratori, famiglie ed imprese che potrebbe così prendere piede il prossimo anno (come promette, in parte, la Finanziaria). Si poteva fare di più? Certamente no, in questo presente. Si poteva fare diversamente? Sicuramente sì. Per esempio si poteva estendere il beneficio a Irap e Ires (come previsto in un primo momento), ma questa scelta avrebbe vanificato buona parte del potenziale beneficio che ora ci si può attendere dalla riduzione fiscale limitata all’acconto dell’Irpef (l’imposta sul reddito pagata dalle persone fisiche).

Al momento non è ancora trapelata alcuna bozza del provvedimento (dovrebbe essere un decreto legge); per cui resta l’incertezza sulle notizie diffuse dalla stampa. Intanto, arrivano buone notizie sull’andamento congiunturale: l’economia italiana riparte dopo 15 mesi di caduta continua. Infatti, nel terzo trimestre del 2009 – secondo le stime preliminari dell’Istat – il Pil è aumentato dello 0,6% rispetto ai tre mesi precedenti (contro il – 0,5% di aprile-giugno), segnando la prima crescita dopo cinque trimestri di dati negativi. Nel confronto con lo stesso periodo dell’anno scorso, invece, il Pil è diminuito del 4,6%, dopo il – 5,9% del secondo trimestre (dato rivisto leggermente al rialzo, era stato indicato a – 6%). L’aumento congiunturale – spiega l’istituto di statistica – è il risultato di una crescita del valore aggiunto dell’industria e dei servizi e di una diminuzione del valore aggiunto dell’agricoltura. Il terzo trimestre del 2009 ha avuto 4 giornate lavorative in più rispetto ai tre mesi precedenti e una giornata in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Migliora infine anche il calo del Pil già acquisito per il 2009, ovvero quello che si avrebbe a fine anno se non si registrano ulteriori variazioni: si porta a – 4,8% dal – 5,1% calcolato nel secondo trimestre.

Tornando alla misura fiscale, la riunione del Consiglio dei Ministri ha deciso di tagliare l’acconto dovuto a fine novembre limitatamente all’imposta Irpef. Contrariamente a quanto annunciato in un primo momento, quindi, la riduzione non riguarda (pure) l’Irap e l’Ires. Inoltre, diversamente dalle anticipazioni, la misura del taglio non gira attorno a un 2-3%, ma consiste di un 20%: l’acconto Irpef dovuto per l’anno 2009, pertanto, scende dal 99% al 79%. Ciò significa che chi paga l’Irpef, durante il corrente anno (tra giugno e novembre), dovrà anticipare il 79% (e non più il 99%) della stessa imposta pagata per il 2008 il che, praticamente, si traduce in una riduzione del versamento dovuto a fine novembre dal 59% al 39% (perché del 99% dovuto, il 40% si versa a giugno e il 59% a novembre: la riduzione del 20% di conseguenza va a finire tutta sulla percentuale di acconto dovuta a fine mese).

La misura ha «l’obiettivo di garantire strumenti di ausilio nella particolare congiuntura economica in corso di superamento», spiega il comunicato stampa diffuso al termine della riunione del Consiglio dei Ministri, prevedendo «il differimento di acconti di imposta». Infatti, la riduzione dell’acconto non equivale a uno «sconto»: la misura opera semplicemente un rinvio, ai contribuenti, dell’epoca in cui dovranno sopportare l’esborso finanziario: da questo mese di novembre a giugno del prossimo anno. Quanto sarà versato in meno a fine mese, cioè, andrà pagato la prossima estate in sede di versamento del saldo delle imposte per il 2009 con l’appuntamento di Unico2010 o del 730/2010. In questo modo, dunque, la riduzione dell’acconto non equivale a «sconto» e risulta “neutra” per le casse dello Stato: consente di “utilizzare” ma non di “spendere” il gettito dello scudo fiscale. Poiché questo gettito va nel bilancio 2009 (l’imposta si paga entro il 15 dicembre) ma il governo ha intenzione di impiegare quelle risorse nel 2010, allora con il rinvio dell’acconto la partita chiude in pareggio: i minori versamenti (di novembre) rappresenteranno un surplus di risorse per il prossimo anno (con la differenza in più pagata a giugno) quando si potrà mettere in cantiere una più vivace riforma fiscale.

Potenziali destinatari della riduzione dell’acconto fiscale sono tutti i contribuenti persone fisiche e le società di persone, cioè i soggetti che pagano l’Irpef. Si spartiranno i 3,8 miliardi di euro preventivati per l’operazione e reclutati, come detto, dal gettito dello scudo fiscale. Ovviamente, della riduzione si potrà beneficiare solamente nell’ipotesi in cui è dovuto un acconto Irpef. Allora verrà fruita certamente dal popolo delle partite Iva (professionisti, artigiani, commercianti, co.co.co. con partita Iva) e dalle società personali, mentre restano fuori i lavoratori dipendenti, perché pagano l’Irpef alla fonte con trattenute in busta pagata. Per beneficiare anche loro della riduzione devono trovarsi nelle condizioni di dover presentare la dichiarazione dei redditi (Unico o 730), situazione che si verifica per chi abbia altri redditi (oltre quello da lavoro dipendente) da dichiarare al fisco. Si tratta, allora, dei soggetti che hanno un secondo lavoro o altri redditi quale, ad esempio, una casa in affitto.

La riduzione dell’acconto Irpef di fine mese è destinata a produrre due effetti positivi: uno pratico, l’altro psicologico. Entrambi sono legati alla situazione economica del presente. L’effetto pratico è quello di mettere in tasca agli italiani 3,8 miliardi di euro. Non è poca cosa. Serve capire, però, se e quanto di questi soldi finirà in consumi. Qui bisogna tener conto anche del secondo effetto, quello psicologico. Il quale suggerisce che non solo tutti e i 3,8 miliardi di euro finiranno in consumi, ma che addirittura ad essi se ne aggiungeranno altri. L’effetto pratico, infatti, è quello di “liberare” ai contribuenti il gruzzoletto risparmiato e vincolato per i versamenti di fine mese. Si tratta di soggetti, molto plausibilmente, con redditi medio-alti, quindi maggiormente propensi al consumo. Una propensione che è destinata ad accentuarsi – ecco l’effetto psicologico – dal rinvio di un obbligo di pagamento di tasse (cosa provereste se, avendo preparato l’F24 per versare 10 mila euro di Irpef, improvvisamente vi viene detto che il versamento si riduce a 8 mila?).

In conclusione, dunque, la riduzione dell’acconto fiscale di fine novembre è una buona misura. Non può essere diversamente per chi (come chi scrive) sostiene che il vero problema delle industrie oggi è la mancanza di ordinativi; che per dare avvio alla ripresa economica c’è bisogno di rimettere in moto gli acquisti; che per stimolare il consumo, la via obbligata è quella di rifornire di soldi i consumatori, riducendo a loro il prelievo fiscale. Si tratterà pure “solo” di una misura «tampone» come accennato all’inizio, ma certamente ben più giudiziosa di un’affrettata abrogazione dell’Irap (che ci sarà, perché promessa dal Governo).

Con il bilancio pubblico e una crisi economica (forse) alle spalle, non ci si poteva permettere di disperdere risorse e tesoretti, ma bisognava puntare a una politica economica per il Paese. Non una politica di rigore o una politica dello sviluppo, ma una politica di prudenza e di coesione: ecco, sembra quello che sia (per un poco) avvenuto.