Lo scontro Fini-Berlusconi è un elemento di maturazione del Pdl

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Lo scontro Fini-Berlusconi è un elemento di maturazione del Pdl

29 Aprile 2010

Il dibattito politico di questi giorni ci costringe a porci domande impegnative. La prima è apparentemente semplice: ma sarà vero che il percorso migliore per andare da un punto all’altro sia la linea retta? La seconda potrebbe chiedersi: se è vero che Machiavelli è il fondatore della moderna politica, il machiavellismo della moderna politica gli rende onore?

Rispondere a queste domande forse potrebbe contribuire a ragionare in modo diverso davanti al teatrino politico con, questa volta, il PDL alla ribalta. Avevamo pensato che nel centro destra non potesse accadere, abituati come siamo allo spettacolo del centro sinistra che va avanti senza fine e purtroppo senza cambiare gli attori.

Nelle ultime ore i “dalemiani” si sono scatenati nel creare allarme attorno all’ipotesi elezioni anticipate, che sarebbero volute da Berlusconi, per raggiungere due obiettivi: azzerare Fini ed evitare la si cura disfatta nel 2013. Complimenti, non cambiano mai, troppo occupati nelle guerre di corridoio in un partito in cerca d’identità politica (e di elettorato), continuano a pensare che Berlusconi sia un dilettante di politica mentre la storia – che piaccia o no – dimostra il contrario.

Per il momento ,quindi, la partita si gioca “in casa”. Le opposizioni politiche possono solo continuare a gridare al pericolo fascista – come l’ IDV – o tifare tatticamente per quello che sembra il nuovo nemico giurato del Cavaliere, “il neo-compagno Fini”. In ogni caso rimangono sulla panchina; torniamo quindi a destra e cerchiamo di capire quale evoluzione si profila o meglio quale evoluzione auspicare.

Osservando Berlusconi da più di 20 anni, si può pensare che semplicità e costanza siano di fatto i fondamenti del pensiero berlusconiano. Il suo modo di intendere la politica spiazza quelli che pretendono ispirarsi a Machiavelli e negano la supremazia della linea retta. La sua constante logica è cosi diversa che sposta ogni interlocutore, è cosi “plenaria” che nega nei fatti più che nei principi, la contraddizione: la trova raramente al suo livello. Cosi, forte del risultato alle ultime elezioni regionali, ha ulteriormente riaffermato la sua leadership.

La questione è che non sempre la legittimità delle urne, soprattutto quando rimane ancora lontana da un completo plebiscito, può giustificare l’abuso accentratore.

Certo sappiamo che il PDL non è ancora un partito giunto a completa maturazione e non vanno neppure invidiati i vecchi partiti i quali si perdevano in mille correnti assomigliando sempre di più al delta del Gange… E’ dunque sicuramente opportuno definire un nuovo modello di funzionamento del partito.

Una prima risposta ci viene forse proprio dalle recenti posizioni di Fini. In questo caso lo spettacolo tanto atteso da chi sogna la fine del PDL a sinistra, non solo si farà aspettare ma potrebbe essere evitato proprio grazie allo scontro in atto.

Da anni con la Fondazione Fare Futuro si cerca di dare delle risposte di destra ai problemi della modernità, in certi casi anche difficili per il nostro elettorato, ma coraggiose; Fare Futuro cerca di teorizzare ciò che potrebbe servire ad una nuova generazione politica di destra. Niente a che fare dunque con “la rottura”. Una delle conseguenze di questa ricerca è propri il faccia faccia tra Berlusconi e Fini di giovedì scorso.

Fini ha certamente la capacità irritare Berlusconi e di sicuro è in sofferenza per il fatto che molti suoi ex “fedelissimi” l’abbiano lasciato – per il momento. Ma la logica del suo agire – se la si guarda bene – si inserisce appieno nelle prospettive del Pdl e non è in contrasto con la leadership di Berlusconi. Vade retro dunque chi lo spinge alla rottura! Forse andrebbe ricordata questa citazione di Sacha Guitry nella definizione del suo rapporto con le donne…”je suis contre les femmes, tout contre…” (tout contre può anche essere tradotto come “vicino, vicinissimo ndr.)

Nel suo agire Fini rivela una sua forte volontà di modernizzare l’Italia in una direzione in cui la modernità capitalizzi la tradizione e non se lasci soffocare. Se Berlusconi comprende questo approccio non avrà difficoltà a trattare argomenti anche molto lontani dalla sua sensibilità o comunque non in linea con le sue opinioni.

All’ordine del giorno ci sono temi specifici come l’immigrazione, una laicità vera che sia in grado di rafforzare le nostre radici cristiane e molto altro ancora. Parliamone nel PDL, parliamone per farne un partito moderno italiano ed europeo. E parliamo anche di ciò che era nel nostro programma: taglio dei parlamentari, bicameralismo imperfetto, abolizione delle Provincie, quoziente familiare, riforma del welfare

Lo stesso vale anche quando si parla di riforma della Costituzione….E’ sbagliato temere cosi tanto un’evoluzione della nostra carta fondamentale come mostra di fare la sinistra. Però, inspirarsi alla costituzione della V Repubblica francese, mi sembra un esercizio difficile: una storia diversa, uomini diversi. Certo la nostra democrazia parlamentare deve potere offrire anche garanzie efficienza e di stabilità.

De Gaulle diceva…”moi, De Gaulle, la France”. Certo lui è stato la Francia, certo lui si è fatto da parte quando la Francia l’ha rifiutato, certo lui poteva.

In Italia, la demonizzazione costante di Berlusconi orchestrata dalla sinistra e da tutti poteri ad essa collegabili non ha bloccato di fatto l’emergere di una alternativa perché nel centro destra è scattato un fenomeno di reazione e di difesa.

Forse è venuto il tempo di pensare che tutto quanto accaduto negli ultimi giorni sia di fatto la legittimazione politica del PDL in quanto partito moderno, in grado di avere riflessione interne, dove il successo elettorale non è plebiscito ma fonte di convergenza e rispetto verso chi vince le battaglie. Per questo potremmo essere oggi meglio in condizioni di pensare a una Costituzione nuova in vista finalmente di una vera Seconda Repubblica, non quella virtuale con cui ci balocchiamo dalla metà degli anni novanta. Una costituzione forte dei suoi principi fondativi, ma ricca di modernità in grado di interpretare le differenze e le ricchezze di questo l’Italia (senza “cucinare” la costituzione francese della quinta repubblica all’italiana…sarebbe come la carbonara senza la pancetta).

E’ tempo dunque di capitalizzare le differenze e non di esasperarle, questo dovrebbe essere il futuro del PDL e la vera conclusione degli eventi della settimana scorsa.

*Emmanuel Gout

Membro del Comitato promotore della Fondazione Fare Futuro