Lo slogan di Tadic “sia Ue, sia Kosovo” rischia di far deragliare la Serbia

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Lo slogan di Tadic “sia Ue, sia Kosovo” rischia di far deragliare la Serbia

02 Novembre 2011

"Belgrado vuole il ritorno ai negoziati perché senza i negoziati non possiamo arrivare a dei risultati, risolvere i problemi della gente e proteggere gli interessi vitali nazionali", ha dichiarato due giorni fa il presidente serbo Boris Tadic ai giornalisti durante la Fiera dei libri di Belgrado. Ma i promotori del Movimento Europeo in Serbia accusano il governo di Belgrado di non avere nessun idea del futuro.

Una delle voci più attente voci serbe sul tema Kosovo e allo stesso tempo il più controcorrente, il sociologo Dusan Janjic ha criticato fortemente il Presidente Tadic “per non essere riuscito a convincere le autorità locali a prendere accordi con la Kfor” sulla questione dei valichi di frontiera tra Serbia e Kosovo.

Pristina e i governi che sostengono il raggiungimento della sua piena indipendenza hanno usato la situazione in Kosovo per sgelare il "frozen conflict" ovvero sbloccare la situazione e creare una nuova realtà, che tradotto significa – come ha detto il cancelliere tedesco – smantellare tutte le strutture parallele nel nord del Kosovo.

Il sociologo e l’analista politico Janic durante un intervista chiarisce l’arcano: “Ci sono due livelli istituzionali nel nord del Kosovo: uno è quello dei corpi amministrativi controllati da Belgrado, il secondo livello – quello che preoccupa più l’Ue probabilmente – è quello della sicurezza".

Esiste un apparato di sicurezza parallela formata da ex-ufficiali dei servizi di sicurezza serbi, ex-poliziotti ancora ben connessi all’interno del governo serbo, ben connessioni con una parte del crimine organizzato locale”. Il problema è però che l’Europa, per far avviare il dialogo, aveva fatto promesse alle due parti: a Pristina la liberalizzazione dei visti e a Belgrado lo status di candidato per l’Ue.

Il retroscena

A metà giugno l’Ue frena fortemente sulla liberalizzazione dei visti per i cittadini kosovari alienandosi la loro collaborazione. A questo punto Hashim Thaci, primo ministro del Kosovo, ha cercato una soluzione e ha ritenuto che il controllo amministrativo del Kosovo del nord avrebbe potuto rappresentare una via d’uscita dall’impasse.

Si tenga conto che l’anno prossimo ci saranno le elezioni a Pristina. Dall’altro lato Belgrado ha messo la questione politica sul piatto lo status, giusto per mostrare che Tadić teneva duro sul suo slogan "Sia Europa sia Kosovo".

Quando Belgrado ha capito che ci sarebbe potuto essere un vero dramma sullo status di candidato per la Serbia e che non sarebbero state fissate le date dei negoziati, ha avviato una campagna sciovinista molto forte. Tadić voleva evitare qualsiasi tipo di risultato vero, non voleva alcuna responsabilità sull’implementazione degli accordi.

Ci sono comunque delle novità: i serbi nel nord del Kosovo hanno cominciato a rimuovere le barricate consentendo ai membri della squadra di collegamento, monitoraggio e controllo (Cmc) della missione militare Nato (Kfor), di passare dal posto di blocco a Zupce.

I serbi locali, come si erano impegnati a fare, hanno liberato una corsia per il passaggio delle truppe di Kfor. I membri del Cmc hanno attraversato la barriera e hanno raggiunto il valico di confine con la Serbia di Brnjak.

Belgrado ha tempo fino al Consiglio Europeo di Dicembre per convincere i membri dell’Unione ad accettare la sua candidatura ufficiale. La Commissione Europea ha raccomandato che la Serbia sia candidata all’ingresso nell’Unione Europea come riconoscimento per le riforme democratiche e per la cattura dei criminali di guerra latitanti, ma anche detto che il nuovo status della Serbia è condizionato alla ripresa dei colloqui sulla cooperazione pratica con il Kosovo.