Lo spacchettamento sarebbe una falsa soluzione ai problemi del centrodestra

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Lo spacchettamento sarebbe una falsa soluzione ai problemi del centrodestra

06 Dicembre 2012

La situazione ancora confusa e slabbrata in cui versa il Pdl e, più in generale, il centrodestra, non consente valutazioni complessive; troppo è ancora irrisolto o indeterminato, tanto potrebbe mutare da un momento all’altro. Pure, è forse possibile svolgere qualche riflessione su un aspetto particolare (ma certo non secondario), come quello della maniera in cui il centrodestra vuole presentarsi alle elezioni. Una riflessione che può aiutare a comprendere meglio quali sono le poste in gioco e quali le alternative possibili.

In queste settimane, si è parlato spesso della possibilità di andare alle elezioni con uno spacchettamento del partito. Presentarsi cioè con due o tre liste diverse. La finalità di una simile mossa può essere così riassunta: allargare lo spettro elettorale del centrodestra aumentandone i consensi. La proposta merita di essere discussa, non solo perché appare sempre più probabile, ma perché essa esprime in estrema sintesi i difetti che hanno caratterizzato l’azione del centrodestra nel corso di quella che si è soliti chiamare la seconda repubblica.

Dal 1994 in avanti in Italia la contesa politica ha offerto un andamento schizoide. Alle elezioni politiche si è avuta l’impressione di un sistema sostanzialmente bipartitico, nel quale si confrontano una destra e una sinistra, ciascuna con un proprio leader candidato a premier. La discussione, bene o male (più male che bene a dire il vero), ha ruotato attorno ad alcune opzioni individuabili: le tasse, l’ordine pubblico, l’inflazione, le pensioni, i tagli, etc. Se si mettono da parte gli strepiti dei talk show, in quei momenti la lotta politica italiana è parsa svolgersi in modo abbastanza simile a tutte le democrazie avanzate.

Dopo le elezioni si è conosciuto sempre un progressivo svaccamento. Anche quando non ci sono stati ribaltoni o semiribaltoni, è cominciata una deriva trasformista che ha intorbidato le acque, penalizzando man mano la governabilità.

La ragione di questo ricorrente scompenso va ricercata anzitutto nel mancato adeguamento delle regole del gioco. Una riforma costituzionale in senso presidenziale, o di premierato forte, sarebbe stata in grado non solo di dare stabilità ai governi, ma anche di castigare il trasformismo incombente. Come tutti sappiamo questo obiettivo non è stato perseguito in modo convinto e deciso dalla leadership del centro destra. L’unico tentativo serio è stato esperito durante la XIV legislatura, ma è stato infelicemente egemonizzato dalla Lega e si è concluso con una sonora sconfitta.

Adesso, di fronte alla prospettiva di un successo elettorale del Pd e dei suoi alleati, per limitare i danni non si pensa a rilanciare l’iniziativa politica ma si fa ricorso a una strategia elettoralistica: presentare un’offerta diversificata in modo da raccogliere consensi in vari ambiti e impedire una vittoria netta del centrosinistra. Una simile scelta riuscirà, forse, a portare qualche voto in più, ma in prospettiva rischia di risultare esiziale. Lo spacchettamento, infatti, incoraggerebbe da subito le spinte centrifughe, offrendo alimento al trasformismo e rendendo il paese ancora più ingovernabile.

Anche in caso di rimonta e di successo di misura (perché la campagna elettorale è ancora da fare e molti elettori sono indecisi) la vittoria rischia di essere vanificata subito dalla frammentazione politica che le liste spacchettate produrrebbero.

Un risultato ancora più probabile se si pone mente al fatto che i regolamenti parlamentari vigenti non sono in grado di arginare una indebita proliferazione di gruppi (come si è visto nel caso di Futuro e libertà) e nulla fa sperare che a questo difetto si possa porre rimedio dopo le elezioni.

In sostanza, è  meglio perdere con una sola lista che sia la proiezione elettorale di un unico partito, che accattare anche parecchi punti in più con più liste che configurano un quadro di disgregazione. Una sola lista impostata su di un chiaro progetto di riforma costituzionale può offrire una direzione di marcia per affrontare con successo nemici altrettanto  pericolosi che il centrosinistra. Altrimenti la lotta al trasformismo e all’antipolitica diverrà ancora più difficile.