Lo spettro dell’Unione incombe ancora su Napoli e sull’Italia
01 Febbraio 2011
Uno spettro si aggira per l’Italia: l’Unione. Il catastrofico esito delle primarie del Pd a Napoli, oltre al triste scenario fatto di accuse di brogli e cinesi in fila, consegna all’Italia il quadro di quello che potrebbe essere il panorama politico in caso di vittoria dell’attuale centrosinistra. Andiamo con ordine e ricostruiamo gli eventi.
All’indomani dell’esito della consultazione, il risultato è stato congelato per l’accusa di gravi irregolarità rivolte ad Andrea Cozzolino dai suoi avversari. Giovedì 27 gennaio Bersani convoca a Roma il tavolo degli alleati, a cui avrebbero dovuto partecipare Pd, Sel, Verdi e Federazione della Sinistra. Il tavolo salta perché Vendola impone ai suoi di non prendervi parte. Gli esponenti di Sel obbediscono e rilasciano un comunicato in cui dichiarano: "Le primarie non si cancellano con le decisioni dei "capibastone". Non ci prestiamo al giochetto di delegittimare le primarie come strumento indispensabile di partecipazione. Chiediamo alla Commissione di Garanzia di esprimersi in tempi certi". Contrordine, compagni. Abbandonare il campo e rilanciare la palla all’unico organo deputato ad emettere una sentenza sull’esito del voto, il Comitato dei Garanti, che ha il compito di proclamare il vincitore ed accertare la regolarità delle primarie.
Nel contempo ognuno si lascia andare a dichiarazioni a ruota libera. Il coordinatore dei Verdi, ad esempio, forte dei suoi 17mila voti delle regionali conquistati nella città di Napoli, corrispondente ad un ricco 1,29% (in tutta la Regione Campania ne saranno 29mila), chiede a Saviano di candidarsi in rappresentanza di tutta la coalizione. A sua volta Tommaso Sodano, consigliere provinciale di Rifondazione Comunista, invita i suoi ad abbandonare la coalizione e candidarsi in modo autonomo con Libero Mancuso sindaco.
Ma i colpi di scena non finiscono qui. Il tempo di rimettersi in treno e ritornare a Napoli che il quadro conosce un’ulteriore evoluzione. Il Collegio di Garanzia per le Primarie del centrosinistra di Napoli comunica la sospensione dei propri lavori per le dimissioni di tre dei suoi componenti. Per la precisione, Francesco D’Ippolito (Sinistra Ecologia e Libertà), Antonio Frattasi (Federazione della Sinistra) ed Enrico Ricciuti (Partito Socialista) rimettono il loro mandato e paralizzano, di fatto, l’attività dell’organo. I ben informati malignano che in realtà Vendola ed i suoi stiano giocando di sponda con Cozzolino. Nonostante il ricorso presentato per dichiarata volontà di Libero Mancuso in contrasto con i dirigenti campani di Sel, il Nichi nazionale si precipita a fare gli auguri al vincitore ed i suoi richiedono fin da subito il riconoscimento del risultato. L’accusa che gli viene rivolta è che molti di essi sono cresciuti all’ombra della stagione politica del bassolinismo, ed oggi una parte significativa ricopre incarichi in Consigli di Amministrazione delle Aziende municipalizzate del capoluogo partenopeo. Non a caso, nella stessa giornata, Cozzolino, che da solo ha raccolto più voti dei Verdi della città di Napoli, chiama a raccolta i suoi sostenitori al Palapartenope e comunica di non essere intenzionato a mollare. Bersani, invece, decide di defenestrare il segretario provinciale e commissaria il partito, inviando da Roma il giovane deputato Andrea Orlando.
Meno di 24 ore ed un altro protagonista fa il suo ingresso in scena. Antonio Di Pietro rompe gli indugi e annuncia la candidatura a sindaco di Luigi De Magistris per conto dell’IdV. Ad inquinare le acque si aggiunge Pierferdinando Casini, che dichiara da Todi che il Terzo Polo avrebbe potuto sostenere Umberto Ranieri in caso di una sua vittoria. Nelle stesse ore il coordinatore regionale di Fli, Enzo Rivellini, faceva lanciare la sua candidatura a sindaco da uno dei nemici giurati dei futuristi, il vituperato parlamentare europeo della Lega, Mario Borghezio, per il quale avevano chiesto le dimissioni per le sue ignobili parole sull’Abruzzo non meno di una settimana fa.
Questo è il quadro. L’agenda prevedeva per oggi l’aggiornamento del tavolo del centrosinistra a Roma, ma l’incontro è stato nuovamente annullato. L’interrogativo è d’obbligo: quale centrosinistra si sarebbe riunito? E quante sedie avrebbe dovuto disporre Bersani al tavolo per i suoi ospiti?
Se pensavamo di aver lasciato alle nostre spalle una pagina buia della politica italiana in virtù della scelta maggioritaria di Veltroni, la sceneggiata napoletana ha portato agli occhi di tutti come potrebbe essere il futuro prossimo nel caso di vittoria del progetto del nuovo Ulivo di Bersani. Un assaggio del quale avrebbe voluto volentieri fare a meno. Sottoposto ai ricatti e ai veti di micro-partitini ed estemporanee formazioni politiche, con Vendola e Di Pietro che si alternano nel ruolo di guastatori, è chiaro che il Pd perde la sua centralità nella guida e nella definizione della linea della coalizione. Ed in questo contesto, D’Alema ha la geniale idea di riproporre la Santa Alleanza antiberlusconiana a livello nazionale, che metta insieme tutto ed il suo contrario.
Come ha egregiamente scritto Paolo Macry domenica scorsa sulle colonne del Corriere del Mezzogiorno, la soluzione finale sarà il tentativo di "rammendare un Pd pieno di buchi" ed il ricorso alla rituale "demonizzazione della destra, nella speranza che un Cosentino al giorno tolga il medico di torno". Bastava ascoltare le parole di ieri di Bersani al Tg1, che dichiarava la necessità di trovare una soluzione per non consegnare Napoli alla destra di Berlusconi e Cosentino. E non fa nulla se dagli atti della Procura sull’indagine sul percolato in mare emerge che Antonio Bassolino era "sempre bene a conoscenza della inadeguatezza degli impianti e degli illeciti in corso". Da garantisti, l’augurio è che l’ex governatore dimostri la propria estraneità a quanto gli viene imputato.
La realtà, piuttosto, è un’altra. Si è verificato uno scollamento profondo tra il centrosinistra campano e la città, nelle sue mille espressioni. La retorica antiberlusconiana non attecchisce più in una città profondamente delusa dalla cattiva amministrazione degli ultimi anni. Bersani farebbe bene ad interrogarsi sul perché esponenti della società civile, come il rettore Trombetti ed il professore Cosenza, hanno dato la loro disponibilità a contribuire al progetto riformista e di risanamento incarnato da Stefano Caldoro. Non basta avere un nemico per lanciare una proposta di governo e il ventennio berlusconiano lo dimostra. Ciononostante, il centrosinistra continua a seguitare nello stesso errore.
Sull’altro fronte, tutto tace. A parte la sterile discussione sui nomi, al momento ancora non è emersa una proposta politica chiara sul futuro di Napoli da parte del centrodestra. IL Pdl ed i suoi alleati hanno il dovere e la responsabilità di offrire alla città un’alternativa credibile, ma hanno anche il compito di illustrare, possibilmente in tempi rapidi, la propria idea di rilancio e di sviluppo della città. Non è immaginabile che possano pensare di vivere di rendita campando sulle disgrazie altrui, come non è immaginabile che continuino a determinare le loro scelte dalle nefaste vicende del centrosinistra locale.