“Lo Stato deve cambiare atteggiamento verso chi fa impresa”
02 Marzo 2010
"La prima rivoluzione da compiere consiste nel passare dal sospetto alla fiducia: bisogna cambiare l’atteggiamento dello Stato nei confronti di chi fa impresa". Parola di Raffaello Vignali(PDL), primo firmatario della proposta di legge 30 settembre 2009 che prevede lo "Statuto delle imprese", presentato il 19 Febbraio 2010, nell’aula magna della facoltà di economia di Bologna. Leggendolo si ha l’impressione di essere a una svolta epocale. I lavori stanno procedendo. La proposta è stata firmata da deputati di tutti i partiti politici.
Onorevole Vignali, quali sono gli obiettivi dello statuto delle imprese e quali sono le principali mosse previste per raggiungere questi obiettivi?
L’obiettivo dello statuto è quello di realizzare nel nostro Paese 2 rivoluzioni culturali. La prima consiste nel passare dal sospetto alla fiducia. Bisogna cambiare l’atteggiamento dello Stato nei confronti di chi fa impresa. Dagli anni ’70, tutte le leggi in materia sono state ispirate dal pensiero comunista o cattocomunista, per il quale, al di fuori delle società senza classi, la libertà umana è un male e gli imprenditori sono degli sfruttatori delle risorse comuni. Un approccio del genere porta a sospettare dell’uomo. Noi vogliamo cambiare questo approccio, vogliamo invertire la rotta. L’uomo è capace di bene e con la sua iniziativa realizza il bene per tutti. L’uomo è la risorsa principale che abbiamo e che dobbiamo valorizzare.
La seconda rivoluzione culturale riguarda proprio il metodo con cui fare le norme. Fino ad oggi, per colpa di una cultura statalista dominante nel nostro paese, le norme che venivano approvate erano pensate solo in funzione della grande impresa sindacalizzata, pur dovendo applicare le stesse norme anche alle piccole imprese. La Tyssen e il meccanico dietro casa oggi devono applicare la stessa legge sulla sicurezza. La Telecom e il negozio di telefoni all’angolo le stesse norme sulla privacy. Il 99% delle imprese in Italia sono micro, piccole e medie. Anche qui è necessario invertire la rotta. Non più dalle grandi alle piccole. Ma dalle piccole alle grandi. Bisogna cominciare a dare dei diritti a chi finora ha dovuto solo rispondere a dei doveri. Diritti verso la Pubblica Amministrazione, verso il fisco. Bisogna semplificare e dare libertà alle nostre imprese.
Nella presentazione è scritto che le nostre micro, piccole e medie imprese sono espressione del valore della famiglia, visto che in Italia una percentuale molto alta delle imprese è a conduzione familiare. Si è cercato di fare qualcosa alla luce di questo fatto?
In Italia, sempre a causa della cultura di cui parlavo prima, si sono accusate le imprese di “nanismo” e “familismo” e il nostro sistema di essere un’”anomalia”. E ancora oggi c’è qualcuno che riesce a parlare male della famiglia. Penso a un noto economista Italiano che vive in America, Alesina, che nel suo ultimo libro “L’Italia fatta in casa” cerca di accusare la famiglia come artefice dei mali dell’Italia. Io non ci sto. In Italia le imprese che ottengono i risultati migliori sono proprio le imprese familiari, ma non solo in Italia. Pensi che Auchan è un’impresa familiare, Michelin lo stesso. La famiglia è la risorsa fondamentale della nostra economia e della nostra società: la nostra debolezza non sta nel nostro modello, sta nel non crederci fino in fondo. Nel merito, lo Statuto, con riguardo alle famiglie, prevede il sostegno fiscale alle successioni. In Lombardia metà delle imprese che chiudono, lo fanno per mancata successione. Un’impresa che chiude è un patrimonio che si disperde. Fare pagare tasse sulla successione d’impresa (che Berlusconi tolse e Prodi rimise) è una follia: significa caricare un’impresa di costi impropri che sottraggono risorse agli investimenti.
Dalle parole ai fatti. Se la sua proposta di statuto delle imprese venisse approvata così come è adesso, l’Italia avrebbe una crescita sostenuta garantita almeno per il prossimo decennio. Quali sono gli ostacoli da superare? Tremonti è uno di questi?
Se vogliamo sperare in un nuovo sviluppo, bisogna valorizzare la libertà e la responsabilità delle persone. Grazie a Dio, l’Italia è piena di persone libere e responsabili che ogni giorno, rischiando in proprio, contribuiscono a creare e ad aumentare il benessere del nostro Paese. Oggi l’Italia è il paese dell’area OCSE in cui è più difficile fare impresa. Nonostante ciò è il paese con il più alto tasso di imprenditori. La nostra gente, costituisce un patrimonio inestimabile. Ma non si può pensare che si continui così per inerzia. Bisogna cominciare ad agevolare i nostri imprenditori. Con lo statuto delle imprese, vogliamo costruire un assetto libero, smantellando quello statalista di oggi. Per quanto riguarda Tremonti, lui non è un ostacolo. C’è da discutere, ma per quanto riguarda la messa in atto delle rivoluzioni culturali lui è completamente d’accordo, a condizione, ovviamente, che i conti rimangano a posto. Se lo statuto si approva così come è adesso, è necessaria una riforma fiscale. Per questo è prevista una delega di due d’anni. Il vero ostacolo è fare accettare le rivoluzioni culturali di cui parlavamo in apertura.
Oltre a quello di Tremonti, con questa proposta Lei invade il campo di parecchi Ministri: Brunetta, Scajola, Calderoli(quando parla di semplificazione), Gelmini(introdurre a scuola il concetto di imprenditorialità), Carfagna(si favoriscono le imprese cosiddette femminili). Loro che cosa ne pensano?
Lei dimentica i Ministri Prestigiacomo, Matteoli, Zaia e soprattutto il Presidente Berlusconi. Questa rivoluzione riguarda tutti. Non invade campi. Coinvolge tutti ed è per tutti. Abbiamo il sostegno di tutto il Governo. Anche perché non è una rivoluzione che nasce a tavolino. Nasce dall’esperienza e dal dialogo continuo con chi ogni giorno si trova a fronteggiare i problemi di lentezza e inefficienza del nostro attuale sistema. Ed è proprio perché riguarda tutti che la riforma è delicata e di estrema importanza.
Purtroppo credo che per vedere approvata questa proposta, dovrà abbassarne il profilo, rinunciare a qualcosa. Io spero il meno possibile. Può già dirmi quale sarà l’aspetto della sua proposta più difficile da far accettare?
Tecnicamente la parte più complicata è la riforma fiscale. Dopo 40 anni di spesa pubblica forsennata le difficoltà a far quadrare i conti, guardando allo sviluppo, sono enormi. Ma per ogni problema tecnico abbiamo una soluzione. L’aspetto in assoluto più difficile da far passare sarà proprio cambiare la cultura statalista del nostro paese. Vorrei non sentire, quando sarà approvato lo statuto, “questa è competenza mia” dai più disparati enti od organi. Vorrei piuttosto che si pensasse al bene comune, puntando diritti allo scopo, ovvero dando fiducia alle imprese.
Concludendo, mi dice quando potremo vedere lo statuto delle imprese in Gazzetta Ufficiale?
Per quanto riguarda il PDL, lo statuto delle imprese è già ai primissimi posti della nostra agenda. Ho sufficienti motivi di pensare a ragione che per l’estate sia già approvato. Al più tardi lo vedrete in Gazzetta entro fine anno. Lo statuto delle imprese è una priorità. Le risorse vere a cui bisogna guardare stanno nelle energie dei nostri imprenditori. Sono queste che vanno valorizzate.