Lo Stato sotto la neve, una ordinaria storia italiana
02 Febbraio 2012
Il gelo di questi giorni è la metafora di un Paese immobile, attonito, rattrappito. Basta che le temperature calino, com’è naturale d’inverno, perché si crei allarme, sconcerto, paura. Il clima diventa inevitabilmente di emergenza. Strade boccate, treni fermi, aeroporti chiusi. La vita ordinaria è impraticabile. Ci si sente perduti. Altro che spread: basta la neve a mettere in ginocchio l’Italia. Le temperature polari sono più devastanti di un’armata.
La Penisola è una trincea nella quale si sta tutti sotto assedio. Sembra impossibile che un’ondata di freddo, peraltro di breve durata, metta in ginocchio una nazione. Eppure è così. Dovremmo vergognarci, ma all’inefficienza ci abbiamo fatto il callo. Ed allora se si congela entriamo nel panico, se fa troppo caldo si allerta la protezione civile. Ai giornali, stanchi di descrivere le gesta dei corrotti, dei corruttori e delle caste vere o presunte, non sembra vero titolare come se fosse arrivata l’Apocalisse. Qualcosa di nuovo, finalmente.
E invece, di nuovo non c’è proprio niente tanto sotto il cielo grigio che sotto quello infuocato nelle torride settimane estive. C’è sempre e solo l’abituale disastro italiano, fatto di ordinarie catastrofi vuoi che piova, nevichi o che l’aria si faccia irrespirabile. Mai che i mutamenti naturali siano benevolmente salutati per quel che sono. Immancabilmente mettono in luce l’impreparazione del Paese, della società incivile, delle strutture statuali ed amministrative a fronteggiare ciò che altrove – almeno in Territori simili al nostro – soltanto raramente assume le fattezze di tragedie epocali.
Ecco. Siamo quel che siamo. O meglio, siamo diventati, negli ultimi decenni, eroi del nulla, sentinelle perdute nel fango, nel gelo, sotto le frane, giù da valli scoscese, abbandonate o distrutte dalla furia umana illusa di lucrare vantaggi dal dissesto dell’ambiente. E così quando il termometro scende, ci sentiamo perduti e guardiamo attoniti i telegiornali che con accenti bellici descrivono situazioni che altrove sono semplicemente normali.
Che l’Italia da tempo immemorabile sia divenuta una sorta di terra di nessuno, rinverdendo lo stereotipo metternicchiano dell’ “espressione geografica”, è noto. Ma fa lo stesso uno sgradevole effetto vedersi, come cittadini, al centro di ordinarie rovine, del disordine programmato, dell’incuria e dell’incapacità di pubblici amministratori che ogni giorno che il Signore manda in Terra certificano che in Italia lo Stato non esiste.
Non esiste quando nevica; non esiste quando si scopre che per completare un tratto di metropolitana che si riteneva finito, mancano talmente tanti soldi da rimanere scioccati; non esiste dove dovrebbe vigere un minimo di rigore e ci si trovano avide bande del buco che con il grimaldello della politica scassinano il forziere dove dovrebbero essere ben custoditi i soldi dei cittadini; non esiste nelle coscienze dei rappresentanti del popolo che non rappresentano neppure se stessi se non come patetici chierici del bizantinismo; non esiste nei comportamenti dei furbetti del quartierino, della parrocchietta, della sezioncina. Lo Stato, insomma, si è ghiacciato e non può provvedere al disgelo di strade, autostrade, ferrovie, aeroporti e camminamenti.
Sì, fa proprio freddo in questi giorni. Pure a Montecitorio, dove notoriamente non si bada a spese per il riscaldamento, si gela. Non sarà per via dei venti siberiani che s’incrociano con quelli atlantici, ma per altri motivi. Forse perché la politica s’è rattrappita e la tecnocrazia è più gelida di un radiatore spento. Ma è solo una suggestione. Il cielo a Roma è bianco. Forse stanotte o domani nevicherà. O forse no. Intanto il sindaco ha dato l’allarme e per prudenza le scuole rimarranno chiuse. Quando si dice la forza dello Stato.