Lo strano caso del dr. Beppe e Mr. Grillo

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Lo strano caso del dr. Beppe e Mr. Grillo

Lo strano caso del dr. Beppe e Mr. Grillo

21 Settembre 2007

«Da giovane ho fatto una pubblicità, ma poi ho capito
alcune cose sulla pubblicità. Qualche anno dopo ho cominciato a prendermela coi
politici perché le cose non andavano bene, ma poi ho capito alcune cose sulla politica,
che è controllata dall’economia. Qualche anno fa ho cominciato uno spettacolo
prendendo a mazzate un computer, ma ora ho capito alcune cose su internet, che
è la nostra unica difesa. »

Fuori o dentro? E’ una vita che  Beppe Grillo, classe 1948, “La Giuseppa” per
gli amici, non sa decidersi. Due mogli, sei figli, ragioniere per formazione,
uomo di spettacolo per vocazione, polemista e infine tribuno per irresistibile
tentazione: dovunque sia passato, in qualsiasi cosa si sia cimentato, Grillo ha
sempre cercato di lasciare il segno, e, insieme, ha marcato una distanza, ha
imposto la sua presenza, e insieme l’ha rinnegata, ha voluto partecipare e allo
stesso tempo si è tenuto in disparte. Le sue stesse invettive hanno più volte
rischiato di ritorcersi contro di lui, sorpreso a darsi agli stessi
comportamenti che intendeva sanzionare. E’ la solita, vecchia contraddizione:
chi vuole migliorare il mondo, si vede prima o poi costretto ad avere a che
fare con il mondo stesso, a parlare il suo linguaggio, a comprendere e
praticare le sue regole. Il proposito affascinante ha storicamente attratto gli
scontenti di ogni epoca: specialmente quelli più inclini all’entusiasmo e alla
sommossa, e meno alla riflessione metodica e alla faticosa ponderazione. Magari
armati delle migliori intenzioni, questi personaggi finiscono per confondersi
con il sistema stesso che vogliono rovesciare; oppure, di fronte alla necessità
di risolvere l’ambiguità, optano per una rottura definitiva e clamorosa, con
conseguenze talvolta drammatiche.

E’ lo stesso Grillo a parlare della sua doppia natura, nella
frase riportata sul retro del suo libro “Tutto il Grillo che conta”: ed è da
qui che si parte per raccontare lo strano caso del dr. Beppe e di Mr. Grillo.

1. L’ESILIATO PIU’ PRESENTE DELLA TV

«Da giovane ho fatto una pubblicità, ma poi ho capito
alcune cose sulla pubblicità… »

“Provate a uscire e a comprare qualcos’altro, adesso”. E’
questa l’unica frase pronunciata da Grillo nella pubblicità che interpreta nel
1986 per una marca di yogurt, talmente efficace che lo spot vince quasi tutti i
premi del settore. Roba da far accapponare la pelle al Grillo che più tardi
diventerà il simbolo delle lotte contro “i consumi e le pubblicità” (così
afferma nella postfazione al libro di Gomez e Travaglio “Regime”). Ma allora,
quando si piega alle bieche esigenze dell’anima del commercio, Beppe Grillo è
ancora un personaggio sanamente pop, con i testi scritti da Antonio
Ricci e Stefano Benni,
che interpreta film con Jerry Hall, e non disdegna status symbol
come barche, Ferrari e persino, pare, una capatina tra le lenzuola di Moana
Pozzi
(almeno secondo la leggenda messa in circolazione dalla pornostar),

Se la pubblicità “telepatica” gli vale il Leone d’Oro a
Cannes, le trasmissioni cui partecipa fruttano sei Telegatti. Decisamente, come
uomo di spettacolo, Grillo non è male: se ne accorge per primo Pippo Baudo, che
lo scopre in un locale milanese, e che nel 1977 lo porta a “Secondo voi”. Da
allora, gli spettacoli più popolari della televisione di Stato, da “Fantastico”
al festival di Sanremo, a “Domenica in”, lo vedono protagonista. E tuttavia,
più passa il tempo, più la sua figura si allontana dalla comicità pura,
avvicinandosi a quella del “guastatore”: i suoi seguitissimi monologhi satirici
in diretta si fanno via via più veementi, più diretti e gridati. Se la prende
con chiunque gli capiti a tiro: politici, dirigenti RAI, cantanti. Ma non siamo
ancora al Grillo “salvatore del mondo”: in un memorabile assolo del 1989, il
comico addirittura contestava ad Albano la pretesa di fare l’ecologista al
posto degli scienziati – gli unici, a suo dire, titolati a parlare.
Chissà se se ne ricorderà, al momento di lanciare le sue personali battaglie
contro l’inquinamento del pianeta.

La vulgata vuole che a partire dagli anni ‘80 Grillo sia
stato bandito dalla TV, causa la pericolosità delle sue verità “scomode”:
eppure questo strano allontanamento gli consente di comparire in RAI come
protagonista o comprimario fino alla metà degli anni Novanta, e di continuare a
fare televisione fino al 2001. La prima occasione per fare la parte
dell’escluso è datata 1982, quando Grillo si “rifugia” in una TV locale (la ex
Elefante TV) a lavorare in tandem con Ricci per “Il Grillo Parlante”. Di esilio
vero e proprio si parla però nel 1986: il comico (che nel frattempo è
ricomparso nell’84 con un programma tutto suo, “Te lo dò io il Brasile”) osa
una battuta sull’inclinazione dei socialisti al furto, e fa scandalo. Eppure,
nonostante lo scalpore, Grillo si rifà vivo in RAI appena due anni dopo. Nel
frattempo, è stato tutt’altro che assente dagli schermi: è il momento degli
spot e dei premi; e quando non si affaccia in video, il comico si dedica – in
un’alternanza del tutto routinaria per un artista – al cinema. Nonostante il
protestato ostracismo, Grillo viene ospitato ancora in TV nel 1988 in una
trasmissione di punta come il Festival di Sanremo, dove ne approfitta per
gridare a gran voce che la manifestazione “fa schifo”. Non poi così schifo,
deve aver pensato (forse ricordando di averla a sua volta condotta qualche
tempo prima), visto che ritorna a Sanremo l’anno successivo, quello
dell’attacco all’ecologia à la Albano. Nel 1990 – quando ha già
all’attivo un paio di esili e altrettante Feste dell’Unità a dichiarare nostalgia
per la televisione – Grillo è nuovamente in RAI, ospite di una trasmissione di
Pippo Baudo, il quale interrompe l’ennesimo monologo del comico per
“dissociarsi”. E sono tre; a questo punto, racconta la biografia “ufficiale”
Grillo “fugge” dalla televisione – uno strappo volontario, insomma, più che
un’esclusione forzata. A sottolineare il suo porsi “fuori” dallo star system
televisivo, arriva una serie di spettacoli teatrali, che proseguiranno per
tutti gli anni ’90, i quali mostrano definitivamente tutto il suo spirito
tribunizio.

Ancora una volta, il bando non dura molto (c’è a chi è
andata peggio): nel 1993 il comico torna “dentro”, addirittura con uno “one man
show”, che va in onda per due serate. E’ l’epoca del violento attacco alla
Parmalat, a Biagio Agnes e al servizio telefonico a pagamento 144. Dopo il
“Beppe Grillo Show” al Delle Vittorie (il tempio della prima serata RAI, mica
chiacchiere), l’esiliato più presente della TV si prepara per l’ennesima volta
a ritornarvi nel 1996, con uno spettacolo animato dal sacro furore ecologista:
visionata la cassetta, piena di attacchi a aziende come la FIAT, la RAI della
Moratti decide di non mandarla in onda. Da allora in poi, si interrompe il
rapporto con la TV di Stato – che citerà Grillo solo nei servizi dei
telegiornali -, ma non con la TV in generale: e non solo perché lo spettacolo
“Energia e informazione” viene trasmesso dall’emittente svizzera, ma anche
perché il canale satellitare Telepiù lo scrittura per una serie di parodistici
“Discorsi all’Umanità”, tenuti la sera di Capodanno in concomitanza con il
messaggio del Presidente della Repubblica. La stessa emittente satellitare
trasmette, tra marzo e aprile 1998, la registrazione dei suoi spettacoli
teatrali “Cervello” e “Apocalisse morbida”. Non è la RAI: eppure Grillo resiste
solo fino al 2001, con l’arrivo di Murdoch e la fusione tra Stream e Telepiù. A
quel punto, rivendicando orgogliosamente la sua estraneità alle trame
dell’imprenditore australiano, Grillo decide di dedicarsi esclusivamente ai
palcoscenici, e si chiama ancora una volta “fuori”.

2. UN ANTIPOLITICO IN POLITICA

“…Qualche anno dopo ho cominciato a prendermela coi
politici perché le cose non andavano bene, ma poi ho capito alcune cose sulla
politica, che è controllata dall’economia…“

Per il Grillo mattatore televisivo degli anni ’80 è cosa
abituale scagliarsi in maniera più o meno sarcastica contro i politici. Nel
1983 la cosa a momenti gli costa il posto, quando ironizza su  Pietro Longo e sulla sua iscrizione alla P2,
e ne ricava l’ostilità del PSDI che ne chiede la rimozione dal servizio
pubblico radiotelevisivo – senza alcun successo. Le battute sui i principali
esponenti politici, da Craxi a Berlinguer, si sprecano: irresistibili, non c’è
che dire, ma vagamente qualunquistiche, come quella ormai famosa pronunciata
durante Fantastico 7 che prende di mira Claudio Martelli.
Niente, insomma, di così sovversivo –
nonostante Craxi non la prenda benissimo – specialmente in paragone alle in
paragone alle invettive, di poco successive, in cui Grillo comincia davvero a
“prendersela” con enti come RAI, la Telecom, l’Enel, le multinazionali. Come ha
fatto recentemente notare Giuliano Ferrara, quando attacca le sedi del potere
economico la figura di Grillo è lontana dalla popolarità che raggiunge ai
nostri giorni; le sue iniziative, pur ammirate da molti, sono veramente seguite
solo da pochi, e restano in qualche modo confinate nell’intorno della satira di
costume.

Fino alla fine degli anni Novanta, dunque, Grillo non si
scaglia contro la democrazia parlamentare in sé; il vero assalto al Palazzo
arriva solo più tardi. Non a caso, la ritrovata centralità pubblica del comico
coincide con il nuovo millennio, quando il comico si improvvisa moralizzatore,
contesta le misure approvate dal governo Berlusconi, e lancia la campagna
“Parlamento pulito”,
con un appello pubblicato sulle pagine dell’Herald Tribune perché i
parlamentari italiani ed europei riconosciuti colpevoli di reati e condannati
in via definitiva non possano essere rieletti (lo stesso cavallo di battaglia
rispolverato nel corso del cosiddetto V-day). E’ alla luce di questa nuova
linea che Grillo reinterpreta oggi quelle che erano furenti incursioni da giullare,
facendone coraggiose battaglie antipolitiche ante litteram.

Tanto si “dedica” Grillo alla politica, che finisce per
dedicarcisi davvero: mentre segna così nettamente la propria distanza dagli
uomini politici, si scopre avere con loro più di un punto di contatto. Non si
tratta solo, né tanto della condivisione del malcostume contro il quale punta
il dito (i suoi detrattori fanno notare come, mentre il comico inveiva contro i
condoni del governo Berlusconi, ne beneficiasse a sua volta);
o come, mentre conduceva la sua campagna per escludere dal Parlamento i
condannati, abbia a sua volta riportato nel 1980 una condanna penale definitiva
per omicidio colposo, relativa a un incidente d’auto in cui la sua guida costò
la vita a tre persone). A parte gli immancabili altarini, che in fondo lasciano
il tempo che trovano, il vero peccato capitale di Grillo è quello denunciato da
Massimo D’Alema, che si è chiesto
come mai – se Grillo odia tanto i partiti – abbia pensato di fondarne uno in
più. Dopo il V- day – è cronaca di questi giorni – il comico si spinge infatti
a proporre ai suoi “seguaci” a entrare in politica in prima persona,
costituendo proprie liste civiche per le elezioni amministrative comunali.

L’idea fissa di Grillo è l’introduzione della democrazia
diretta: la vera antipolitica, sostiene, è quella che occupa attualmente il
Parlamento. Nella postfazione a “Regime” dichiara esplicitamente il suo intento
di unire teatri e rete, palcoscenici e Internet, per fare politica senza
intermediari, con l’obiettivo di creare un movimento di almeno un milione di
persone (per il quale propone una denominazione vagamente giacobina, “A furor
di popolo”). E’ proprio Internet la chiave per comprendere come mai, per
l’ennesima volta, Grillo fluttui tra contestazione e integrazione, tra i
propositi distruttivi del sistema e il tentativo di penetrazione nel sistema
stesso.

3. IL BLOGGER CHE NON BLOGGA

“…Qualche anno fa ho cominciato uno spettacolo prendendo a
mazzate un computer, ma ora ho capito alcune cose su Internet, che è la nostra
unica difesa. “

Ad aprire gli occhi a un Grillo di suo diffidente verso la
tecnologia

non è un miracolo, ma – a suo stesso dire – la sapiente opera di convincimento
di Gianroberto Casaleggio:
ex amministratore delegato della internet company di Olivetti, Webegg, e oggi
patron di un’impresa tutta dedicata a “sviluppare in Italia una cultura della
rete attraverso (…) la creazione di gruppi di pensiero e di orientamento”. Su
questo proposito torneremo; ma adesso ci interessa il fatto che, con il
supporto della Casaleggio Associati, Beppe Grillo apre nel 2005 il suo blog www.beppegrillo.it, dal quale rilancia le
sue battaglie più aspre. Alla fine dello stesso anno il sito vince il premio
WWW del Sole 24 Ore nella categoria “news e informazione”, e ben presto entra
nei primissimi posti della classifica ufficiale di Technorati, arrivando a
contare una media tra i cento e i duecentomila contatti quotidiani.

La gloria telematica del comico viene ben presto insidiata
da più parti. Con il crescere delle visite, svariati utenti lamentano che gli
interventi sui post di Beppe vengano censurati, in contraddizione con la
mancanza assoluta di filtri proclamata dal blog (e con il passato da “bannato”
di cui Grillo si vanta). Allo stesso tempo, i puristi
fanno notare che, seppure tecnicamente si tratti di un blog, il sito è a tutti
gli effetti privo di una vera interazione tra titolare e visitatori; i commenti
abbondano, ma tra questi non figurano mai quelli dello stesso Grillo, che non
si affaccia mai neppure nelle discussioni in corso su altri blog. Strano modo
di comportarsi, per chi considera la blogosfera un prezioso veicolo di
democrazia: tanto che alcuni utenti cominciano a dubitare che a scrivere i post
sia davvero il comico, e ipotizzano che si tratti di un’opera puramente redazionale.
I sospetti si aggravano quando un blogger, Piero Ricca, accusa Grillo – che pure inveisce contro il lavoro precario – di aver
sfruttato il suo lavoro giornalistico su Internet, senza mai regolarizzare la
sua posizione né il compenso dovuto: e c’è chi comincia a parlare del sito come
di una “comune gestita prevalentemente da altre persone”.

Lo stesso luminoso successo del sito finisce sotto la lente
d’ingrandimento di altri navigatori. C’è chi sostiene
che Internet non possa realmente essere considerato la cassa di risonanza delle
sue iniziative, ma sia un semplice strumento di propaganda, senza alcuna reale
innovazione comunicativa. A gennaio del 2006 un post di Grillo,
azzarda la futuristica previsione della scomparsa dei vecchi media, soppiantati
dalla blogosfera, ormai più credibile. Per supportare la sua tesi circa la
maggiore attendibilità dei blog rispetto ai media tradizionali, il comico cita
un rapporto curato dalla stessa Casaleggio Associati.
– quella che gestisce Beppegrillo.it . A questo punto sono tanti i bloggers
esperti del Web 2.0 (da Paolo Valdemarin 
a Giuseppe Granieri,
da Luca Conti 
a Mauro Lupi)
, che adducono convincenti argomenti per dimostrare che il rapporto della
società di consulenza si basa su un criterio quanto meno discutibile – al di là
dell’evidente conflitto di interessi nel valutare un proprio prodotto. 

Il ruolo di Casaleggio nella creazione del fenomeno web di
Grillo ora crea qualche malcontento anche i seguaci del comico. In un gruppo di
discussione online nato per aggregare i sostenitori di Grillo, un membro avanza
il sospetto che dietro il fenomeno Grillo ci sia la mano di una sapiente
costruzione di marketing, di cui egli stesso sia un’inconsapevole vittima; ma
le rimostranze dell’utente che osa tanto vengono rimosse dai moderatori del
forum (ma si trova ancora traccia delle risposte degli altri utenti,
incautamente risparmiate).
I sospetti di una manipolazione si diffondono; i più visionari tra gli
antipatizzanti di  Grillo, memori della
“creazione di gruppi di pensiero e orientamento” e turbati da un immaginifico
video sul futuro dei media secondo Casaleggio, si spingono a temere una congiura
mediatico-occultista; i più concreti si limitano a badare alle conseguenze
politiche del complotto
.
Ma le strane analogie tra il messaggio di Grillo – profeta della democrazia
diretta sospinta dal web – e il dettato del suo guru saltano anche
all’occhio di gente con i piedi per terra come quelli del Corriere.
A complicare il quadro arriva il triangolo: nel gennaio 2006 apre il suo sito
un altro personaggio di spicco della vita pubblica italiana, Antonio Di Pietro,
che si serve della consulenza della stessa Casaleggio. Nella strana coppia
Grillo-Casaleggio si insinua il magistrato, che con il comico sembra
condividere sia la forma che la sostanza
del suo sito, e non di rado gli strizza l’occhio.
Qualcuno nella blogosfera inizia a temere che Di Pietro sia il braccio politico
di Grillo
,
ma la cronaca immediatamente successiva sorpassa ogni immaginazione: il censurato
che censura, il condonato che combatte il condono, il fustigatore del precariato che licenzia
precari, il blogger che non blogga diventa infine l’antipolitico che fa
politica. La contraddizione vivente continua: speriamo solo che lo strano caso
del dr. Beppe e mr. Grillo non finisca come nel romanzo di Stevenson. Per il suo
bene, e anche per il nostro.