Lo strano caso di GB e EIRE, ovvero brexiters versus europeisti di ferro
30 Maggio 2019
Così vicine, così lontane. Mai come stavolta Gran Bretagna ed EIRE hanno preso strade diametralmente opposte nel decidere chi avesse dovuto rappresentarle nel Parlamento Europeo. Sia chiaro: tutto ciò era previsto. I sondaggi della vigilia avevano chiaramente anticipato come nel Regno Unito il BREXIT Party di Nigel Farrage avrebbe sbaragliato la concorrenza, mentre nella verde Irlanda non sono mai esistite forze dichiaratamente sovraniste od euroscettiche dato che gli irlandesi risultano essere tra i popoli più soddisfatti dell’operato delle istituzioni UE.
Dunque, ancora una volta l’UK nelle elezioni Europee ha deciso di dare fiducia a colui che può ben dirsi il “padre” di ogni tipo di sovranismo e populismo: Nigel Farage, l’uomo che per primo teorizzò la Brexit, costretto a tornare in campo per via della mancata chiusura dell’accordo di uscita dall’Unione con Bruxelles. La sua nuova creatura politica – non a caso denominata BREXIT Party – ha ottenuto il 30,5% delle preferenze, distanziando di ben quattordici punti percentuali i Liberal Democratici. Ma questa tornata elettorale verrà ricordata per il pessimo risultato delle due storiche forze politiche d’Oltremanica, vale a dire i Laburisti ed i Conservatori: se i primi (fermatisi al 13,8%) hanno ceduto gran parte dei loro consensi sia ai LibDem che ai Verdi, i Tories sono crollati all’8,8% stritolati dalla quantomeno discutibile gestione delle trattative per l’uscita dall’Unione che, dal 2016 a oggi, mai sono sembrate davvero arrivare ad un punto di svolta. Theresa May si dimetterà il sette giugno e chiunque sarà il successore dovrà svolgere un lavoro sovrumano per rimettere a posto i cocci di un partito che sembra ormai allo sbando.
Entrando più nello specifico, si può notare come rispetto al referendum per la permanenza nell’Unione Europea di tre anni fa poco sia cambiato: le aree più interne dell’Inghilterra come le Midlands e tutto l’Est hanno regalato al BREXIT Party percentuali molto vicine al 40%, mentre l’argine ad un successo che altrimenti sarebbe stato straripante è stato rappresentato da Londra (dove il Remain vinse con il 75%), in cui Farage non è andato oltre il 17%. Altro partito vincitore di queste elezioni è sicuramente quello Liberale che, tra l’altro, è da sempre quello meno favorevole ad una eventuale fuoriuscita dall’UE. Il guadagno rispetto alle elezioni di cinque anni fa è stato di ben quindici seggi ed il successo ottenuto nella capitale ai danni dei Labour ha fatto parecchio rumore nella terra d’Albione. Salgono di quattro punti i Verdi (che però crescono meno che in nazioni come la Germania e la Francia) mentre confermano il loro livello di consenso i vari partiti nazionali come l’SNP (Scozia, che guadagna un seggio), DUP e Sinn Fein nell’Ulster e Playd Cymru in Galles.
Anche nell’EIRE tutto è andato secondo le previsioni. Il secondo paese più europeista del lotto dei ventisette ha confermato la sua fiducia al Fine Gael (affiliato al PPE) del Primo Ministro Leo Varadkar, omosessuale dichiarato e di origini indiane. Il grande giovamento che l’Irlanda ha tratto dall’ingresso nell’Unione e, soprattutto, la grande attenzione a quello che sarà l’esito delle trattative tra Londra e Bruxelles – visto che rischierebbe di riaprirsi l’annosa questione del confine nordirlandese in caso di mancato accordo sul cosiddetto
Backstop, dispositivo creato per non reintrodurre una frontiera fisica con l’Ulster – ha spinto i cittadini dell’isola a votare partiti fortemente europeisti. Al secondo posto si sono piazzati i liberali di Fianna Fail con il 16,5% (molto in calo rispetto a cinque anni fa) e come in molti altre nazioni i Verdi hanno avuto un vero e proprio exploit, passando dal 5 all’11%. Molto male le due forze della sinistra Sinn Fein e i Laburisti, che perdono svariati punti percentuali.
La partita aldilà della Manica sulla Brexit dunque sembra di tutt’altro che facile comprensione e potrebbe generare più di qualche frizione tra due paesi mai storicamente fiduciosi l’uno dell’altro.