Lo zapaterismo di Obama è solo un altro segnale di debolezza politica

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Lo zapaterismo di Obama è solo un altro segnale di debolezza politica

11 Maggio 2012

Lo va dicendo da mesi Charles Krauthammer, il noto columnist conservatore del Washington Post: “Sarà la campagna elettorale più cattiva” degli ultimi quarant’anni. Ancora non sono stati raggiunti i toni marziali che ci si aspetta, ma lentamente queste presidenziali 2012 entrano nel vivo, ed emergono le strategie dei due sfidanti. La cornice è la solita: lo sfidante Repubblicano, Mitt Romney, dopo i duri mesi delle primarie, attaccherà il non-record dell’amministrazione Obama e cercherà di offrire alternative, soprattutto in campo economico.

Dal canto suo il presidente Obama, assieme alla sua ‘squadra’, cercherà di difendere il proprio non-record, e attaccherà sotto la cintura a ogni pie’ sospinto Mitt Romney, distogliendo il più possibile l’attenzione dall’economia e dagli ancora alti livelli di disoccupazione. E’ la politica, baby! Niente di nuovo sotto il cielo. Questo accadrà perché i declamati miracoli obamiani non si sono visti, principalmente sul fronte dell’economia, ormai anch’essa presa nella morsa della doppia recessione europea – David Drucker del giornale di base a Washington, Roll Call, l’ha messa così: “Obama ha smesso di camminare sull’acqua”. Per questo la strategia della Casa Bianca sembra ormai quella d’andare a pescare nelle social issues, le ultra-divisive questioni sociali.

Direbbero oltre atlantico, So much for the post-partisan president!, E tanti saluti al presidente post-partisan. Lui, primo nero a sedere nello Studio Ovale ed eletto da una maggioranza bianca. Lui che si era impegnato a unire una nazione socialmente e religiosamente tanto diversa. A quattro anni da quella speranza che sapeva allora di lombarda fuffa e oggi d’italianissima muffa, l’amministrazione Obama, la stessa che ha indebitato di ulteriori 4 trilioni di dollari lo Stato federale, che parandosi dietro il motto “guidare da dietro” negli affari internazionali, ha indebolito l’assertività degli Stati Uniti nel mondo (e la lista potrebbe essere lunga), non trova dunque meglio da fare per rigalvanizzare la base Democratica che giocare sulla divisività: genere, razza e omosessualità.

Prima l’amministrazione si è messa contro la Chiesa Cattolica, cercando d’obbligare le imprese riconducibili alle diocesi cattoliche – scuole, università e cliniche principalmente – a riconoscere alle donne impiegate la copertura assicurativa per gli anticoncezionali, uno schiaffo in faccia tanto ai principi dottrinali cattolici in materia di vita e salute, quanto una prevaricazione in piena regola alla libertà di religione. Dopo aver innescato un coro d’indignazione, l’amministrazione Democratica – con Obama e Kathleen Sebelius, Segretaria di Stato alla Salute, in prima linea – ha battuto in ritirata strategica, offrendo una proroga per l’ottemperamento del provvedimento. Il tutto, in attesa del pronunciamento della Corte suprema statunitense sulla riforma sanitaria varata dal Congresso a controllo Democratico due anni or’ sono, il noto Obamacare. La battaglia sui contraccettivi è stata etichettata come una battaglia a favore delle donne.

Poi è stato il turno del caso di Trayvon Martin, il giovane ragazzo nero di diciassette anni, ucciso durante una colluttazione finita male da George Zimmerman, un trentenne mezzo bianco e mezzo ispanico che faceva la ronda di notte come guardia autorizzata nel proprio quartiere di Sanford, in Florida. Il brutto incidente, oggi affidato a una procedimento giudiziario, è stato subito dipinto dalla stampa progressista come un racial scandal, uno scandalo razziale, con il presidente che è entrato nell’arena del dibattito quando, presentando l’uomo scelto dalla Casa Bianca come nuovo presidente della Banca mondiale, Jim Yong Kim, alla domanda di un giornalista, aveva affermato che Trayvon avrebbe potuto essere suo figlio. Un commento che ha sollevato più di una polemica negli Stati Uniti per la dimensione razziale connessa alla risposta presidenziale. E se non fosse stato nero il povero diciassettenne, davvero il presidente si sarebbe preso la briga d’entrare dentro la faccenda?

Infine si è arrivati alle nozze omosessuali di questi giorni. Con un’intervista alla rete di sinistra, Abc News, il presidente statunitense si è detto ormai in favore dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Un ritorno alle origini, visto che nel 1996, durante la corsa per il Senato a Chicago, si era dimostrato in totale accordo con le posizioni pro-omo, salvo poi due anni dopo assumere delle posizioni più restrittive in materia. Chiaramente l’opportunismo dietro quell’indietreggiamento ha giocato la sua parte. Sino a pochi giorni fa, la posizione del presidente Obama era sostanzialmente la stessa post-intervista, ovvero quella di un uomo favorevole ai matrimoni omo, ma non in favore di una legislazione federale, centralizzata.

A parte le ridicole declamazioni di molti giornali italiani sulla faccenda, come quella di Roberto Festa su Il Fatto Quotidiano, che parla di svolta storica, di fatto la posizione del presidente Obama non è cambiata affatto negli ultimi 16 anni d’attività politica. Dietro la mossa "matrimoni omo" v’è solo la voglia di rimotivare la base Democratica, delusa dall’azione dell’amministrazione, ma soprattutto di rigalvanizzare i fund-raiser, coloro che nel 2008 procacciarono milioni e milioni di euro per la campagna Obama 2008, quella del ‘Yes,We Can’. A quanto riporta il Washington Post, un procacciatore di fondi su sei del presidente nel 2008, adducenti borse di contributi superiori ai 500,000 dollari, sono fund-raiser dichiaratamente omosessuali.

Di fatto, e spiace dirlo, tutte queste declamazioni su razza, omosessualità e questioni di genere, altro non sono che un tentativo di dare il contentino a tutti: agli abortisti, alla comunità nera, agli omosessuali, alle donne come segmento elettorale. Questo ovviamente per distogliere il dibattito dall’andamento dell’economia Usa la quale stenta a ripartire a causa della recessione che proviene dall’Europa. Insomma lo spettacolino è quello di una zapaterizzazione di Obama – guerra alla Chiesa, omosessualità e razza. Spettacolo questo molto triste e molto partisan purtroppo. E sei storia insegna, divisivo e non pagante sul piano politico.