L’Occidente ama la Cina per l’uso ‘omeopatico’ che fa del capitalismo
22 Giugno 2011
Con il consueto acume, Ernesto Galli della Loggia, nell’editoriale pubblicato domenica scorsa sul ‘Corriere della Sera’, ha fatto rilevare l’ammirazione che si riserva alla Cina, da quando gli eredi di Mao hanno <lasciato perdere l’abolizione della proprietà privata, il socialismo e tutto il resto>. La pechinofilia, però, ha radici antiche: ne parlava, con ironia, già Tocqueville un secolo e mezzo fa. A ispirarla c’è il rifiuto radicale dell’Occidente oggi rappresentato soprattutto dall’America.
Si ammira la Cina perché, adottando il modello capitalistico, è diventata un’antagonista temibile per l’odiata <civiltà atlantica>: non è la sua riscoperta del mercato che si apprezza ma il sapiente uso omeopatico che ne ha fatto. Il regime comunista, aprendosi alla modernità – che non è solo scienza e tecnologia ma anche ‘global economy’– si è dotato di una potenza formidabile sulla quale potrà sempre contare la ‘comunità chiusa’ in lotta con la ‘società aperta’.