L’Occidente cambi rotta con l’islam

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L’Occidente cambi rotta con l’islam

24 Settembre 2012

Eppure resta in noi occidentali un senso di incredulità prima ancora che di orrore quando vediamo, come è accaduto venerdì, che, col pretesto del misero film contro Maometto, il mondo si tinge di nuovo tutto quanto di rosso sangue. Non possiamo fare a meno di chiederci per che cosa sono dunque morti i 13 pakistani massacrati ieri a Lahore e a Karachi, per cosa è stata messa a ferro e fuoco l’Indonesia, perchè proprio ieri un commando terrorista palestinese ha lasciato sul terreno un soldato israeliano nel Negev perdendovi anche tre dei suoi adepti, perchè Parigi è sotto assedio, perchè fino da noi a Roma, a Sidney in Australia, e in Tunisia, in Libano, in Yemen,e davanti all’ambasciata francese al Cairo si sventolano le bandiere nere di minaccia al nostro mondo, perchè in Indonesia si distrugge Mc Donald.

In Oriente e in Occidente i musulmani in piazza sanno bene che noi, nel nostro mondo, la stessa critica irridente che applichiamo alle loro icone le applichiamo alle nostre, che gli ebrei si prendono in giro da soli da secoli, che film e rappresentazioni artistiche di gusto svariato riproducono Gesù, la Madonna, i Santi, trascinandoli nelle lacrime, il sudore e il sangue della nostra povera umanità che vuole ridere o piangere, senza che nessuno gli dica quando e come farlo.

Ha fatto bene o male Charlie Hebdo, internet dovrebbe togliere il filmetto dal cyber space, il settimanale tedesco Titanic che pubblica le sue vignette… hanno, come dicono in molti, qualche colpa nell’ondata di violenza che il mondo musulmano solleva adesso? La risposta è che non c’è colpa, semmai un senso di opportunità che tuttavia ciascuno interpreta a suo modo, nell’esercitare il diritto alla propria libera opinione, e che tutte le colpe risiedono invece nell’uso della violenza per rispondere a chi ti disegna, ti dipinge, ti immagina in maniera diversa da quella che tu vorresti. Ma un paio di responsabilità ci sono invece, e serie, ma non sono di Charlie Hebdo.

Ciò che piuttosto conduce sia il settimanale satirico sia chiunque poi si affidi a reazioni solitarie e apparentemente esagerate per rispondere alla prepotenza di un’imposizione totalitaria, religiosa o laica che sia, è la mancanza di una più grande, solida, culturalmente basata disponibilità del nostro mondo a affrontare a fondo, con dignità e coraggio, il problema del nostro rapporto con l’islam, una grande religione che, nascendo e sviluppandosi, detta dignità e compattezza a un mondo frammentato, ma che oggi nella sua componente politica ha un tratto di violenza e di conquista comprovato da tante azioni, e che dal tempo in cui l’Afghanistan sotto il tallone russo ne fu liberato dai mujaidin e da Bin Laden, pensa, almeno in questa componente, che sia cominciato un tempo di “reconquista” mondiale.Che dovremmo dunque fare per evitare che Charlie Hebdo diventi la bandiera dell’Occidente libertario?

Dovremmo prendere in mano questa bandiera in due modi, sul piano culturale e su quello politico. Dalla fine del secolo scorso ha preso il sopravvento, nonostante la voce potente del professore Bernard Lewis, la scuola storica di Edward Said, che ha letto la storia dell’Islam come una storia in cui l’Occidente non ha fatto altro che tentare di sopraffarne gli uomini e la fede. Ha anche stabilito che la storiografia classica era stata costruita tutta in funzione di questa dominazione. Niente di più falso. Nel VII secolo il bacino mediterraneo era cristiano finchè non arrivò l’Islam dall’Arabia e conquistò la Palestina, la Siria, l’ìEgitto, il Nordafrica. Dal Nordafrica esso avanzò in Europa conquistando la Sicilia, la Spagna, il Portogallo, arrivando fino in Francia e in Italia. Le navi giunsero fino a Ostia. Le Crociate, che è di moda dipingere come una prima forma di imperialismo occidentale, furono un modo di rispondere alla Conquista, quale che possa essere (e il mio è disgustato) il giudizio sul comportamento dei crociati in guerra. Questa fu solo la prima ondata, e la conquista si concluse secoli dopo con l’ondata Ottomana. Ci furono pascià turchi a Budapest e a Belgrado, i musulmani assediarono Vienna.

Inoltre, fino a tutto il XVII secolo l’Europa ha vissuto sempre sotto l’attacco musulomano,e fu ricacciandolo indietro che si avventurò su un terreno di “reconquista”. L’Impero Ottomano dura dal 1299 al 1922, durando dunque 623 anni. Dunque, innanziatutto bisognerebbe ristabilire nella coscienza pubblica la verità storica, togliere la vittimizzazione dell’Islam dalla testa nostra e degli islamici in primis, costruendo quindi su un piano di parità un rapporto finalmente senza rancore da parte loro.
In secondo luogo, la politica dovrebbe finalmente agire.

E’ stato comodo appoggiarsi ai vecchi dittatori alla Mubarak e poi inneggiare alle riuvoluzioni arabe: ma se mettessimo dinnanzi ai nostro occhi il faro dei diritti umani e civili e la libertà di opinione, potremmo forse avere la stessa luminosa iniziativa di condizionalità che portò Ronald Reagan, con l’emendamente Jackson and Vanick che, appunto, condizionava certi rapporti economici e commerciali alla libertà di movimento dei russi, a mettere l’Unione Sovietica in scacco. Altro che filmetto mostrato in questi giorni in cui Obama e la signora Clinton si scusano di nuovo e di nuovo. E’ costato 70mila dollari, ma è servito solo a far bruciare più bandiere americane e israeliane. Un vero fuoco, alto e potente, largo come il mondo intero. Tutto questo sommovimento non è un fuoco d’artificio. E’ un modo di cercare di indurre il declino del potere occidentale in Medio Oriente, specie quello americano, e di dire che le rivoluzioni arabe sono state una messa in scena di fronte alla realtà vera, quella dell’Islam senza compromessi.

Tratto da Il Giornale