Lode a Tremonti per averci salvato ma ora bisogna cambiare passo
14 Luglio 2011
In queste ultime settimane, dopo la magra figura delle amministrative e dei referendum la maggioranza di governo sembrava completamente stordita incapace di azzeccarne una ma ecco un sussulto di buon senso e le cose sembrano ripartire anche se non siamo ancora fuori dell’occhio del ciclone dell’attacco della speculazione.
Conviene sperare che tutto si aggiusti ma da cittadino qualunque comunque sono basito dall’accumularsi di castronerie che sono state fatte nei giorni scorsi. Prendiamo ad esempio la manovra di bilancio. Nessuno contesta che, con i problemi che da anni si accumulano su scala mondiale, fosse necessario frenare la corsa verso la bancarotta di vari paesi europei e che si voleva evitare la stessa sorte per l’Italia. Sono stati assunti impegni precisi con l’Europa che vanno mantenuti: era necessario intervenire. Altri paesi, vedi l’Inghilterra, sono stati obbligati ad un regime di lacrime e sangue che per noi potrebbe essere evitato o, almeno, non essere di uguale portata. Fin qui lode a Tremonti e alla sua ferrea volontà di mantenere ferma la barra della correzione. Ma la lode, per ora, si ferma qui.
Che un’operazione di questa portata andasse prima di tutto discussa e condivisa almeno con la sua maggioranza lo comprenderebbe anche il più sprovveduto dei politici, per varie ragioni: evitare il fuoco amico dei ministri colpiti dalla manovra, mandare un segnale forte di concertazione ai mercati e, soprattutto, convincere l’elettorato della necessità di un’opera di questo peso che viene fatta per il bene comune. Invece il Nostro ci è andato giù a testa bassa mostrando di avere ancora una volta operato in proprio senza raccordarsi con nessuno e tantomeno col capo del governo, salvo poi cercare di ricucire la situazione come sta facendo in questi giorni. Da aspettarsi quindi i distinguo di vari rappresentanti della maggioranza volti soprattutto a riparare i danni commessi verso un elettorato sempre più disilluso, che si sente vessato ed è stanco di promesse non mantenute.
Bene ha fatto Berlusconi quindi a ribadire che pur mantenendo i saldi che si erano stabiliti, non si possono attuare manovre economiche senza tener conto delle reazioni della gente. Ma il male è stato fatto e ci sarà bisogno di molta attenzione per riparare una credibilità personale e collettiva piuttosto incrinata; ciliegina sulla torta è stato l’ulteriore messaggio negativo del siparietto fuori onda ai danni di Brunetta che si poteva e si doveva evitare in una situazione che richiede un Governo coeso che invia messaggi chiari ed univoci.
Peraltro, la vicenda Milanese e quanto sta emergendo non aiutano la costruzione di una serenità perché sembrano mostrare che nella scelta del suo più stretto collaboratore il Ministro dell’Economia ha peccato almeno di superficialità avendo fiducia in chi probabilmente non lo ha ricambiato della stessa moneta. Fatta salva sempre la garanzia che sino al terzo grado di giudizio ognuno di noi è innocente, resta che le intercettazioni e le dichiarazioni ai magistrati che dilagano sui giornali non depongono certo a favore degli imputati e mostrano un modo di vivere che grida vendetta se comparato con quello dell’italiano medio.
Ma andiamo al merito della manovra: vuole colpire nel mucchio per fare cassa anche se si cerca un minimo di ammorbidirne gli effetti più infelici; in ogni caso mostra almeno due seri problemi. Il primo è la risibilità delle riduzioni dei costi della politica per questa legislatura: l’occasione di dare un messaggio forte facendo comprendere agli elettori che vi è un’effettiva volontà di ripulire le stalle della politica è stata perduta. Anzi, il messaggio è opposto: per ora peschiamo nelle vostre tasche e poi dalla prossima legislatura si vedrà.
Che dire poi dell’aumento vertiginoso del costo della tenuta del deposito titoli che colpisce tutte le fasce sociali favorendo, con due sole aliquote, i più ricchi che non batteranno ciglio per 380 euro annui su grandi depositi mentre i piccoli possessori si vedranno falcidiare i guadagni dal peso di 120 euro dai 32 di prima. Perché non si è pensato subito a una tassazione progressiva salvaguardando un tetto minimo non tassabile che corrispondesse alla media dei risparmi delle fasce meno agiate? E’ mai possibile arrivare a simili errori?
Le nuove formulazioni che stanno emergendo non sono migliori. Dov’è l’equità di un’operazione che tassa i possessori di azioni, e che quindi indebolisce di fatto il sostegno all’industria ma favorisce invece sia il risparmio postale, che non è toccato dalla manovra, sia le Banche visto che se il patrimonio è concentrato o convertito in conti di deposito, cioè in un prestito agli istituti di credito, questi investimenti non cadono sotto la mannaia fiscale. Comunque la si legge si direbbe un aiuto selettivo a certi soggetti che non brilla per equità.
Di esempi su quello che non va ce ne son a iosa per cui sarà meglio aspettare il testo definitivo che uscirà venerdì dal Senato per esprimere un giudizio compiuto. Fermiamoci qui per ora ma, da elettore, lasciatemi dare un consiglio a quanti ci governano. Uscite dal vostro mondo che è sempre più slegato dalla realtà quotidiana; uscite a piedi per la strada, lasciando le auto blu e le scorte; parlate e soprattutto ascoltate la gente; andate a fare la spesa nei mercati e prendete un caffè al bar. Scoprirete l’abisso di delusione che sta montando pericolosamente e la sfiducia verso l’establishment che cresce perché non si riesce a dare risposte ai problemi reali della gente.
Sulla sponda sud del Mediterraneo situazioni solo poco diverse da quanto accade in Italia hanno generato rivoluzioni che non si sa ancora bene come finiranno: da noi questo non accadrà perché la democrazia è ormai da tempo un bene acquisito, ma i risultati delle elezioni di Napoli, Milano e quelli dei referendum sono un segnale da non trascurare. Se non si cambia presto e drasticamente consegneremo il paese alla non politica giustizialista che è figlia degli errori commessi. Riflettete perché le elezioni anticipate potrebbero presentarsi senza nemmeno poter controllare il quando ed in condizioni certamente non favorevoli all’attuale maggioranza.