L’odio di sé che minaccia l’Occidente

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L’odio di sé che minaccia l’Occidente

09 Settembre 2007

Uno storico della scienza prende le mosse da Dostoevskij e dal torbido universo dei dèmoni da lui così lucidamente indagato, per affrontare i due grandi mostri del Novecento, nazismo e comunismo, e gli altri che incombono sul destino dell’uomo contemporaneo occidentale: l’odio autodistruttivo di sé, lo scientismo, il relativismo. Immergendosi nella mentalità di uno dei primi gruppi terroristici della Russia dell’Ottocento, Dostoevskij fa dire a uno dei suoi protagonisti che per risolvere la questione sociale l’umanità andrebbe divisa in due parti: un decimo titolare di libertà assoluta e autorità illimitata rispetto agli altri nove decimi, assogettati, senza responsabilità e capacità di iniziativa se non obbedire, sottoposti a un’organizzazione dell’economia e a procedimenti di architettura sociale secondo le leggi di natura, fino a portarli a uno stato di primitiva innocenza senza consapevolezza di sé. A un altro, fa proporre un’altra soluzione: eliminare quei nove decimi, lasciando in vita nel privilegio il restante decimo che, sollevato della fastidiosa presenza di quelle fastidiose moltitudini, potrebbe vivere in raffinata armonia secondo le leggi di natura. Entrambe le soluzioni porterebbero a un paradiso terrestre.

Giorgio Israel, nel suo più recente e impegnativo lavoro – in cui confluiscono storia della scienza, storia del pensiero e della filosofia, principi di etica e di morale – analizza come la profetica intuizione letteraria e politica di Dostoevskij si fa tragica realtà col comunismo e col nazismo: entrambi assertori di palingenesi dell’umanità nell’ossessione del mito della “gestione scientifica della società” per arrivare al paradiso terrestre. E quindi per il nazismo la supremazia della razza ariana con lo sterminio degli altri; per il comunismo, il ruolo guida e incontrastato del partito e della sua nomenklatura, “avanguardia e depositario della coscienza di classe” di un proletariato non cosciente di sé. All’origine del grandioso piano c’è in entrambi i casi il rifiuto dell’uomo così com’è, desideroso di migliorare gradualmente la propria condizione, e al quale si impone invece la rottura perseguendo il “rifare lo spirito dell’uomo nuovo” nella società modellata su leggi sociali imprescindibili, come quelle di natura, messa con la frusta in marcia verso la “città futura”: nel rifare lo spirito dell’uomo ne buttavano via il corpo, la città futura si rivelava forno crematorio e campo di concentramento. Lo scientismo applicato alla società diventava Shoa e Gulag.  

Se questo è stato il perverso esito del delirante esperimento di trasferire in campo sociale leggi scientifiche naturali usando umanità e popoli interi come cavie, nuovi pericoli, nello stesso torbido solco, incombono sull’uomo di oggi: non soltanto i residui politici e ideologici ciechi di fronte a un fallimento rifiutato, ma nuove forme di distruzione dell’individuo e del nostro sistema di valori; l’odio di sé, appunto, serpeggiante in Occidente, lo scientismo applicato all’uomo, alla persona, il relativismo culturale davanti alle sfide dell’islamismo. Con l’insorgere del fondamentalismo islamico e delle sue stragi, si è diffuso da noi un gran battersi il petto per il passato dell’uomo e della cultura occidentale, come se nella storia non avessero prodotto niente altro che malvagità, nequizie, oscurantismo; una cultura penitenziale di autoflagellazione mette in ombra, o nega, le conquiste della scienza moderna tutte fatte in Occidente grazie all’Umanesimo e al Rinascimento, avvenute sì superando dogmatiche interdizioni religiose, ma anche frutto al tempo stesso dell’accumularsi nello spirito di religione della sapienza greca e latina, e del profondo della cultura ebraica coi suoi insegnamenti biblici, sì che, come dice l’autore, Atene è parte di Gerusalemme. Non si tratta di negare i ghetti, le notti di San Bartolomeo, l’antisemitismo dell’Europa cristiana, ma di recuperare selettivamente dal passato le pagine di conquiste scientifiche e culturali che hanno fatto grande la nostra civiltà da cui è plasmato il mondo moderno. E qui non si può non notare con amarezza che debba essere un ebreo di Roma, matematico, a rivendicare le radici giudaico-cristiane d’Europa, respinte da quella illeggibile costituzione europea fortunatamente finita come carta straccia.

Nell’odierno avanzare della scienza, c’è il rischio dello scientismo, “un’idea totalitaria secondo cui nessun campo del pensiero, della conoscenza e delle attività pratiche può sfuggire al dominio del metodo scientifico”. Ne consegue la riduzione di etica e morale alla scienza, “in attesa della loro redenzione scientifica”, e l’apertura di praterie per scorribande sull’uomo senza limite alcuno, men che meno dalla religione: e quindi biotecnologie e tecnoscienza, clonazioni, ingegnerie genetiche, fino alla legittimazione quasi, in nome di libertà scientifica, di un orrore come l’eugenetica praticata dal nazismo. Non è necessario essere religiosamente bigotti per restar sconcertati%3A basterebbe avere una certa concezione dell’uomo e della vita, osservare il rispetto della dignità della persona. E non è vero che religione e scienza sono in contrasto. Ricordando lo stretto rapporto, nei grandi scienziati, fra scienza e teologia, a cominciare da Newton, Israel cita Einstein, per il quale “la scienza senza la religione è zoppa, e la religione senza la scienza è cieca”. 

Se da un lato il delirio scientista incombe su tutti noi come persone e umanità, dall’altro il relativismo, la rinuncia alle proprie identità culturali e religiose davanti alla sfida islamista, è l’altro demone che mina l’uomo occidentale, il quale, a dirla con Furet, “odia l’aria che respira perché non ne ha conosciute altre”. E che, venuto meno col crollo sovietico il mito dell’imperialismo, nel coltivare l’odio di sé si crea nuovi nemici come l’Imperio, e i suoi alleati, in primo luogo Israele, come se una Shoa non bastasse. Non è facile rendere giustizia a un libro, di grande facilità di lettura malgrado la complessità del tema. Conoscenza storica e scientifica, ethos, passione morale e civile, vibrano in una scrittura avvincente e incalzante. Oltre al lungo saggio sui démoni, Israel via via ha raccolto anche suoi importanti interventi su temi e dibattiti che hanno tenuto banco sui giornali, e che nella freschezza concettuale e forza argomentativa conservano tutta la loro attualità: perché riguardano i fondamenti della vita e il nostro modo di essere nel mondo, oggi e domani.

Giorgio Israel, Liberarsi dei demoni, Ed. Marietti, 2007, pp. 331, 20 euro