L’odio, non è tifo ma guerra civile
15 Dicembre 2022
Il post Francia-Marocco, la semifinale dei Mondiali, non è calcio ma guerra civile. Negli stadi di Doha abbiamo visto giocatori genuflettersi dopo le partite per pregare il Profeta e bandiere palestinesi sventolanti. Le città francesi e del Belgio invece vengono messe a ferro e fuoco. Scontri e violenze che hanno provocato un morto e feriti. Jeanne d’Hauteserre, il sindaco dell’ottavo arrondissement di Parigi, aveva chiesto di chiudere gli Champs-Elysees prima della partita.
“Quando vuoi celebrare una vittoria non giri per strada con dei mortai. Ma questa gente vuole solo spaccare tutto con mazze di ferro”. D’Hauteserre aveva ragione. Gli Champs-Elysees si sono trasformati in un campo di battaglia. Le forze dell’ordine in tenuta antisommossa sono intervenute con i gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per impedire il lancio di pietre e fumogeni. La polizia ha fermato circa 40 persone.
A Montpellier un quattordicenne è stato investito da un’auto che ha fatto una pericolosa inversione di marcia. Il conducente, che poi si è dato alla fuga, aveva esposto una bandiera francese fuori dall’auto. La sua macchina è stata circondata dai tifosi avversari. Poi la manovra con l’auto, pericolosa e fuori ogni logica, la tragedia. L’uomo sarebbe ancora in fuga. A Nizza e a Lione i tifosi hanno dato fuoco ai bidoni dell’immondizia e fatto esplodere petardi.
In Francia sono state arrestate circa 170 persone, compresi quaranta militanti di estrema destra che avevano con sé armi illegali. A Bruxelles almeno un centinaio di tifosi nordafricani ha affrontato la polizia nelle strade. Una guerra civile. Per molti di questi tifosi, l’uso della violenza è una sorta di revanscismo. Colpiscono e vandalizzano perché odiano i valori della società occidentale, di cui sono parte ma dalla quale si sentono esclusi.