L’odio per gli ebrei c’è ancora: ora si chiama antisionismo

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L’odio per gli ebrei c’è ancora: ora si chiama antisionismo

28 Gennaio 2010

A leggere i tanti comunicati e prese di posizione nel Giorno della memoria si assiste a una variegata dimostrazione di buona volontà, ma molte volte, mi dispiace, gli ebrei non c’entrano niente. Spesso non è una parola sul loro sterminio, sull’antisemitismo e su come combatterlo quella che viene pronunciata, gridata, sussurrata da uomini politici e fondi di giornale, ma piuttosto una presa di posizione sulla propria personale virtù, sulle virtù della memoria in sé o su temi generici come la difesa dei gruppi che soffrono pregiudizi e persecuzioni da parte di maggioranze.

Si dicono due parole di circostanza, poi si parla di Hiroshima, dei pellerossa, delle minoranze etniche ospiti in Italia, del Darfur, della memoria della Resistenza offesa dalle scritte antisemite, dell’immigrazione sfruttata al Sud; tutte cose che denotano sentimenti elevati, e anche una decisa volontà di obliterare il fatto che l’antisemitismo attuale ha come obiettivo gli ebrei, lo Stato d’Israele. C’è chi si indigna che proprio nel Giorno della memoria i muri di Roma siano stati imbrattati con svastiche, ma chi dichiara la sua indignazione si dimentica di dire che le scritte dicono "Hamas vincerà" e "Usa e Israele boia". Quello non dà noia. Qualcuno arriva a punti comici, come il Manifesto, che denunciava Israele anche ieri sul suo sito: "Israele attacca l’Iran mentre il mondo ricorda l’Olocausto". Che maleducato. Peccato che l’Iran nel frattempo gli prometta di nuovo lo sterminio.

Di certo a lato della Shoah degli ebrei sono stati falcidiati gruppi etnici, sessuali, politici: a loro va il nostro ricordo e il nostro rispetto. Ripensare alla loro persecuzione e alle immani stragi compiute dei loro gruppi, crea evidenti, rigorosi doveri di salvaguardia e quindi di memoria. Di certo prima e dopo la Shoah altri orridi eccidi di massa hanno avuto luogo. Ma questo non può obliterare il fatto che vi sia stata una determinazione specifica portata a termine scientificamente, menzionata da Elie Wiesel ieri al Parlamento, di far sparire dalla faccia della Terra un popolo intero, anzi l’unico popolo sopravvissuto dall’antichità. E quello che rende la faccenda più imbarazzante è che la ferita è aperta, sanguina e riguarda in gran parte lo Stato d’Israele contro cui tutto l’anno, fuorché nel giorno della Shoah, si esercitano le migliori armi dell’antisemitismo contemporaneo.

La vera domanda odierna è: come combattere un antisemitismo incancrenito e che si sente invece legittimato, poiché da anni l’Onu e le sue maggioranze automatiche, le Ong in gran numero, la sinistra, la destra estrema, la stampa e la Tv, si sono inventate la risoluzione "sionismo uguale razzismo", la Conferenza di Durban, la commissione Goldstone, la continua ripetizione di accuse infamanti allo Stato ebraico quale quella di apartheid, di blood libel, di congiura per conquistare il mondo? Come si giustificano gli odiatori di Israele quando un giornale svedese accusa l’esercito israeliano di rubare gli organi dei palestinesi per commerciarne? Che la stessa accusa sia stata fatta ai soccorritori israeliani, meravigliosi salvatori, a Haiti? Come si spiega che anche l’11 settembre sia stato definito una congiura ebraica? Congiura, sete di sangue… Non sono le stesse accuse che sono state rovesciate sul popolo ebraico nei secoli? I sepolcri imbiancati che propagano una lettura antisemita del popolo ebraico non devono venire a chiedere che si promuova la memoria della Shoah. Elie Wiesel ha detto che troppo timidamente si è affrontato il grande problema dell’odierno odio antiebraico.

Ci si metta una mano sulla nostra vera coscienza, quella di italiani in gran parte giudeofobici. In Italia solo il 54 per cento dei cittadini, ha detto Frattini ieri, non ha pregiudizi sugli ebrei; il 12 per cento è apertamente antisemita. Nathan Sharansky ha riportato che nei primi tre mesi del 2009 si sono registrati nel mondo un numero di atti antisemiti pari a quelli di tutto il 2008. E che in assoluto ne contiamo oggi un numero pari a quello di prima della Shoah. Dunque il guaio è che non si tratta solo di ricordare, si tratta di combattere con sanzioni, prese di posizione, tagli dei nostri scambi economici con l’Iran; si tratta di piantarla di suggerire con tocco di ineffabile realismo di parlare con Hamas, che suggerisce nella sua carta costitutiva di uccidere tutti gli ebrei, e lo stesso con Hezbollah che ne fa il suo sport preferito, e che ora è parte del governo libanese.

Mi dispiace, il nostro appuntamento con il Giorno della memoria non è con i negozianti che non amano i cinesi, non con il museo della Liberazione di Roma, offeso da scritte antisemite, non con la nostra coscienza resistenziale… È un appuntamento con un antisemitismo vivo e scalciante, che si è vestito di nuovo in tutta Europa con i parafernalia nazisti, e che si serve di terroristi suicidi e prepara la bomba atomica. E che usa i nostri piccoli uomini che fingono che antisemitismo e antisionismo non siano la stessa cosa. Onestamente devo dire che è stato bello che alla Camera Gianfranco Fini abbia invitato Wiesel a parlare in Aula, che abbiano presenziato il presidente Napolitano e il premier Berlusconi, che la mattina il ministro Frattini abbia denunciato l’antisemitismo d’oggi e l’Iran… Tutti hanno detto che l’antisemitismo oggi si esercita soprattutto contro Israele. Che bisogna fermare l’Iran. Speriamo in una rivoluzione. Tratto da Il Giornale