Logiche Atomiche

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Logiche Atomiche

19 Dicembre 2006

Con la ratifica dell’accordo di cooperazione sull’energia atomica ad opera del Presidente Bush, avvenuta lunedi nel corso di un’apposita cerimonia tenutasi alla Casa Bianca, gli Stati Uniti innaugurano un nuovo corso diplomatico nei confronti dell’India, paese che non ha mai preso parte al Trattato di Non-Proliferazione nucleare.  Il documento è stato discusso a lungo da una commissione bypartisan tra il Congresso ed il governo indiano ed è poi finito nelle mani di George Bush che lo ha firmato non senza alcune riserve.  Affinchè il tutto diventi operativo è comunque ancora necessaria la firma del Gruppo delle Nazioni Fornitrici di energia Nucleare, dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica e di un ulteriore approvazione del Congresso Usa, gli esperti tuttavia sono concordi nel ritenere la prima ratifica -avvenuta con l’intesa della quasi totalità del corpo legislativo- come l’ostacolo più difficile da superare, la strada intrapresa, quindi, sembra ormai quella definitiva.

Lo “Henry J. Hyde US-India Peaceful Atomic Energy Cooperation Act” rappresenta secondo molti un passo in avanti decisivo nella storia delle relazioni tra Washington e New Delhi che sono state burrascose durante l’ultimo trentennio.  Basti ricordare l’appoggio indiano a Mosca nel corso della guerra fredda e le numerose sanzioni comminate dagli Usa, ultimamente a causa di un passaggio sospetto di parti di missili costruite in India e arrivate a Teheran.  Bush ha comunque minimizzato gli espisodi passati che hanno visto i due governi protagonisti di antagonismi politici, sottolineando invece le similitudini tra le due nazioni e ricordando che l’India è considerata come il più grande paese democratico del mondo.

Gli effetti a breve termine di tale accordo prevedono che le compagnie energetiche americane siano messe in grado di assistere l’India nel suo processo di espansione delle 14 centrali atomiche ad uso civile tramite la fornitura di materiali e tecnologie, oltre al monitoraggio delle stesse da parte delle autorità internazionali,  restano fuori dall’accordo le altre otto destinate ad un uso militare.  A causa di ciò il documento è stato da più parti definito controverso e destinato a dare il via ad una serie di conseguenze politiche di ampio respiro.  Alcuni critici sottolineano come in questo modo si possa porre un termine all’isolamento nucleare indiano e allo stesso tempo aiutare il mercato del petrolio e ridefinirne i prezzi verso il basso.  Altri analisti, però, fanno notare come il tutto possa compromettere le già difficili relazioni tra l’India ed il Pakistan.  Si è poi parlato anche di un possibile incoraggiamento -per gli altri paesi che volessero perseguire questo tipo di politica energetica- ad imitare la prassi prevista dal trattato e sottoporre al controllo degli organismi internazionali preposti solo le centrali ad uso civile.  In realtà l’aspetto più controverso (si fa per dire) della vicenda, potrebbe riguardare la diversità di trattamento nei confronti di due nazioni che rientrano nell’accordo internazionale sul nucleare come l’Iran di Ahmadinejad e la Corea del Nord di Kim Jong II…

Il sottosegretario di Stato Usa per gli affari politici Nicholas Burns, ha sottolineato come il trattato rappresenti “…uno sconvolgimento epocale nel modo in cui il mondo funziona…” facendo intendere che ciò che si vede in superficie non è che la punta di un iceberg.  Secondo Burns quella degli Stati Uniti è una “mossa strategica” atta a stabilire un nuovo corso diplomatico nei confronti dell’India.  Certo c’è da considerare la rapida espansione di uno dei paesi che, secondo le statistiche, potrebbe diventare il più popoloso del mondo nel giro di una decina d’anni e che quindi, per quella data, avrà bisogno di una notevole quantità di energia.  Inoltre, se la sua domanda di petrolio dovesse seguire la curva di incremento attuale, questo potrebbe portare ad un generale aumento dei prezzi del greggio al barile, cosa che negli Usa inizia a preoccupare non poco. Uno sdoganamento del governo di Nuova Delhi dalle leggi economiche dell’oro nero ed un suo rapido indirizzamento verso lo sfruttamento dell’energia atomica per scopi civili, sembra però poco probabile se deve essere eseguito nell’arco di una decade, come qualcuno ha osservato.  Riguardo a ciò, le parole che Bush ha proferito durante la ratifica dell’accordo sono state pronunciate senza veli: “Gli Stati Uniti hanno un chiaro interesse ad aiutare l’India sulla via del soddisfacimento delle sue richieste d’energia nucleare” che tradotto significa: “L’interesse degli Stati Uniti affinchè le richieste indiane vengano soddisfatte riguardano la futura disponibilità dei paesi mediorientali a fornire petrolio a prezzi ragionevoli”. Il governo Usa ha quindi agito tenendo in considerazione anche questo aspetto e pare chiaro che da quelle parti siano convinti di poter scongiurare una dipendenza da petrolio tramite il “metadone atomico” anche nell’arco di dieci anni.  In seguito Bush è stato ancora più esplicito al riguardo: “Aiutando l’India ad espandere l’uso di energia nucleare sicura, questa legge getta le fondamenta per una nuova collaborazione tra le nostre due nazioni che diminuirà la dipendenza indiana dai combustibili fossili e allenterà la pressione sul mercato globale”.  La mossa che Burns definisce strategica può in effetti trovare la sua ragion d’essere anche  nel particolare assetto diplomatico venutosi a creare da quando il Trattato di Non Proliferazione sul nucleare venne firmato nel 1970.  L’India si chiamò subito fuori e cominciò a testare le sue bombe atomiche circa quattro anni dopo (l’ultimo test avvenne nel 1998) alimentando a sua volta gli appetiti nucleari del governo di Islamabad.

Per altri versi questa sorta di Preemptive “Nucular” strategy (con pronuncia alla Bush) sembra poter contribuire al bilanciamento del potere militare tra le varie economie asiatiche in via di sviluppo e in particolare dei due paesi verso i quali l’america guarda con più interesse: l’India e la Cina.  Il presidente Usa, in effetti, sembrava proprio riferirsi alla Cina ed altre nazioni con velleità nucleari quando ha specificato che la sua firma sul trattato non equivaleva ad una totale approvazione dello stesso ed in particolare ad una sezione del documento (la 103) che “intende stabilire la politica estera Usa con rispetto delle varie questioni internazionali”.  Tale sezione tra l’altro “suggerisce che gli Stati Uniti si oppongano allo sviluppo della capacità di costruire armi nucleari da parte di un qualsiasi stato privo di testate atomiche che faccia o no parte del Nuclear Non-Proliferation Treaty”.  Il Primo Ministro indiano Manmohan Singh ha anch’esso posto dei limiti riguardo ad alcuni punti: “L’india troverà difficile accettare altre condizioni all’infuori di quelle già messe nero su bianco nel trattato”.  Singh ha poi avvertito che prevede difficili trattative prima della conclusione dell’accordo.

L’eccezione fatta nei riguardi del governo di Nuova Delhi ha diverse spiegazioni:  “L’India ha portato avanti il suo programma sull’energia nucleare ad uso civile in maniera sicura e responsabile per intere decadi…ed ora, in cambio dell’accesso alle tecnologie americane, il paese ha accondisceso all’apertura del suo programma nucleare civile alle ispezioni internazionali”, ha dichiarato Bush, che poi ha anche aggiunto: “Dopo trent’anni trascorsi fuori dal sistema, l’India porterà ora avanti il suo programma di sviluppo del nucleare civile sotto linee guida accettate internazionalmente ed il mondo diventerà un luogo più sicuro di conseguenza”.   Il governo americano considera quindi tali ispezioni un passo avanti dal punto di vista strategico, in effetti fino a ieri questi controlli non erano previsti in alcun modo e così facendo si tira fuori l’India dalla possibilità di cooperare in tal senso con paesi meno democratici degli Usa come la Russia di Putin, per esempio.

Ovviamente non sono mancate reazioni contrarie ed ostili a tale trattato, come quella del Democratico Edward Markey del Massachussets il quale crede che la nuova legge “Potrebbe diventare la condanna a morte del Trattato di Non-Proliferazione sul Nucleare”.  Sempre dul fronte dell’opposizione, il politico indiano L.K. Advani suggeriva al suo governo di rifiutare la ratifica dell’accordo in quanto in caso contrario l’India non avrebbe più potuto condurre test nucleari in futuro.  Secondo Advani l’obbiettivo degli Usa sarebbe controllare, ridurre e poi eliminare definitivamente il programma atomico indiano.  La ratifica di tale accordo ha comportato una accesa polemica tra il Primo Ministro indiano, il leader dell’opposizione ed alcuni gruppi marxisti del parlamento.

Mentre il Consiglio per gli Affari Indo-americano saluta il documento come un importante passo in avanti per le relazioni economiche tra le due nazioni, si scatena già un domino mondiale fatto di dichiarazioni sul nucleare.  Qualche ora fa l’Agenzia Stampa della Repubblica Islamica ha riportato le parole di Ahmadinejad il quale sostiene che “La Repubblica Islamica dell’Iran è ora una potenza nucleare, grazie al duro lavoro degli iraniani e delle autorità”.   Intanto il Ministro degli Esteri Russo Sergei Lavrov, ha dichiarato che si necessita di una soluzione diplomatica tempestiva al problema del nucleare iraniano, sottolineando come sia importante non ricorrere alla forza e rivelando quindi indirettamente le sue preoccupazioni in merito.  Mentre a Beijing si sta svolgendo una riunione riguardante la situazione nordcoreana tra il Giappone, gli Usa, la Corea del Nord e quella del Sud, la Cina e la Russia, il Ministro degli esteri cinese Li Zhaoxing auspica il raggiungimento dell’accordo tra le parti che preveda il disarmo dell’arsenale nucleare nordcoreano e l’assistente del Segretario di Stato americano Cristopher Hill si dichiara all’oscuro dei probabili sviluppi futuri della situazione:  “Non so proprio dove e quando andremo a finire”.  Quello che pare certo è che la reazione della stampa di Seoul nelle parole del quotidiano del partito comunista al potere “Rodong Sinmun”, non sia stata certo delle più tenere:  “Gli Stati Uniti, nascondendosi dietro  il falso dialogo, stanno tentando di giocare un brutto scherzo alla Corea del Nord”.